di Armando Polito
Sul fenomeno antico della damnatio memoriae chi vuol conoscere in modo più articolato il mio parere, già condensato nell’idiota del titolo, può soddisfare la sua curiosità al link https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/08/19/taranto-facciamo-rimuoviamo-quella-ringhiera/. Non è la prima volta che rinvio ad uno o all’altro mio post precedente, ma odio ripetere, tal quale, lo stesso concetto. Non guasta, invece, aggiungere nuove prove ai propri assunti, soprattutto quando esse, quando non siano documenti ritoccati o, peggio, fotomontaggi, si riferiscono a qualcosa di concreto, come, nel nostro caso, ad un edificio, anzi ad un’intera piazza, per la precisione piazza Umberto I.
Così si presentava la piazza verso la metà del secolo scorso (la fiat 600 fu costruita a partire dal 1955) e quello che segue è il suo aspetto attuale (immagine tratta ed adattata da Google Maps).
A questo punto chiedo l’aiuto di qualche lettore vegliese perché ci dia notizie non solo cronologiche ma che, soprattutto, chiariscano le motivazioni della trasformazione di un gioiello in un cesso, in cui spicca al posto del palazzo comunale originario un immondo caseggiato a due piani terminante con un parallelepipedo evocante elementi della vecchia costruzione; ho detto evocante e non contenente perché l’orologio originario è stato sostituito con uno moderno su due delle quattro facce (se si è approfittato di un’offerta prendi due e paghi uno, bisogna dare atto che all’epoca si pensò veramente all’interesse della collettività …) e solo le due campane in cima sembrerebbero essere quelle originali.
In attesa di avere notizie più dettagliate, onoro fino in fondo il titolo con l’immagine che segue.
La domanda, direbbe il buon Lubrano, sorge spontanea: che bisogno c’era di demolire il vecchio, armonioso (rispetto al contesto) palazzo con una damnatio memoriae definitiva, cioé con la distruzione (demolizione è un concetto troppo leggero per l’occasione), dopo che ne era stata attuata, come mostra la prima foto, una più leggera (eliminazione di DUCE reiterato fino al ridicolo) e pienamente legittima sul piano estetico? E un’altra a cascata: se dovessimo applicare la stessa logica ai tanti edifici scolastici risalenti all’epoca fascista o, preesistenti, ma dal fascismo utilizzati, quanti ne rimarrebbero in piedi aventi un senso dal punto di vista estetico e impeccabili sotto quello della solidità strutturale?
Qualche nostalgico a questo punto coglierà la palla al balzo per esaltare tragiche (per me) glorie (per lui) passate ed io a quel punto sarò costretto a ricordare la scuola di regime di allora, ma in coscienza non potrò tacere della buona scuola di oggi …
* Per onestà intellettuale debbo dire che il punto interrogativo finale e proximae sono stati aggiunti dopo le notizie date dal sig. Antonio De Benedittis e riportate nel secondo commento. Anche così il post può apparire a qualcuno come un processo alle intenzioni; ma, allora, il punto interrogativo quale funzione ha se non quella di non escludere a priori un'”epurazione” indotta non dal palazzo in sé, non realizzato dal fascismo, ma da esso usato per funzioni pubbliche (sede del podestà)? Forse, per non perdere il senso della realtà, non sembra che anche oggi ogni amministrazione subentrante, si direbbe per puro dispetto e non per mantenere le promesse fatte, si dia da fare per riformare anche e soprattutto quel poco di buono che la precedente ha realizzato?
Sul vecchio palazzo comunale purtroppo non si trova niente. Nessuno sa niente e chi sa non parla.
Si conosce solo l arrivo e la datazione delle 2 campane.
La piazza è stata stravolta e distrutta nel 2004. Amministrazione Carlà.
Riproduco dal profilo Facebook di Marcello Gaballo quanto scrive il sig. Antonio De Benedittis, che ringrazio anche qui:
“Non risponde al vero che non ci sono notizie sul vecchio municipio di Veglie. Per quanto a mia conoscenza (gli atti sono negli archivi del Comune) il municipio di Piazza Umberto I è stato costruito nel 1885 dall’impresa Perrone Emidio di Trepuzzi su progetto dell’architetto Nicola Perrone di Leverano. Costo dell’opera circa 12000 lire. Due anni dopo, nel 1887, la ditta Erminio Caccialupi di Napoli fornisce l’orologio con due campane.
Nel 1959 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco social comunista Giovanni Giannoccolo, per problemi di staticità certificati dall’Ufficio del genio civile (ma non rispondenti al vero), decide di demolirlo. Nel novembre del 1959 l’impresa Ria di Lecce si aggiudica i lavori di abbattimento sub-appaltati all’impresa locale Aprile Alessandro.
Nel 1963 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Emanuele Cacciatore, succeduto al dimissionario Giannoccolo, cede l’area dove sorgeva il municipio alla signora Frassanito Bianca e con la stessa Frassanito contrae un mutuo di lire 2.500.000 il tutto per erigervi l’ufficio di Polizia urbana e la Torre dell’orologio. I lavori vengono appaltati all’impresa locale Morleo Mario con contratto in data 10 settembre 1963.
A seguito della demolizione gli uffici comunali vengono sistemati in locali presi in affitto siti in via Maddalena (proprietà Guagnano Vito) e poi nelle case popolari di via IV Novembre fino a quando il Comune non si dota di propri locali idonei (Parco Rimembranza prima s struttura fieristica poi)”.