di Renato Delfiol
Da Torre S. Andrea fin quasi ad Otranto la costa adriatica è coperta, come si sa, da una pineta, che ricade sotto il Comune di Otranto, correndo il confine di Melendugno poco prima del suo inizio, al margine dell’abitato di S. Andrea. La pineta non è quella originaria che probabilmente fin da tempi antichissimi ricopriva vari tratti delle coste del Salento.
E’ una pineta artificiale e questo si può osservare sia dalla disposizione regolare degli alberi, distribuiti in filari, sia dai leggeri rilievi su cui sono piantate le piante, che formano tra di loro altrettanti leggeri avvallamenti destinati allo sgrondo delle acque, indirizzati verso il ciglione sovrastante il mare. E’ probabile che molti alberi originari siano stati tagliati nel corso del tempo, forse durante la guerra, per far fronte alla penuria di combustibile, come è avvenuto in quei tempi in tante zone del nostro Paese. Le amministrazioni del dopoguerra decisero evidentemente di ripiantare la pineta e io suppongo che, per farlo, dettero vita a quei “cantieri di lavoro” che servirono ad assorbire la disoccupazione del dopoguerra e a compiere, con investimenti relativamente modesti, molte opere utili. Non lo posso dire con certezza, perché non sono salentino, anche se frequento questa zona da almeno 30 anni, ma questo è quello che successe in altre parti d’Italia. Dovette essere un compito ampio, dato il numero delle piante. Può darsi, comunque, che in alcune zone, soprattutto verso Otranto, la pineta sia autoctona, dato che le piante non vi sono disposte in modo regolare (per esempio nelle zone prospicienti le spiagge di Alimini). Io mi riferisco soprattutto alla zona che va da S. Andrea a Frassanito.
In passato le auto dei gitanti si inoltravano nella pineta e fin che erano poche nessuno se ne lamentava. Io stesso ci entravo spesso, per avere l’auto vicina quando andavo al mare scendendo ai “salottini”. Col passare degli anni, naturalmente, aumentarono e cominciò una certa opera di dissuasione. Ricordo di aver visto vigili a cavallo del Comune di Otranto che invitavano a portar fuori le auto, pena contravvenzione. I risultati furono per molto tempo modesti. Anzi qualcuno andava a campeggiare nella pineta, spesso indisturbato. Diversi anni fa ci fu anche un raduno di giovani (venivano identificati come “punkabbestia”) i quali lasciarono la pineta in uno stato miserevole di sudiciume e di escrementi, che si aggiungevano ai rifiuti che gli altri frequentatori spesso lasciavano. Questa dei rifiuti è, purtroppo, una costante delle zone costiere salentine.
Dove le pinete non sono ripulite dai gestori dei bagni, dei campeggi, delle aree di sosta, è tutto un accumulo di cartacce, bottiglie, sudiciume vario che tutti producono e che nessuno pensa di conferire nei contenitori appositi o di riportarsi a casa. La gente comune pensa che le zone pubbliche non siano di nessuno e che quindi possano essere rovinate, mentre si dovrebbe pensare che sono di tutti e di ciascuno e che quindi vanno preservate come cosa propria.
Negli ultimi anni ho comunque constatato che anche il problema della sporcizia è stato parzialmente superato, cioè occultato, dal fatto che, anche in connessione col mutamento del clima, aumento del vento e delle piogge, grosse quantità di aghi hanno formato un consistente tappeto che ha coperto tutto. La ormai scarsa frequentazione della pineta, salvo la zona prospiciente la strada a fianco dell’abitato di S. Andrea, dovuto all’aumento delle piogge e alla mancata manutenzione, ha permesso la crescita di un folto sottobosco.
Ma il motivo per il quale occorre richiamare l’attenzione sullo stato della pineta è il fatto che moltissimi alberi secchi in tutto o in parte sono caduti gli uni sugli altri creando anche un potenziale pericolo per i frequentatori e certamente uno spettacolo di degrado e di incuria. Come si vede dalle foto parecchi alberi si sono molto inclinati probabilmente per la spinta del vento e forse anche per mancanza di spazio per le radici e le chiome, perché si presentano sicuramente troppo fitti. Oltre un certo angolo di inclinazione le radici (che nel pino sono scarse e superficiali) non ce la fanno più a sostenere il peso della pianta e questa viene sradicata. In qualche caso si è provveduto a tagliare degli alberi, ma sono stati lasciati sul posto.
L’idea che mi è venuta osservando la situazione è che una migliore manutenzione, col taglio degli alberi e dei rami pericolanti e il loro allontanamento dalla pineta, potrebbe avere una ricaduta economica. Il legno di pino non è buono per bruciare allo stato naturale, ma può essere vantaggiosamente trasformato in pellet, di cui non so in Salento, ma altrove c’è grande richiesta, dato che l’uso del pellet è uno dei sistemi più vantaggiosi di riscaldamento. Il pellet è ecologico, fa pochissima cenere e scalda il doppio del legno. Le macchine per la trasformazione del legno in pellet non sono particolarmente costose. Ho fatto una ricerca sul web e ho visto macchine per piccole produzioni a prezzi davvero contenuti. Ci vorrebbe un imprenditore interessato, ma il un Comune non potrebbe farsi imprenditore?