di Armando Polito
Topi, tarme, vandali, maniaci e non, incendi, guerre: sono stati e sono ancora questi i nemici delle biblioteche tradizionali. L’avvento dell’elettronica e dell’informatica sembrava garantire con la digitalizzazione la trasmissione ai posteri della parte preponderante del patrimonio culturale dell’Umanità e, come già per il libro tradizionale il numero di copie era direttamente proporzionale alle possibilità maggiori o minori che se ne conservasse la sua fisicità, così il backup sembrò la panacea per tutte, o quasi, le possibili malattie informatiche, dal crack improvviso di una memoria di massa ad un attacco virale più o meno grave, fino allo stupro di un hacker. Finora le difese o i sistemi di ripristino messi in atto dai grandi siti hanno in qualche modo funzionato, ma ultimamente parecchi di loro sono stati letteralmente messi in ginocchio con l’espediente più banale ed apparentemente innocuo: quello del sovraccarico degli accessi, che sembra quasi una lezione a chi si vanta di avere giornalmente un numero iperbolico di contatti …
L’unico rimedio sembra essere il potenziamento del proprio sistema (che, però, dipende da altri cui è strettamente connesso) in una corsa senza fine agli armamenti in cui il nemico è favorito, credo, dalla creazione automatica degli accessi ed il suo antagonista sfavorito soprattutto dal fatto che non può attuare lo stesso sistema all’incontrario, cioè consentendo gli accessi solo fino a poco prima della soglia di saturazione, perché (penso ai siti commerciali) sarebbe come darsi con la zappa sui piedi e l’effetto sugli esclusi sarebbe devastante sul piano economico non solo nell’immediato ma anche in prospettiva, se si pensa all’importanza dell’immagine.
Qualcosa del genere dev’essere successo per il documento che fortunatamente avevo salvato qualche mese fa e che oggi propongo. L’avevo trovato al link http://www.san.beniculturali.it/web/san/dettaglio-oggetto-digitale?pid=san.dl.TERRITORI:IMG-00461223 ove compariva (e ancora compare) la sua miniatura e da dove si accedeva ad un altro link al momento in cui scrivo irraggiungibile (dopo alcuni secondi di speranzoso caricamento …). L’immagine (cliccandoci sopra col tasto sinistro si vedrà ingrandita) è una planimetria del porto di Tricase databile tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX, custodita nell’Archivio di Stato di Genova.
Trascrivo i nomi che vi si leggono nella speranza che qualche lettore tricasino ci dia ulteriori ragguagli:
bagno Verris (molto probabilmente da leggereVeris)
proprietà dell’Abate
Strada comunale per Tricase
Cisterna
proprietà Pisanolli (molto probabilmente da leggere Pisanelli)
proprietà Panese Deodato
sottopassaggio
E, per finire, l’aspetto attuale del sito in un’immagine, più o meno sovrapponibile alla vecchia planimetria, tratta, come al solito, da GoogleMaps.
Segnalo che il link è tornato ad essere attivo, come avranno constatato i lettori più interessati e … speranzosi.
Potrebbe essere la forma contratta di Ve.ris, il porto si chiamava Portus Veneris. E un Bagno Veneris, in prossimità di quel “votulo” (caletta naturale che si vede in ortoriproduzione) non sarebbe male come ipotesi.
Anche se in toponomastica s’incontrano spesso le stranezze più inaspettate, bisognerebbe ipotizzare per questa inconsueta abbreviazione (più che contrazione) la seguente trafila: Veneris>Venris (sincope)>Verris.(assimilazione)>Verri. Le mie ipotesi di emendamento “Veris” e “Pendinelli” (e con questo rispondo anche al successivo messaggio del signor Musio, che ringrazio per l’aiuto fornito per la datazione) erano basate (anche se non l’ho detto per motivi di sinteticità) sul fatto che entrambe le famiglie avevano a Tricase interessi nella manifattura dei tabacchi , quindi, non sarebbe stato strano che vi possedessero anche i luoghi interessati dai due toponimi. In particolare “Bagno Verris” potrebbe essere stato uno stabilimento balneare di proprietà di quella famiglia. Va da sé che qualsiasi ipotesi andrebbe suffragata da prove che qualche volenteroso locale non dovrebbe fare troppa fatica a cercare, trattandosi di consultare documenti d’archivio
Interessante comunque! Grazie Armando.
Nell’ufficio del sindaco di Tricase, alle spalle della sua scrivania, campeggia il progetto del porto datato 1898. Si tratta di una planimetria decisamente precedente a quella riproposta da Polito. Considerando poi che il muraglione è stato completato intorno al 1910 è facile datare la carta “da Genova” ai primi del Novecento. Riguardo al Bagno Veris non si escluda la presenza in loco della residenza estiva dei Guarini di Scorrano. A me viene subito da associare Scorrano ai Guarini e a Veris Delli Ponti (benefattore dell’ospedale scorranese).