di Alfredo Sanasi
Perché le statue di due imperatori romani furono erette ad Otranto ? Ed in base a che cosa possiamo affermarlo se oggi non esistono più ? Ne restano testimonianze indiscusse ? Ma andiamo per gradi e per ordine, delineando il periodo storico del tempo.
I due imperatori in questione sono Marco Aurelio e Lucio Vero, ambedue adottati dall’imperatore Antonio Pio e a lui succeduti nel 161 d.C.
Quando nel 161, col titolo di Marco Aurelio Antonino, Marco successe al trono, egli chiese immediatamente al senato che Lucio Vero, suo collega nel consolato, ricevesse la potestà tribunizia e proconsolare e il titolo di AUGUSTUS con autorità pari alla sua: così per la prima volta nella storia di Roma il principato veniva diviso tra due imperatori di pari grado. Certo Lucio Vero non era per natura pari al fratello e dimostrò nella conduzione della sua carica di non essere idoneo ad un posto tanto alto. Marco Aurelio, definito “un saggio sul trono “, univa l’amore per la cultura e per la scienza alla severità dei costumi stoici e romani dei tempi più antichi. Allevato nell’amore degli studi, attratto per naturale tendenza ad una meditazione filosofica, Marco Aurelio saggio, generoso, amante della pace e dell’ordine, dovette pur tuttavia condurre lotte interne e guerre esterne, principalmente contro i barbari che, da alcuni anni e soprattutto sotto il suo principato, avevano cominciato a premere ai confini dell’impero a Nord ed a Oriente.
Quindi anche se a partire dal 161 la filosofia stoica era giunta alla direzione dell’impero, Marco Aurelio non poté che scindersi: se per un verso dovette fare il mestiere d’imperatore , con tutta la durezza che comportava l’esercizio del poter specialmente in quel terribile e critico momento storico, per l’altro verso riservò la propria meditazione filosofica ai dodici libri dei Colloqui con se stesso, sia mentre si trovava a Roma sia durante le campagne militari. Marco Aurelio domò una rivolta dei Britanni e respinse una aggressione dei Catti, ma intanto in Oriente i Parti, impadronitisi dell’Armenia, sconfissero due eserciti romani. Fu allora che nel 162 Marco inviò Vero con un forte contingente ai confini orientali. Lucio Vero si rivelò troppo temporeggiatore e quindi non arrivò a destinazione prima dell’anno successivo. Solo con l’intervento del governatore della Siria, Avidio Cassio, una volta recuperata l’ Armenia e invasa la Mesopotamia, venne ristabilito l’ordine sui confini orientali. Lucio Vero quindi con il suo procedere lento e indulgente, non fu certo all’altezza del compito, anzi per colmo di sventura le sue truppe di ritorno a Roma portarono una terribile pestilenza che si diffuse in tutto il mondo romano. Due anni dopo, intorno al 166, alcune tribù germaniche si riversarono oltre il Danubio. Reclutate due nuove legioni Marco Aurelio vinse gli invasori e trasformò la Dacia (odierna Romania) in “ provincia consolare “. Marco Aurelio e Lucio Vero di ritorno raggiunsero Aquileia nel 168, ma durante il viaggio Vero morì di apoplessia, liberando Marco da un collega incomodo e che per giunta, nel 162, come si è già detto, partendo per l’Armenia non aveva certo domato i gravi torbidi in quella terra di confine, risolti subito dopo da Stazio Prisco.
Da dove Lucio Vero allora s’imbarcò con notevoli truppe, partendo dall’Italia? Verosimilmente da Otranto e non da Ancona o da Brindisi, come era avvenuto in altre spedizioni romane. Da Otranto era assai comodo e più breve passare in Grecia, a tal punto che, come ci testimonia Plinio il Vecchio[1], in questo punto della penisola la maggiore vicinanza ai lidi della sponda opposta aveva fatto sorgere il desiderio, prima a Pirro e poi a Marco Varrone, di costruire un ponte per congiungere su quel tratto di mare l’Italia alla Grecia. Di tale passaggio da Otranto di Lucio Vero sono chiara testimonianza le due grandi basi ortogonali in marmo bianco, rinvenute all’inizio del XVII secolo all’interno della città e là ora murate, come piedritti, ai lati del portone di Palazzo Arcella, al n.41 di Corso Garibaldi.
Le due basi, costituite da uno zoccolo ed un coronamento, che inquadrano dentro una stretta cornice le epigrafi, una a Marco Aurelio e l’altra a Lucio Vero, sono appunto sormontate da grossi plinti, destinati chiaramente come piedistalli, a sostenere le statue dei due imperatori.
Quando furono erette le due statue sulle rispettive basi? Certamente, come statue onorarie, furono dedicate ed erette nell’anno 162 d.C. quando l’imperatore Lucio Vero , inviato da Marco Aurelio, s’imbarcò da Otranto per la campagna contro i Parti. Anche Marco Aurelio verosimilmente, almeno otto anni dopo, s’imbarcò da Otranto per visitare le provincie orientali Egitto, Siria, Asia Minore, ma allora Lucio Vero era già morto tra il 169 e 168. Quindi non avrebbe avuto senso che gli Idruntini innalzassero allora le statue a tutti e due gli imperatori, cioè sia a M. Aurelio che a L. Vero. Per questo motivo è evidente che ciò avvenne subito dopo il 162, dopo cioè il passaggio per Otranto di Lucio Vero.
L’omaggio ovviamente era rivolto anche al fratello Marco Aurelio che aveva voluto e disposto tale spedizione.
Il Mommsen nota che fra i titoli di Marco Aurelio è stato omesso quello di Pontefice Massimo, forse per non ledere il prestigio del collega Lucio Vero, al quale tale attributo non era dovuto. Le due epigrafi[2], dall’accurata incisione, integrate debitamente nelle parti sottolineate, sono le seguenti:
IMPERATORI CAESARI MARCO IMPERATORI CAESARI LUCIO AV
AURELIO ANTO RELIO VERO AUGUSTO
NINO AUGUSTO TRIBUNICIA TRIBUNICIA POTESTATE II CONSULI II
POTESTATE XVI CONSULI III DIVI ANTONINI FILIO
DIVI ANTONINI FILIO DIVI DIVI HADRIANI
HADRIANI NEPOTI DIVI NEPOTI DIVI TRAIANI
TRAIANI PARTHICI PRONEPOTI PARTHICI PRONEPOTI
DIVI NERVAE ABNEPOTI DIVI NERVAE AB
PUBLICE NEPOTI
DECURIONUM DECRETO PUBLICE | DECURIONUM DECRETO
All’imperatore Cesare Marco Aurelio
Antonino Augusto insignito della potestà
tribunizia sedici volte, console tre
volte, figlio del divino Antonino, nipote del
divino Adriano, pronipote del divino Traiano
Partico, discendente del divino Nerva
per decreto dei decurioni ufficialmente,
All’imperatore Cesare Lucio Aurelio Vero
Augusto, insignito della potestà tribunizia
due volte, console due volte, figlio del divino
Antonino, nipote del divino Adriano pronipote
del divino Traiano Partico, discendente
del divino Nerva, per decreto dei decurioni
ufficialmente.
Perché le statue di Otranto non furono conservate sui loro basamenti ?
Oggi delle due statue imperiali non è rimasto nulla o, comunque, non è stato rinvenuto nulla. E’ probabile che nei tempi successivi al secondo secolo, in epoca cristiana, esse furono distrutte al pari di tante altre immagini pagane. Certo Marco Aurelio , in epoca di già vincente cristianesimo, era stato eternato in effigi tra gli dei penati nelle dimore delle classi alte, oltre che in luoghi aperti e per pubblica decisione. Per una singolare ironia della storia, come afferma Luciano Canfora, la statua equestre di Marco Aurelio sul Campidoglio fu risparmiata dai Cristiani e lasciata al suo posto perché scambiata per una effigie di Costantino, l’imperatore che mostrò uno spiccato favore verso la Chiesa, la liberò da ogni intralcio e legiferò nel suo interesse. Secondo quanto scrive Eusebio di Cesarea[3] infatti Costantino, prima della sua vittoria su Massenzio al ponte Milvio, aveva visto apparire nel cielo l’immagine della croce con l’iscrizione “in hoc signo vinces”.
Costantino proclamato il Cristianesimo “religione lecita” con l’Editto di Milano nel 313, sancì il principio della tolleranza religiosa e liberò i Cristiani dalle persecuzioni.
Le sue immagini vennero considerate sacre anche dai Romani cristiani e venerate con grande devozione: la più bella statua di Marco Aurelio, eretta sul Campidoglio, dunque, scambiata per quella di Costantino fortunatamente, è giunta fino a noi, al contrario di tante altre sue effigi che vennero distrutte, perché condannate ed esecrate come pagane.
BIBLIOGRAFIA
1) Th. Mommsen, Corpus Inscriptionum Latinarum, libro IX, 15-16, Berlino 1889
2) L. Maggiulli, Otranto, Lecce 1893
3) Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino il Grande, Heikel 1902
4) C. Plinio, Naturalis Historia, ed C. Mayhoff, Lipsia 1906
5) Marco Aurelio Antonino, Colloqui con se stesso, trad. di F. Lulli, Rizzoli Editore, Milano 1953
6) H. Lamer, E. Bux, W. Schone R. Bosi, Dizionario della Civiltà classica, Milano 1959
7) Oxford Classical Dictionary, versione italiana di M. Campitella, London 1962
8) L. Canfora, Antologia della letteratura greca, III, Bari 1987
9) G. Paduano, L’ellenismo, Bologna 1996
NOTE
[1] Plinio, Naturalis Historia, III, 100-101 : Hidruntum….qua in Graeciam brevissimus transitus……hoc intervallum pedestri continuare transitu pontibus iactis primum Pyrrhus Epiri rex cogitavit ; post cum M.Varro, cum classibus Pompeii piratico bello praeesset…
[2] Th. Mommsen, Corpus Inscriptionum Latinarum, libro IX, 15-16, Berlino 1889.
[3] Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino il Grande, I, 28
Pubblicato su “Il delfino e la mezzaluna”, n°2 (2014)
Come sempre molto interessante. Una domanda: come mai e quando sono arrivate a fungere di stipiti per una casa privata?