di Armando Polito
So benissimo che la sola parola serpente oggi mi ridurrà drasticamente il non sempre esaltante numero di lettori e potrò sembrare un testardo autolesionista se insisto sull’argomento dopo averne già trattato qualche anno fa su questo stesso blog (https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/09/20/due-specie-di-serpenti-piu-diffuse-nelle-campagne-salentine/). A poco servirà per evitare il fuggi-fuggi generale far osservare che la seconda parola del titolo è l’anagramma di serpente. Insomma, oggi rischio di essere letto solo da Federico La Sala che, con la sua serie di commenti al recente post sui carmati (https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/09/13/dalla-sibilla-ai-carmati-di-san-paolo-e-allorto-dei-turat/) e in particolare con l’ultimo, mi ha obbligato dolcemente ad aggiungere un’altra tessera a questo che, come la conoscenza in genere, sembra essere un mosaico sempre in fieri. Mi preme, però, ribadire una volta per tutte (veramente è la seconda o la terza, ma prometto che non succederà più e i nuovi, eventuali, lettori pensino pure quel che credono …) che i riferimenti a contributi precedenti non sono vacua ed idiota autoreferenzialità ma un comodo espediente per sintetizzare la pappardella e per stimolare il lettore curioso.
Non ho l’autorità per formulare ipotesi o trarre conclusioni di natura antropologica, per cui mi limiterò a fornire alcuni dati in cui il drago o il serpente recitano la parte … del leone.
APOLLO è dal latino Apollo, a sua volta dal greco Ἀπόλλων che potrebbe essere connesso con il verbo ἀπόλλυμι=distruggere, per cui alla lettera significherebbe “colui che distrugge”, con riferimento all’uccisione da parte sua del drago Pitone che terrorizzava gli abitanti di Delfi, dove c’era il suo oracolo. È uno dei tanti miti basati sull’eroe o sul dio del quale viene istituito il culto per un dovere di riconoscenza. Lo stesso succederà nel mondo cristiano: basti pensare, solo per fare qualche esempio, alla leggenda di San Giorgio e il drago e, proprio in riferimento ai serpenti, a San Paolo ed ai suoi carmati col suo gemello San Domenico da Foligno ed i suoi serpari.
L’immagine che segue è un’ncisione di Virgilio Solis (1514-1562) tratta da un’edizione tedesca del 1569 delle Metamorfosi di Ovidio illustrate.
In alto due distici elegiaci: Magnus Apollo perimit Pythona sagittis/qui nova tum populis causa timoris erat,/Python ille nocens fuit exhalatio terrae,/quam radiis ardens solvit Apollo suis (Il grande Apollo uccide con le frecce Pitone che allora era per i popoli una singolare causa di paura. Pitone fu quella nociva esalazione della terra che dissolse Apollo ardente dei suoi raggi).
PITONE è dal latino Pyton, a sua volta dal greco Πύθων. Siccome πὐθων è pure il participio presente di πύϑω1=fare imputridire, alla lettera (l’essere) che fa imputridire, azzardo l’ipotesi (non mi risulta prima avanzata) che ci sia connessione tra il nome proprio del drago e il verbo. Credo, se ciò fosse vero, che, a differenza della Gorgone (che aveva serpenti, tanto per cambiare …, per capelli e il cui solo sguardo bastava per pietrificare chiunque la guardasse negli occhi, insomma, un’ipnotizzatrice ante litteram …), che la putrefazione fosse preceduta dal morso, naturalmente letale.
Segue una stampa custodita nella Pinacoteca Nazionale di Bologna. L’incisore è il cosiddetto Maestro del dado (1512-1570), nome fittizio con cui si indica quest’anonimo autore che si firmava con una B apposta sulla faccia di un dado (qui visibile in basso a destra).
Nella didascalia: Uccide Phebo il gran Phiton Serpente/Et altier di suo forza Amor disprezza/Che’ nell(‘)aria fanciul dice impotente/Quell(‘)arco non conviene a’ tua bassezza/ Ma di tanta arroganza poi si pente / Che’ con quell(‘)arco il fere el cuor gli spezza/Sendo in parnaso in tra le noVe suore/Tal che per Daphne poi si strugge e muore.
Tocca ora ad un olio su tela di Rubens del 1636-37, custodito nel Museo del Prado al quale fu donato dalla duchessa María Dionisia Vives y Zires nel 1889.
PIZIO è dal latino Pythius, a sua volta dal greco Πύθιος (dal precedente Πύθων); era uno degli appellativi di Apollo.
L’immagine è tratta da Jean Jacques Boissard (1528-1602), Tractatus posthumus de divinatione et magicis praestigiis, Theodor de Gallen, Oppenheim, 1615. Nella didascalia: Sive Clarum, aut Delphos habitem, Delumve natantem/fatidico ex adytis me iuvat ore loqui (Sia che risieda a Claro o a Delfi o nell’isola di Delo mi piace nelle parti più interne del tempio parlare con voce profetica).
PIZIA è dal latino Pythia (a sua volta dal greco Πυϑία); era l’antica sacerdotessa che a Delfi su richiesta degli interessati, entrata nel tempio e, sedutasi sull’aureo tripode, cadeva in estasi (primo trucco? …) e pronunciava parole … sibilline che il sacerdote ( o il ciarlatano? …) addetto trasformava in versi (secondo trucco? …). Tale trasformazione in versi e non in prosa non era casuale, essendo noto il potere evocativo e l’ambiguità della poesia rispetto alla prosa; per quanto riguarda la prosa, però, va detto che con il livello culturale di oggi e soprattutto nel politichese, l’ambiguità ormai supera quella della “poesia” dell’interprete di Apollo e di qualsiasi Sibilla. Ma il nostro è un paese in cui l’abuso di credulità popolare è un reato ascrivibile a tutti, meno che a maghi, a politici e, ultima genìa, agli allevatori di bufale … sulla rete.
La tavola è tratta da Anton van Dale, De Oraculis veterum ethnicorum dissertationes duae, Boom, Amsterdam, 1683.
Lasciando da parte il serpente per colpa del quale, grazie alla complicità involontaria di Eva, avremmo perso il paradiso su questa terra, e il serpente piumato Quetzalcoatl (attenzione a non sbagliare la pronuncia delle prime cinque lettere …) non guasta ricordare che esso compare come dettaglio nell’iconografia di alcune divinità pagane. Di seguito, riprodotto da Wikipedia, il caduceo [dal latino cadùceum, trascrizione deformata del greco (dorico) καρύκειον (in attico κηρύκειον) =bastone dell’araldo; aggiungo che un’iscrizione, riportata da Eduardus Schwyzer in Dialectorum Graecarum exempla epigraphica potiora, Hirzel, Lipsia, 1923, attribuisce ad Apollo l’epiteto di κηρύκειος). Inutile sottolineare il legame concettuale tra la profezia (annuncio di un evento futuro per ispirazione della divinità) e il bando (annuncio di una disposizione nata, questa volta, dal potere laico).
In Hermes, che era il messaggero degli dei, dunque mediatore della loro volontà, il caduceo era simbolo dell’equilibrio tra il bene (simboleggiato dal bastone) ed il male rappresentato,e ti pareva, … dai serpenti. Non a caso in araldica,quando compare nello scudo, il caduceo è considerato come il riferimento ad un periodo di tregua.
Nell’immagine che segue una moneta del III secolo a.C. proveniente da Eno, città della Tracia, mostra al dritto la testa di Hermes con il caratteristico cappello chiamato petaso e al rovescio il caduceo con legenda AINOS (=Eno).
Attualmente il caduceo è il simbolo della medicina e, senza scomodare l’epigrafe prima citata, occorre ricordare che Asclepio, dio della medicina, era figlio di Apollo e che aveva ereditato i suoi poteri dal padre. Forse per modestia o prudente rispetto … il suo simbolo mostrava (immagine successiva tratta sempre da Wikipedia) un solo serpente.
Seguono due tavole tratte da Vincenzo Cartari, Le imagini degli Dei degli Antichi, Tozzi, Padova, 1607.
Credo (e meno male che non dovevo avanzare ipotesi! …) che la svolta metaforica del contrasto tra la difficoltà di conoscere la verità e la sua, sempre parziale e provvisoria, acquisizione stia alla base della sua adozione come dettaglio di base in alcune marche tipografiche, naturalmente datate (oggi, tutt’al più, possiamo trovare l’icona, più o meno stilizzata di qualche granfratellista …).
Marca dell’editore Cornelio Benigno da un’edizione del 1515,
Marca dell’editore Guglielmo Roviglio in un’edizione del 1560
Marca dell’editore Furlani in un’edizione del 1571
Marca dell’editore Baldini in un’edizione del 1595.
Ora, per concludere veramente con un volo pindarico, ricordo ERMETE TRISMEGISTO (o TRIMEGISTO), figura preclassica campione di sapienza, fondatore di quella corrente filosofica che da lui prese il nome di ermetismo (a distanza di millenni lo scimmiottamento dell’omonima corrente letteraria …). Se scherzosamente ho messo in campo il concetto di modestia per le rappresentazioni di Esculapio col suo bastone dotato di un solo serpente in confronto a quelle di Hermes, lo stesso, sempre sherzosamente, non posso fare per Ermete Trimegisto che onora in pieno il detto latino nomina omina (i nomi sono presagi). Anche se al nostro sapientissimo il nome non venne appioppato alla nascita, pur sempre esso (che sempre dal greco deriva …) alla lettera significa Hermes tre volte grandissimo. Tanto grande che l’immagine che segue (tratta da Jean Jacques Boissard, De divinatione et magicis praestigiis, op. cit.) sembra il compendio di quanto fin qui detto, non escluso il mappamondo che compare nella seconda marca tipografica.
Fuori figura: Mercurius Trismegistus (Mercurius è il nome latino di Hermes)In alto a destra sul sole ΘΕΟC=Dio; la didascalia in basso è un distico elegiaco: Quod Iove sis genitus magno, vis enthea mentis/divinae, et coeli cognitio alta probat (Poiché saresti nato dal grande Giove la forza invasatrice della mente divina e la conoscenza del cielo fanno risaltare conquiste elevate).
Una sua rappresentazione forse più sobria, nonostante non sia l’unico personaggio, è in un mosaico del pavimento della cattedrale di Siena.
Mancano proprio i serpenti? Guardate le code dei due leoni. Però ora il carburante sta per finire ed io sono costretto (tra una miriade di era ora! …) ad atterrare …
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1 In latino: putère=essere putrefatto, puter (o putris) e putridus==marcio; pus=marciume, purulentus=marcio, da cui in italiano puzzare, putrido, imputridire, pus e purulento (per citare i principali e tralasciare i composti).
SERPENTE? PRESENTE! Proprio un brillantissimo excursus!!! In segno di ringraziamento, mi permetto di rendere onore a Ermete trismegisto (cfr. note al seguente art.: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/06/10/iapige-fantomatico-progenitore-salentini/) e di aggiungere – a questa del prof Polito – un’altra tessera al “mosaico sempre in fieri”.
RICORDANDO CHE “l’abitudine non può rendere insipida la varietà infinita della bellezza” – prodotta dalla LUCE – e, RENDENDO OMAGGIO alla “Analisi della Bellezza” di Hogarth, metto a disposizione della riflessione alcune note di “epistimologia geneSica” (done la “S” maiuscola, sta a dire proprio della “serpentina” (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5794) e della necessità di aprire gli occhi e saper distinguere (cfr. note all’art.: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/09/26/la-terra-dotranto-mappa-delleuropa-del-secolo-xvi/) tra la “serpentina” di Salomone” e le “serpentine” di salsicce di “Salamone”.
I MIEI PIù VIVI COMPLIMENTI ALL’AMICO SERPENTE, AL PROF. ARMANDO POLITO, E AL LAVORO DELLA FONDAZIONE!!!
Federico La Sala
Non vuole essere un commento che non saprei fare, ma solo dire al caro Armando che un lettore fedele è in quel di Torino e che non è perchè non scriva tutte le volte un commento voglia significare che non ha letto, ma solo che non aveva nulla da aggiungere o da chiedere, perchè il più delle volte, per non dire sempre (che parrebbe esagerato) è già tutto esauriente. Comunque questa disquisizione sul Serpente-Presente (già bello l’anagramma) è di una lucidità impagabile.
Caro Sergio, ti ringrazio della “fedeltà”, pur consapevole che a più di uno apparirò esaurito più che esauriente …
Circa la nota 1, la relazione tra nome e verbo è ampliamente discussa in numerosi dizionari etimologici greci.
Tra i tanti vedi:
http://www.24grammata.com/wp-content/uploads/2013/07/Vasdekis-etimologiko-24grammata.com_.pdf
a pag. 94.
Online si trova un accenno in:
http://www.etymonline.com/index.php?allowed_in_frame=0&search=python
Anche se alla fine ho scoperto l’acqua calda, ti ringrazio perché almeno ho avuto la conferma che la mia ipotesi non era campata in aria (non solo per Pitone ma anche per Apollo) e poi il link segnalatomi sul vocabolario etimologico greco (che non conoscevo e per la fretta non ho provato nemmeno a cercare in rete Πύθων) può tornare utile per il futuro.
CARO ARMANDO, NON GIOCARE AL RIBASSO: NON DISPREZZARE il tuo lavoro!!!
A MIO PARERE, a BEN connettere, le tue ipotesi su APOLLO, PITONE, PIZIA gettano ulteriore luce sul SIBILARE e sul SIBILLARE (cfr. le mie note all’art.: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/09/13/dalla-sibilla-ai-carmati-di-san-paolo-e-allorto-dei-turat/), e, contrariamente a quanto pensi, non hai “scoperto l’acqua calda”: “alla fine” hai scoperto l’ACQUA MARCIA, l’acqua “puzzolente”, e sei arrivato già non solo a ROMA, POZZUOLI (“Puteoli”) e a CUMA, ma anche a CONTURSI TERME!!!
TUTTE E TRE LE FIGURE (Apollo, Pitone, SIbilla Pizia) dicono – contrariamente a quanto pensi (“primo trucco? … secondo trucco?”) – che a Delfi , ci troviamo di fronte a un aggrovigliato “serpente” che ha il suo legame con un territorio segnato da fenomeni di vulcanesimo secondario, con esalazioni di ZOLFO (gr.: “Theion”; lat.: “Sulfur”) e acque sorgenti sulfuree!!!
COME PUOI BEN CAPIRE, di “spirito prof-etico dotato”, con l’aiuto delle acque del SELE, via Acquedotto Pugliese, come un fortissimo e agilissimo SALoMONE, sei già arrivato a CAPOSELE e, infine, a CONTURSI TERME. LE 12 SIBILLE (riunite dai Carmelitani di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, nella Chiesa della Madonna del Carmine: cfr.: http://www.comune.contursiterme.sa.it/index.php?action=index&p=976) ti aspettano!!!
I MIEI PIù VIVI COMPLIMENTI AL SULFUREO AMICO, IL PROF. ARMANDO POLITO, E AL LAVORO DELLA FONDAZIONE!!!
Federico La Sala
Caro Federico, il fatto che io abbia percorso indenne le liquide vie dell’Acquedotto pugliese senza restare incastrato nelle tante falle che caratterizzano le sue tubature, potrebbe sembrare un miracolo a chi ci crede. Dalle nostre parti circola un detto, in riferimento alle tante assunzioni elettorali lautamente retribuite (pensa che un semplice letturista ha una retribuzione di gran lunga superiore a quella che è stata la nostra, per non parlare delle liquidazioni faraoniche), per cui la struttura avrebbe dato (e continua a farlo) più da mangiare che da bere … Se anche questo può essere considerato, a suo modo, un miracolo , io, invece, credo che nella nostra avventura umana tutto sia dovuto alla natura (anche quando si vendica del nostro scarso rispetto …), non escluso ciò che cisembra avvenire per puro caso. Per tornare al nostro tema: tra santuari sorti in prossimità di fonti ritenute più o meno miracolose e lo sfruttamento nei millenni della credulità popolare, il passo è breve; solo che, pur non escludendo a priori che nei secoli passati sia avvenuto in buona fede lo sfruttamento di alcuni fenomeni naturali allora non spiegabili (piuttosto recente è l’identificazione a Hierapolis della mitica “Porta degli inferi”, con risultanze archeologiche in cui non mancano le statue di Cerbero e di un enorme serpente, in un sito in cui è stata rilevata la presenza di anidride carbonica, che ancora oggi fa strage degli uccelli che vi si avvicinano; e proprio tale dettaglio ha propiziato la stessa identificazione), quella buona fede ha ceduto il posto alla fede tout court …. Forse solo le cosiddette bestie,,alle quali nella nostra umana presunzione crediamo di essere superiori, non hanno paura della morte ed i loro comportamenti sono tutti inquadrabili nella sola esigenza di sopravvivere. Loro sì possono invocare quello stato di necessità tante volte truffaldinamente messo in campo da noi umani, grazie all’ambiguità di certe leggi e alla bravura degli avvocati, per giustificare le peggiori nefandezze. Forse per questo nessuna bestia ha mai scritto una poesia, un racconto, un saggio, anzi non ha mai sentito il bisogno di scrivere, né tanto meno di religione di sorta, di interpreti e di profeti. E, a proposito di profeti, mi viene in mente Antonio Battista, più noto con il nome di Mago di Arcella, che aveva previsto la data della propria morte, salvo poi dichiarare di aver avuto una proroga, senza quantificarla … Se avesse avuto la forza di suicidarsi alla data da lui stesso prevista, almeno avrebbe avuto la soddisfazione di passare alla storia, sconfessando quanto, per quel che vale, fin qui ho detto.
MA QUI,
CARO ARMANDO,
NON SIAMO A TEATRO,
AD ASSISTERE A UNO SPETTACOLO, ALLA RAPPRESENTAZIONE DELL’OPERA DI TERENZIO (“Il punitore di se stesso”)!!!
SIAMO DI FRONTE AL LAVORO DI UNO STUDIOSO E DI UN RICERCATORE, A CUI FACCIO I COMPLIMENTI PER IL SUO LAVORO,
PER AVER APERTO LA STRADA
A UNA CONESSIONE DAVANTI AI NOSTRI OCCHI, ma ancora non resa evidente, e
ALLA COMPRENSIONE DI UN FATTO ANTROPOLOGICO E SOCIALE COMPLESSO (quasi “totale” – alla Mauss e Levi-Strauss).
Niente di più e niente di meno!!!
E, per la terza volta, lo ripeto!!!
I MIEI PIù VIVI COMPLIMENTI ALL’AMICO RITROVATO, AL PROF. ARMANDO POLITO, E AL LAVORO DELLA FONDAZIONE!!!
Federico La Sala
******* CRUCIVERBA ed ENIGMISTICA. “Dal metodo non nasce niente”: un omaggio a Edipo, “Il mancino zoppo” (Michel Serres)*******
Pur sapendo a quali “pericoli” (“So benissimo…”) andava incontro, il prof. Polito, ha aggiunto CORAGGIOSAMENTE al “mosaico sempre in fieri” (vale a dire, in cammino!) una “tessera” e, pur sapendo di ERMETE TRISMEGISTO, ha aperto – SENZA VOLERLO – non solo (come ha fatto alla fine dell’articolo) la porta della CATTEDRALE DI SIENA, ma anche la porta della CAPPELLA SISTINA (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5195 )!!!
CON un semplice ANAGRAMMA (“Serpente? Presente!”: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/10/04/serpente-presente/) ha sollecitato a riconsiderare e a riguardare tutte le tessere del MOSAICO. A questo punto, però, non è più solo un “gioco di parole”! Ora, non si sono solo Apollo, Pitone, le Sibille, e le Muse, c’è anche MOSÈ e MICHELANGELO – e FREUD (“Mosè e la religione monoteistica”: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=4829).
C’è il richiamo a tutto l’immaginario biblico e, in particolare, alla interpretazione di Michelangelo della vicenda del SERPENTE DI BRONZO, racchiuso nel “pennacchio” della Volta della Cappella Sistina – https://it.wikipedia.org/wiki/Serpente_di_bronzo_(Michelangelo): il richiamo a un ALTRO serpente, “all’amico serpente” – “al sulfureo amico” -“all’amico ritrovato”!!!
ENIGMI: CRUCI-VERBA!!! A MEMORIA, e ad evitare EQUIVOCI, è BENE ricordare che i “verba volant”!!! Se, e solo se, le parole, i “VERBA” sono agganciati alla croce (“CRUCI”), al “palo”, al “bastone” – alla “colonna vertebrale” della propria persona, diventano “scripta”, parole scritte, parole degne di essere ricordate – scrittura, Scrittura!!! Altrimenti, sono solo parole al vento di serpenti impazziti – in un mare di sabbia!!!
Federico La Sala
NOTA:
******* COME UN VECCHIO LIBRO INSEGNA, ATENE E ORAIBI SONO PARENTI (Aby Warburg) *******
IL RITUALE DEL SERPENTE
Una relazione di viaggio *
di Aby Warburg (https://it.wikipedia.org/wiki/Aby_Warburg)
Aby Warburg è stato forse l’uomo che più ha influenzato, in questo secolo, la nostra visione della storia dell’arte. Attraverso i suoi studi egli ha indicato la via che consente di ritrovare nelle arti figurative la concrezione di una intera civiltà, con tutte le sue oscure tensioni psichiche. Ma lo stesso Warburg, mentre sviluppava la sua opera grandiosa, era periodicamente colpito da crisi nervose, che lo obbligavano a prolungati soggiorni in clinica.
Nel 1923, al termine di uno di questi soggiorni, per dimostrare la propria guarigione, egli tenne ai pazienti e ai medici della casa di cura di Kreuzlingen un «discorso d’addio» – la celebre conferenza sul Rituale del serpente, apparsa poi nel 1939 sul «Journal» del Warburg Institute con una pudibonda nota che la diceva pronunciata per la prima volta «davanti a un pubblico non specialistico». Di fatto, quel discorso era insieme una confessione e un testamento.
In poche pagine, prendendo spunto da una sua spedizione presso gli indiani Pueblo,
Warburg risale alle origini del paganesimo e della magia. E illumina il potere stesso – innanzitutto psichico – delle immagini, il loro potere di ferire e di guarire, stabilendo così un circuito fulmineo fra il serpente dell’arcaico rito dei Pueblo e quello che Mosè invitava a innalzare nel deserto.
Per comprendere un testo fondamentale come Il rituale del serpente occorre considerarne in ogni dettaglio la genesi e le allusioni: compito che qui assolve il prezioso saggio di Ulrich Raulff.
* SCHEDA EDITORIALE: ADELPHI (http://www.adelphi.it/libro/9788845913853).
Federico La Sala
NOTA:
******* SERPENTE? PRESENTE! – UN ANAGRAMMA, MICHEL-ANGELO, E LUCIFERO. *******
******* Quanto importante il lavoro del prof. Armando Polito!!! ***************************************************
[…] CON un semplice ANAGRAMMA (“Serpente? Presente!”: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/10/04/serpente-presente/) ha sollecitato a riconsiderare e a riguardare tutte le tessere del MOSAICO. A questo punto, però, non è più solo un “gioco di parole”! Ora, non si sono solo Apollo, Pitone, le Sibille, e le Muse, c’è anche MOSÈ e MICHELANGELO – e FREUD (“L’uomo Mosè e la religione monoteistica”: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=4829). […]
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Lo sdoganamento di Satana
– Dalla Polonia al Bataclan, invocare Lucifero sta diventando normale
– Gli adoratori del demonio hanno aperto un tempio a Salem dove una volta s’impiccavano le streghe
– Il loro obiettivo è essere riconosciuti e legittimati come ogni altra religione
di Marco Ventura (Corriere della Sera, La Lettura, 09.10.2016)
Una tipica casa vittoriana di Salem, nella contea di Essex, sulla baia del Massachusetts. Tetto scuro a punta, pareti d’assi orizzontali in legno bianco, portico con colonne. Sul cartello nero, la scritta «The Satanic Temple». Il Tempio di Satana. È qui il quartier generale mondiale di un’organizzazione che vanta 40 mila aderenti nei soli Stati Uniti, la maggior parte a Detroit. Appena inaugurato. Per chi subisce il fascino del diavolo, per chi è contro la religione dei più, Salem è la città giusta.
La sede del Tempio di Satana si trova a un chilometro da Gallows Hill, dove a fine Seicento morirono sul patibolo in 19, i più sfortunati tra i quasi 300 inquisiti e imprigionati per stregoneria. Nella Salem puritana della caccia alle streghe, dove apparivano ancora impensabili l’Illuminismo, le rivoluzioni francese e americana, la tolleranza e la libertà, il diavolo era il nemico della comunità e se ne sapeva riconoscere la presenza.
Ereditava un lungo passato, la gente di Salem che trascinava gli amanti del demonio sulla collina del patibolo. Per secoli di storia cristiana, gli adoratori di Satana sono stati l’antitesi del credente. Il diavolo combattuto dai cristiani riassumeva in sé tutte le divinità nemiche dell’unico vero Dio. Gli idoli dei popoli nemici di Israele, il vitello d’oro degli Ebrei fedifraghi, il culto dell’imperatore di Roma, le statuine sugli altari privati dei Romani, le divinità naturali di Britanni e Germani. Sbaragliati i quali, l’Inquisizione aveva ritrovato il nemico di sempre in eretici e streghe: diverse le forme d’espressione, identica l’impronta della Bestia.
Nel lungo percorso verso la tolleranza, la mappa era ancora cambiata. Il diavolo papista e il satana luterano erano divenuti, l’uno per l’altro, sempre meno diabolici. Poco a poco, i cristiani avevano smesso di vedere lo zampino del demonio nelle difformi dottrine di altri battezzati.
– Satana si spostava nei territori di missione, nelle colonie. Uscito dal corpo di cattolici e luterani, era entrato nelle statue dei templi taoisti e nel ghigno rosso fuoco di una delle tante facce del Buddha; nelle maschere ancestrali del Congo e nell’inferno del Punjab; nelle possessioni degli schiavi neri di Bahia. Lo riconoscevamo, sempre spaventoso, sempre temibile, in quelle nuove forme. Sono diavoli dalla pelle scura, sulla stampa britannica, gli indiani che ammazzano migliaia di inglesi nell’ammutinamento del 1857.
– Pensavamo che grazie a noi, alla nostra civilizzazione, anche i popoli del mondo potessero riconoscere la potenza diabolica, abbandonare la superstizione e abbracciare la nostra fede nell’unico Dio. Invece no. Proprio allora, quando tutto sembrava di nuovo chiaro, il diavolo si rimetteva in viaggio. Per tenere le colonie, gli occidentali imparavano ad accettare le braccia di Kali e il sorriso del Bodhisattva, a leggere i Veda e la Gita. Ne beneficiò Gandhi, che a Londra comprese la religione dell’India e incontrò il nuovo avatar di Satana: sul marciapiede di una stazione, quel giorno di gennaio del 1891, quando vide un sacerdote aggredito da militanti atei.
Dall’altra parte dell’Atlantico era appena stata costruita la casa di Salem in cui oggi ha sede il Satanic Temple; dopo due anni, a Chicago, si sarebbe riunito per la prima volta il Parlamento mondiale delle religioni. A Gandhi il diavolo era sembrato farsi ateo, ma durante la lotta moderna tra i credenti e i materialisti il principe delle tenebre parve piuttosto eclissarsi. Se era morto Dio, perché non sarebbe dovuto morire il suo Nemico? Poi vennero Khomeini e Wojtyla, i mujaheddin pagati dai protestanti americani cacciarono i sovietici. Tirammo giù il muro; e dietro le macerie c’era lui.
Fin dagli anni Sessanta il diavolo era apparso anzitutto ai cristiani che ritrovavano la fede antica e popolare, spronati dall’energia carismatica. Per tanti nuovi battezzati il demonio non apparteneva più a una religiosità negativa e isterica, da riscattare nella modernità cristiana positiva e razionale. L’inferno esisteva davvero, e non era certo vuoto. Il ritorno del diavolo divise i cristiani buoni da quelli che militavano per i diritti gay, le donne prete e il dialogo ecumenico, quelli che facevano guerra alla verità e al matrimonio, quelli, appunto, che non credevano più a Belzebù, agli inferi, all’Apocalisse.
Il ritorno del diavolo, tuttavia, fu molto più ampio. Fiorì l’interesse per il demonio di teologi e letterati. Sadik al-Azm scrisse fin da metà anni Sessanta che il rinnovamento religioso islamico dipendeva da una rilettura del rapporto tra Satana e Allah basata su fonti sufi. Salman Rushdie pubblicò i suoi dirompenti Versi satanici. Vi fu poi la protesta generazionale di chi percorreva all’inverso le scale verso il paradiso dei Led Zeppelin, ascoltava i Black Sabbath, simpatizzava con il diavolo dei Rolling Stones. Crebbe inoltre il pubblico interessato all’occultismo e alla magia. Per l’opinione pubblica tutto si esauriva nel settarismo satanista, nei suoi riti blasfemi e nei suoi atti criminali. Eppure le sette sataniche erano solo un pezzetto di un fenomeno molto più grande.
L’occasione per comprenderlo capita il 13 novembre 2007. Al club Ucho di Gdynia, a nord di Danzica, si esibiscono i Behemoth, band metal polacca affascinata dal diavolo. Il leader Adam Darski, noto come Nergal, canta il suo pezzo più celebre, Lucifero, poi straccia una Bibbia e ne getta frammenti al pubblico. È un libro di bugie, grida, è sterco, ipocrisia, la Chiesa cattolica è la religione più assassina del pianeta. Ne nasce un caso che tiene occupati i giudici polacchi fino al 2012, quando la Corte suprema risparmia la condanna a Darski per ragioni procedurali. Non è un caso eccentrico, isolato. Come tanti altri, Nergal usa il diavolo per aggredire il cattolicesimo nazionalista e conservatore. E usa la denuncia del cattolicesimo retrivo di Radio Maryja e dei fratelli Kaczynski per costruire intorno al diavolo un credo polimorfo. C’è identità, visibilità mediatica, politica, commercio. C’è il collegamento con pezzi di società. C’è la resistenza in tribunale che si tramuta in indiretto riconoscimento.
Stentiamo a crederci, ma è proprio così. Stanno diventando una religione i seguaci del demonio. Imparano da chi negli ultimi decenni ha fatto la stessa strada: da chi era un’associazione criminale, e poi non riconosciuta, e gode ora dello statuto di religione. Come i mormoni, i testimoni di Geova, i seguaci di Scientology e, quasi quasi, gli atei. Come il movimento Wicca dei neo-pagani e delle neo-streghe.
Anche il satanismo sta diventando una delle tante religioni organizzate che lottano per la propria legittimità, e persino per il proprio diritto a essere eguali alle altre. La società è propizia. I satanisti organizzati seguono il flusso della corrente che porta al mare sempre più vasto delle organizzazioni di religione o di credo. Mitigano gli eccessi, si mostrano socialmente impegnati, propugnano il dialogo, curano la comunicazione, proclamano i diritti dell’uomo, si compromettono col mercato.
Cambia di conseguenza la percezione della dimensione criminale del fenomeno satanico. Non c’è differenza, per il giudice, tra il bambino di Satana che stupra un’adolescente e un prete reo di pedofilia. Per i gruppi satanici, come per la Chiesa di Scientology e la Santa Sede, l’importante non è non delinquere, in ogni organizzazione c’è un delinquente, ma è schivare l’accusa di associazione a delinquere.
Il Tempio satanico di Salem, come gran parte del satanismo americano rifugiatosi sotto l’ombrello della libertà religiosa, è l’esempio perfetto. I cittadini di Salem non hanno niente da temere, sostengono i rappresentanti «della maggiore organizzazione satanista al mondo», hanno anzitutto da guadagnare da un’associazione di gente onesta, dedita all’interesse sociale, all’emancipazione dall’oscurantismo, alla libertà individuale, al pluralismo e al progresso. La corrente trascina i gruppi satanici verso il mare della religione.
Adorare il diavolo può catalizzare significati diversissimi, e al contempo avere senso per molti. La prova più significativa, e più drammatica, viene la notte del 13 novembre 2015. Al Bataclan di Parigi, la nostra migliore gioventù canta «bacia il diavolo» in un gesto di libertà, di evasione, di sfogo, di energia, e viene ammazzata dalla peggiore gioventù islamica, nichilista e omicida, persuasa che non meriti altro chi inneggia a Satana. Si è capovolto l’ordine di un tempo.
Il Tempio del Massachusetts non è un’americanata, Salem e Parigi sono connesse. Si è allargato il mare delle religioni e del credere: c’è spazio per tutti, e per ogni contraddizione; per far festa col diavolo, e per morirne. Parigi e Salem si chiamano. Anche in Europa, tra pochi giorni, si celebra Halloween. A Salem si preparano le zucche: in 250 mila visiteranno la città dove per il diavolo si finiva impiccati.
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Federico La Sala
Caro Federico, le tue tessere sono sempre preziose, ma questa volta sono costretto a metterle al sicuro da parte senza montarle nel nostro mosaico per poterle gustare con calma in tempi più propizi, editorialmente parlando. Le nostre “Sibille” non possono ulteriormente aspettare ed Apollo non mi perdonerebbe la minima “distrazione” …
BENE!!! BUON LAVORO!!!
Federico La Sala