di Daniela Liviello
Puoi ascoltare infinite narrazioni, danzare con le Muse tutte quante se provi a fermare l’affanno, interrompere la corsa, rallentare il passo.
Puoi udire il passo lento del tempo che piano accarezza le piante e le pietre nel giardino delle mezze lune, nell’Orto dei Tu’rat, dove il vento si adagia, s’incanta, s’inventa occhi per qualche lacrima da donare alla terra; questa terra, la nostra, che conosce la sete, le lunghe attese e il silenzio della solitudine.
Appena oltre l’ampio, agevole ingresso, il visitatore sente l’abbraccio, il dono di un largo sorriso, quello delle pietre disposte a ventaglio.
Qui è di casa la poesia.
Qui la poesia ha i piedi per terra e cerca l’orizzonte, annusa l’aria, si abbevera di luce, respira col geco e la farfalla, cresce col filo d’erba tra le pietre.
Qui già progettare nuovi, antichi metodi di coltura e rispetto della terra e dell’uomo, già il progetto è alta poesia. Non poteva essere diversamente tra gli ulivi e le gazze, il falco che si alza sui rovi e gli sterpi per fissare meglio la preda, il fiato delle lucertole che, attente, sbirciano tra le pietre prima di guizzare tra le fessure.
Qui la poesia ha i piedi per terra.
Le voci dei poeti ai Tu’rat sono vibrazioni del vento, onde di luce tra le pietre, spolverio della terra che si alza quando il vento gioca a inventarsi parole.
Le pietre ai Tu’rat dialogano con la luna, ti dicono che è giusto tornare perché qui abitano le Muse e le Muse amano i giardini, i campi aperti e la terra sincera. Qui si danno convegno e progettano canti, versi, danze.
Chi non ama l’ordine antico delle arti, l’ascolto attento delle voci armoniose della natura, la vibrazione della terra quando nasce la luna o quando il sole sorge impetuoso e si fa giorno, chi non ama se stesso e l’umano scorrere della vita intera, ha provato a mandar via le Muse, farle scappare, atterrirle con molteplici, furiosi, dannosi incendi. Più volte l’orto ha dovuto rinascere a nuova vita, più volte abbiamo sentito il grido delle Muse nostre madri, l’urlo disperato degli ulivi e delle piante, fiumi di fuoco hanno lacerato l’armonia.
Per poco. Poi le Muse hanno ripreso il loro canto e l’incanto, faticosamente, si, faticosamente, è tornato.
I poeti si ritrovano ancora nell’orto, ogni anno d’estate; distillano versi mentre i Tu’rat, sipari fantastici, si dispongono a ventaglio. E sono poeti che coprono l’intero stivale, arrivano nell’orto dal Friuli al profondo Salento, insieme a dare voce, canto, forza e sostegno al progetto e al sogno di un’umanità più solidale con se stessa e con la terra.
Anche quest’anno 2016, i versi dei poeti sono raccolti in antologia: PAROLE SANTE (versi per una metamorfosi) Kurumuni edizioni, perché ogni verso sia stilla d’acqua tra le pietre. Perché la poesia divenga respiro, sostanza, materia, nutrimento e pianta. Con tutte le sue spine.
DALLA TERRA DI OTRANTO, “PAROLE SANTE”!!! TUTTAVIA è DA DIRE, NON SOLO LE Muse MA ANCHE (non dimentichiamolo, ovviamente) LE Sibille FANNO SENTIRE I LORO CANTI E LE LORO VOCI….. COMPLIMENTI E BUON LAVORO.
Federico La Sala