di Armando Polito
Forse qualche lettrice avrebbe gradito che il titolo del oost fosse quello di un inno alla femminilità, anziché l’evocazione, a modo mio, di una antica e stupida contrapposizione. Forse ho esagerato pure adesso con quell’inno e parecchie lettrici resteranno deluse quando i loro leggiadri occhi arriveranno alla fine del post senza essersi imbattuti in uno straccio non dico di inno, ma di una qualsiasi poesia , magari di tono molto dimesso.
Tuttavia spero che la loro delusione, quando avranno terminato la lettura, sia compensata da un momento di riflessione che tenga in adeguato conto che, laddove è mancata la poesia, è venuta in soccorso la filologia.
Sulla superiorità fisica e psichica dell’uomo rispetto alla donna, e viceversa, sono stati consumati oceani d’inchiostro. io so che solo questo è indiscutibile: chi detiene il potere di consentire alla vita di svilupparsi è certamente più forte di chi questo potere non ha. E lo stesso utero in affitto, anche se può essere considerato come un capannino industriale locato per un tempo determinato, lo dimostra.
Anche sul piano filologico donna si mostra più forte di uomo, nonostante l’imperante maschilismo abbia elevato quest’ultimo a sinonimo di umanità (inteso, naturalmente, come complesso di esseri viventi di qualsiasi sesso, non come manifestazione sentimentale). Uomo, però, è solo uomo, nel senso che non esiste uoma e questo per una sorta di limitatezza congenita. Uomo, infatti, è dal latino homine(m), sostantivo di genere maschile. E qui donna si riprende la sua rivincita perché accanto a donna esisteva e in in certo senso, come vedremo, esiste ancora donno.
Pensiamo prima al passato:
Questi pareva a me maestro e donno (Dante, Inferno, XXXIII, 28)
L’altr’anno fu a Barletta un prete, chiamato donno Gianni di Barolo (Boccaccio, Decameron, novella decima della nona giornata)
Però vorrei saper, maestro e donno (Feo Belcari, Sonetto XXXIII, 9)
… poi che donno è fatto de’ suoi sensi, e che non dorme (Ludovico Ariosto, Orlando Furioso,XXXV, 69, 5-6)
Poiché ‘l dolor, che de’ suoi sensi è donno (Giovan Battista Marino, Adone, IV, 83, 1)
No: di pochi campi ei donno ,/cui per diletto coltivar godea/colle robuste libere sue mani,/vivea felice, del suo aver contento,/colla consorte e i figli. (Vittorio Alfieri, Merope, atto II, scena III)
… Giudice e donno/In lor suo sguardo mise (Giosuè Carducci, Juvenilia, IV, 60, 89-90)
Li può bollare nella faccia il donno ,/legar li può sul cavalletto al sole (Giovanni Pascoli, Le canzoni di re Enzio, V, 61-62)
Da Dante a Pascoli (almeno fino ad ora) donno è voce letteraria, sinonimo di signore, padrone. Infatti è figlia della trafila dominu(m), voce del latino classico>domnum (per sincope di -i- nella precedente; ritornerò a breve su questa forma del latino medioevale)>donno (assimilazione –mn->-nn-). Stessa trafila per donna: domina(m)>domna(m)>donna. Solo che la forma femminile dal significato originario di signora, padrona è passato a significante del sesso. Il maschile donno, come si vede,è rimasto al palo, anche se in alcuni settori il maschilismo è tornato a farsi sentire per motivi,per così dire, tecnici: mi riferisco al don che accompagna il nome dei sacerdoti. Voglio proprio vedere se le femministe, quando il sacerdozio sarà esteso anche alle donne, accetteranno di assumere questo titolo oppure proporranno donna …
Ora comincia per me la parte più difficile, perché debbo inventarmi qualcosa che riporti quanto fin qui detto nell’alveo territoriale di riferimento di questo blog. Sarei un ipocrita (altro che invenzione estemporanea …) se non confessassi che tutta la pappardella fin qui servita mi è stata ispirata da tre ritratti di un letterato di Manduria (ecco, siamo in Salento e in tema), Ferdinando Donno ((1591-1649).
Quella che segue è una tavola a corredo di una delle opere di Ferdinando, cioè L’allegro giorno veneto, overo lo sponsalitio del mare, Sarzina, Venezia, s. d, (ma probabilmente intorno al 1627).
Nella cornice MANDURINI EFFIGIES FERDINANDI DOMNI (Ritratto di Ferdinando Donno di Manduria). In basso il distico elegiaco Corporis hic Domni strictè consistit imago/at decus alti animi Pindus Amicus habet (Qui rigorosamente si presenta l’immagine del corpo di Donno, ma il Pindo1 amico ha il decoro dell’alto animo). In basso a destra Henrici Clerici (di Enrico Clerico) indica La paternità del diistico2.
In basso al centro lo stemma di famiglia e a sinistra il monogramma DF dell’incisore senese Domenico Falcini (1570-dopo il 1628).
Da notare come nei due Domni (genitivo di Domnus) è stata recuperata la forma del latino medioevale prima ricordata, cioè, in parole povere è stato tradotto il cognome Donno ipotizzando una sua derivazione da questa forma latina.
Domnus si legge ancora nel ritratto che segue custodito a Münster nel Museum für Kunst und Kultur.
In basso al centro si legge Pecini fecit Venetiis (G. Pecini fece a Venezia). L’incisore Giacomo Pecini visse dal 1617 circa al 1669. Interessante in questo ritratto è il fatto che la tendenza a leggere da destra a sinistra DOMNUS FERDINANDUS finisce per creare un gioco ambiguo, quasi a recuperare il valore di DOMNUS inteso come titolo di rispetto più che come cognome, da quello, comunque, derivante.
Lo stesso è in un ritratto successivo che è a corredo della biografia del Donno in Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, parte II, Raillard, Napoli, 1713. Mentre nel testo della biografia che segue immediatamente all’immagine si legge sempre Donno, la didascalia in calce al ritratto è: Ferdinando Domno Mandurino/Dominicus de Angelis Lycien(sis) D(onat) D(edicat) D(icat), la cui traduzione è: A Ferdinando Donno di Manduria Domenico De Angelis di Lecce dona, destina, dedica. 3
Siccome non ho motivo per dubitare, in un caso e nell’altro, della bontà dell’etimo , ecco confermato, vista la notevole diffusione del cognome Donno in tutta Italia (circa 497 famiglie, di cui ben 384 in Puglia e 345 in provincia di Lecce; è il dato riportato in http://www.cognomix.it/mappe-dei-cognomi-italiani ) ancora una volta il maschilismo: non a caso il cognome Donna conta (dato riportato dalla stessa fonte) circa 196 famiglie in Italia, di cui solo una in Puglia e proprio in provincia di Lecce, più precisamente a Martano.
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1 Monte della Tessaglia sacro alle Muse, dunque simbolo dell’ispirazione poetica.
2 Il De Angelis a p. 178 dell’opera citata così scrive: Fu quest’Opera [L’allegro giorno …] ricevuta, e letta con lode da i Letterati di quel tempo, nè vi mancò chi celebrolla con eruditi componimenti, come fra glia latri fece Enrico Clerico nella maniera, che siegue …
3 Un quarto ritratto (nell’immagine che segue) a firma di Carlo Biondi (nato a Napoli nel 1789), ma la cui derivazione da quello del testo del De Angelis è evidentissima, è in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, tomo VI, Gervasi, Napoli, 1819.