di Armando Polito
Probabilmente, se invece di campione di vendite avessi scritto best-seller, mi sarei assicurato maggiore interesse da parte del lettore medio felicemente ingolfato nel mare magnum degli anglicismi ma nello stesso tempo qualche rimprovero da chi, medio o no, è costretto da quando ha cominciato a leggere i miei contributi, a sorbirsi prediche contro l’asservimento linguistico (il guaio, poi, è che subentrano asservimenti di altro tipo, in primis quello economico …) alla perfida Albione.
Se il successo di un autore si misura dal numero di copie vendute, credo che l’autore salentino nominato nel titolo detenga un record difficilmente superabile, di fronte al quale impallidiscono i milioni di copie vendute nei nostri tempi, a mio parere millantati (tant’è che nemmeno la Guardia di finanza ci casca operando qualche controllo …).
Oltretutto è da tener presente che nel periodo in cui si svolse la vita, piuttosto breve, del nostro, il libro non godeva certo degli innumerevoli canali di lancio di cui gode oggi e restava, tutto sommato, un prodotto di nicchia destinato a pochi eletti, anche dal punto di vista economico.
Il taglio particolare di questo post, che privilegia l’aspetto editoriale, non mi esime dal ricordare in linea generale che quelli considerati ed etichettati come minori spesso superano il loro maestro in un particolare settore produttivo (il nesso è brutto, ma è così consono ai nostri tempi …). Ciò vale anche per il nostro in rapporto al genere letterario dell’epistola eroica che nel periodo barocco tirò (anche nel senso che la tiratura fu notevole …) alla grande. Nulla di nuovo , perché molti secoli prima già Ovidio aveva scritto le sue Heroides (alla lettera Eroine), cioè ventuno lettere immaginarie, sedici delle quali scritte da eroine ai loro uomini e sei articolate nella lettera dell’eroine e nella relativa risposta dell’innamorato). Mi piace ricordare che, prima dell’avvento dei moderni strumenti di comunicazione anche scritta, fino alla metà del secolo scorso ebbero grande successo le varie edizioni di lettere d’amore preconfezionate note sotto il nome di Segretario galante. Tra i tanti vantaggi dell’informatica non è da sottacere il fatto che per chi è alfabetizzato in tal senso non è difficile, grazie ai motori di ricerca, controllare l’originalità o meno di certe espressioni (e non mi riferisco solo alle frasi d’amore … visto che qualcuno per un copia-incolla non dichiarato ha dovuto rinunciare alla carica di ministro; naturalmente non in Italia dove per un ruba e intesta a un prestanome o trasferisci in un paradiso fiscale tutt’al più, male che ti vada, vieni trasferito ad altro incarico con retribuzione maggiore.
Tornando al Bruni, va detto che non è casuale e da sottovalutare il giudizio lusinghiero del maestro della letteratura barocca, Giovan Battista Marino. Allora il merito era riconosciuto senza difficoltà anche dalla concorrenza, anche da un “barone”, anche quando si trattava di appoggiare la raccomandazione non diretta, ma di suo fratello. In una lettera indirizzata dal Marino al cardinale D’Este, cui Antonio aveva chiesto un incarico per il fratello Francesco così si legge: … Il Sig. Antonio Bruni tratta in Napoli d’impetrar dall’Eccellentissimo Sig. Duca d’Alba un governo per il Sig. Francesco suo fratello; e perché sa quanto vagliano appresso Sua Eccellenza l’intercessioni di V. S. Illustr. perciò non potendo egli stesso venir da lei, per trovarsi gravemente ammalato, m’ha fatto richiedere, ch’io le porga le mie più affettuose suppliche, accioche si degni scrivere à quel Vice Rè una lettera altrettanto calda, per il suddetto interesse, quanta è viva la fede che s’ha nell’ufficio di V. S, Illustriss. Ella sa i meriti del sig. Bruni, quando non meritasse per altro il patrocinio d’un Principe suo pari, nel renderebbe meritevolissimo l’esser un de’ primi ingegni, che oggi compongano, e riverente con singolar ossequio della sua Serenissima Casa in ogni età protettrice degli spiriti elevati … 1
Il riconoscimento del merito letterario del Bruni appare evidente in un’altra lettera: … Io sempre dissi dopo il mio ritorno da Parigi a Roma, che le Poesie di Vostra Signoria erano tutte spirito, e che quanto ella s’allontanava dalla strada battuta de’ Poeti non meno critici, che stitici, tanto più rendeva glorioso il suo nome. Mi stimola a farne questa nuova testimonianza per lettera, l’occasione, che me n’ha presentata Vostra Signoria con l’inviarmi la Canzone in morte del Serenissimo Principe Filiberto, il quale viverà vita immortale nella fama delle sue opere magnanime, e nella eternità delle rime Heroiche di Vostra Signoria …2
Eppure in una lettera precedente il Marino non era riuscito a nascondere il suo disappunto per essere stato bruciato sul tempo. Anche lui, infatti, aveva in progetto la pubblicazione di epistole eroiche e tuttavia non stronca, come pure avrebbe potuto fare, l’epistola di Venere ad Adone che il Bruni gli aveva inviato in visione: Honora troppo Vostra Signoria il mio Adone3, mentre ne cava argomento per una delle sue lettere Heroiche, et io pago poco il mio debito, mentre ne la ringratio con due belle parole. Ma s’io per la stima singolare, che fò de’ parti nobilissii del suo ingegno, e per l’obbligo, che professo all’amor, ch’ella mi porta son già divenuto tutto suo, non sò che possa di me prometterle altro. Lodo il capriccio, e la sua rissolutione d’introdur Venere, che scriva ad Adone, dopo che questi si trova in poter di Falsirena. E certo, che la lettera hà più concetti, che caratteri, et è così in ogni sua parte vezzosa, e leggiadra, come tutto vezzo, e leggiadria è l’istessa Venere. Veggo i luoghi imitati da’ Greci, e da latini, in particolare da Claudiano, ch’è il favorito di Vostra Signoria; e mi piacciono oltre modo quei brilli di poesia viva. I Poeti, che dettano rime senza vivezze fabricano cadaveri non poesie, e sono degni più tosto del titolo di Beccamorti di Parnaso, che di Cigni d’Ippocrene. Ma passiamo ad altro … 4
E, a proposito di concorrenti leali, riporto tre sonetti ed un madrigale che al Bruni dedicò Alfonso Confidati di Assisi, membro dell’Accademia degli Umoristi e dei Fantastici di Roma (di quest’ultima faceva parte pure il nostro manduriano) nelle sue Poesie, Tinassi, Roma, 1681, s. p.
Torno ora alle Epistole Heroiche come fenomeno editoriale. Per lo più i moderni campioni d’incasso sono anche loro vittime della voracità con cui il pubblico accoglie certe novità e per imporsi sulla concorrenza anche i colpi bassi sono leciti. Non così per l’opera del Bruni che conobbe un’invidiabile longevità di mercato e sbaragliò la concorrenza, e non solo quella italiana, perché la moda delle epistole eroiche durò per lungo tempo in tutta Europa5, ma nessuno può vantare i suoi numeri.
Prima di addentrarmi in questo specifico mi soffermo brevemente sui suoi due teorici antagonisti italiani più rappresentativi. Il primo è il veneziano Pietro Michiele (1603-1651) autore di Il dispaccio di Venere. Epistole heroiche, & amorose, Appresso li Gueriglii, Venezia, 1640, con venti incisioni, alcune firmate Io. Georgi (di seguito il frontespizio e l’antiporta). L’opera ebbe una ristampa presso lo stesso editore nel 1655.
Il secondo è il napoletano Lorenzo Crasso (1623-?), autore di Epistole eroiche, Baba, Venezia, 1655, ristampato nel 1665. Edizioni successive uscirono per i tipi di Combi, & La Noù a Venezia nel 1667 e nel 1678 e per i tipi di Lovisa, sempre a Venezia, nel 1720. La prima edizione (di seguito l’antiporta) e solo alcune delle successive sono corredata di 15 tavole.
Prima s’è detto del giudizio lusinghiero del Marino nei confronti del Bruni. Com’è noto, il Marino morì nel 1625, quindi non ebbe il tempo di leggere le opere del Michiele e del Crasso e nemmeno le epistole del Bruni stampate , ma, se il destino glielo avesse concesso, molto probabilmente avrebbe esteso alle altre il giudizio positivo espresso, come abbiamo visto, per quella di Venere ad Adone e, quindi, tributato al Bruni quella palma che unanimemente, rispetto a questo genere letterario, la critica ha continuato ad attribuirgli.
Non sempre il successo di un’opera coincide col giudizio positivo della critica. Questo non vale per il poeta di Manduria . A testimoniarlo basta e avanza l’elenco delle edizioni.
Facciotti, Roma, 1627
Malatesta, Milano, 1627 (ad istanza di Donato Fontana)(incisioni di Giovanni Paolo Bianchi)
Baba, Venezia, 1628 (le calcografie sono di Paolo Guidotti detto il Cavalier Borghese, Giuseppe Cesari d’Arpino, Cesare Baglioni, Giovanni Valesio, Domenichino, Guido Reni) (1 esemplare a Manduria nella Biblioteca comunale Marco Gatti)
Oddoni, Venezia, 1634
Mascardi, Roma, 1634 (ad istanza di Alessandro Lancia) (1 esemplare a Manduria nella Biblioteca comunale Marco Gatti)
Scaglia, Venezia, 1636
Turrini, Venezia, 1644
Turrini, Venezia, 1647 (ad istanza di Honofrio Rispoli libraro)
Mascardi, Roma, 1647 (a spese di Alessandro Lancia) (1 esemplare a Manduria nella Biblioteca comunale Marco Gatti)
Turrini, Venezia, 1663
Zenero, Bologna, 1663
Curti, Venezia, 1678
Milocho, Venezia, 1697 (1 esemplare a Manduria nella Biblioteca comunale Marco Gatti) (a Taranto una copia digitalizzata presso la Biblioteca civica Pietro Acclavio)
Palmiero, Venezia, 1720
Milocho, Venezia, 1720
Sarebbe troppo lungo riprodurre le tavole che corredano la maggior parte delle edizioni ma al lettore attento non saranno sfuggiti, credo, tra gli altri, i nomi di Domenichino (Domenico Zampieri) e di Guido Reni. Chi volesse prenderne visione può farlo sfruttando la rete, in cui sono digitalizzate integralmente quasi tutte le edizioni citate. Per dare un’idea, comunque, riporto il frontespizio, l’antiporta e la tavola a corredo dell’epistola di Amore a Psiche della prima edizione.
La tavola è firmata da Il Coriolano F. (F. sta per Figlio). Si tratta di Bartolomeo Coriolano (1590 o 1599-1676), figlio di Cristoforo. Bartolomeo fu allievo di Guido Reni.
Chiudo con le uniche due immagini del Bruni a me note. La prima è tratta da Le glorie degli incogniti o vero gli huomini illustri dell’Accademia de’ Signori Incogniti di Venetia, Valvasense, Venezia, 1647.
La didascalia è costituita da un distico elegiaco, che sfrutta un espediente caro al barocco: il gioco di parola, qui, per fortuna conservabile nella traduzione, che è: Non è giudicato abbastanza BRUNO per il nome che ha; infatti nessun altro risplende per un verso più luminoso. La maggior parte delle tavole a corredo del testo reca il nome dell’incisore e qualcuna perfino l’anno di esecuzione; purtroppo, nella nostra non vale tutto ciò.
La seconda immagine è un’incisione a corredo della biografia del nostro scritta da A. Mazzarella da Cerreto ed inserita nel tomo III di Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, 1816.6
Vi si legge G. Morghen inc(idit). La famiglia Morghen annovera un numero incredibile di incisori, il più famoso dei quali è Raffaello (1758-1833). Credo che l’autore dell’incisione sia suo fratello Guglielmo. Non è dato sapere a quale modello si ispirò il Morghen; posso solo notare che rispetto al precedente ritratto, cronologicamente più vicino al Bruni e, quindi, presumibilmente più fedele, il volto appare più sfilato.7
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1 Lettere del Cavalier Giovan Battista Marino gravi, argute, e familiari, facete, e piacevoli, dedicatorie, Eredi di Francesco Baba, Venezia, 1627, p. 99.
2 Lettere del Cavalier Marino …, op. cit., pp. 140-141.
3 Poema che, com’è noto, è l’opera più famosa del Marino. Era uscito per i tipi di Oliviero di Varano a Parigi nel 1623.
4 Lettere del Cavalier Marino …, op. cit., pp. 142-143.
5 Qualche dato fondamentale per la produzione non italiana: Mark Alexander Boyd, Epistulae et hymni, s.n., Londra, 1592; Michael Drayton, England’s Heroical Epistle, Smethwick, Londra, 1596; Jakob Balde, Urania victrix, Scel, Monaco1663; François Tristan l’Hermite, Lettres éroiques in Lettres mêslées, Courbé, Parigi, 1642, pp. 308-359.
6 Biografie precedenti sono quella inserita in Le glorie degli incogniti …, opera che citerò nel finale, uscita nel 1647 e quella di Francesco Maria dell’Antoglietta pubblicata per i tipi di Abri a Napoli nel 1711 col titolo di Vita d’Antonio Bruni da Manduria, indirizzata all’Accademia della Crusca.
7 Può darsi che proprio al primo ritratto (al secondo è impossibile per motivi cronologici) alluda Francesco Maria dell’Antoglietta nell’opera citata nella nota precedente: Era di costumi integri, franco, liberal, e magnanimo, fedele e rispettoso co’ Principi, sincero con gli Amici. Fu di mediocre statura, anzi alta, che no, di corporatura pieno, di carnaggione bianca, di capigliaia bionda, d’occhi vivaci, alquanto pregni, di complessione robusta, e di fronte alta, e spaziosa, sì come si scorge nel suo ritratto.
Articolo molto interessante. Ho due libri del Bruni, recuperati, per pochi euri ad un mercatino. L’Amor di Patria…
A parte le pur meritorie motivazioni di ordine affettivo, il suo può essere stato un ottimo investimento, perché esemplari del Bruni sono piuttosto rari. Quello, poi, di un’opera in particolare (che non è quella del post) è rarissimo, tant’è che non compare neppure nel catalogo dell’OPAC. Non è da escludersi che uno dei suoi sia proprio quello. Se le interessa saperlo, basta che fornisca il titolo, editore e data d’edizione di quelli in suo possesso..