di Armando Polito
Ogni tanto mi concedo la libertà di scrivere un post in cui nemmeno con un microscopio di ultima generazione il lettore più attento sarebbe in grado di trovare un collegamento con la Terra d’Otranto, Spesso, però, mi sono occupato del nostro dialetto stigmatizzando il pregiudizio che ancora aleggia in genere su tutti i dialetti. Non mi rassegno, perciò, ad accettare l’idea che trionfi la convinzione dell’inferiorità del dialetto, qualsiasi, rispetto alla lingua nazionale, che pure dev’essere conosciuta, amata e difesa. Il post di oggi si muove in quest’ottica.
Capita prima o poi a tutti coloro che facciano parte di un social network di vivere uno scontro di opinioni che talora può degenerare nell’insulto gratuito da parte di un interlocutore che, non potendo reggere le tue argomentazioni, pensa di salvare la sua dignità di tuttologo agli occhi dei suoi ammiratori dal facile mi piace troncando più o meno per sempre il dialogo, magari con un ultimo insulto più gratuito e volgare dei precedenti. Con me la cosa non funziona e, se dovesse riverificarsi con attori diversi non funzionerebbe perché da tempo prendo le mie precauzioni e, appena la situazione diventa calda ed intuisco che il mio interlocutore sta per procedere con la scure ma vuole avere lui l’ultima parola, procedo ad una bella cattura dello schermata e conservo la crono-immagine di questa storia non propriamente d’amore in un apposito archivio aspettando il momento propizio per la vendetta, con lo sputtanamento totale e finale del mio permaloso “avversario” sullo stesso social o su un altro blog.
A scanso di ogni equivoco, però, debbo specificare che qui non mi sto riferendo a veri e propri casi di carattere persecutorio (stalking per chi sa parlare) per cui uno, se vuole, può rivolgersi alla polizia postale, o ad altri in cui il turpiloquio rappresenta il motivo principale cantato in tutte le salse. Sto parlando dei casi in cui uno viene bannato semplicemente perché le opinioni religiose, politiche, sessuali o di qualsiasi altra natura espresse trovano scarso o nullo gradimento in una controparte che, comunque, non è in grado di motivare le sue né con duemila né tantomeno con quattro parole.
L’atto del bannare, secondo me, è strettamente imparentato, pur essendo molto meno grave nell’effetto, con quello della censura e, spingendoci al vertice dell’intolleranza e dell’antidemocraticità, dell’epurazione; ma tutti e tre i fenomeni sono indotti dalla stessa causa: la paura di perdere il potere. Sostanzialmente colui che banna per i motivi specificati è un vigliacco, oltre che un idiota, perché crede che, aggiungendo un tassello al suo isolamento, la sua opinione coglierà meno rischi di essere contestata.
Come prima ho indirettamente proposto, nella mia inguaribile italofilia, persecuzione invece di stalking, cosa ho intenzione di fare con bannare, evidente italianizzazione di to ban, che significa bandire? Come si sa (o si dovrebbe sapere) bandire in italiano può significare rendere noto per mezzo di un annuncio (bando) oppure esiliare (in passato il provvedimento veniva annunciato e pubblicizzato con un apposito bando; il bando corrispondeva pure, in un certo senso, al nostro mandato di cattura, per cui il participio passato bandito assunse anche un valore sostantivato come sinonimo di rapinatore, delinquente e simili), dal quale il significato leggermente traslato di eliminare, che, poi, in sostanza, è quello dell’attuale bannare.
Insomma avevamo già pronto bandire e abbiamo confezionato bannare. E pensare che le mie frecciate contro l’imperversante anglofilia questa volta me le sarei potute risparmiare a condizione che tanti anni fa si fosse verificato un fatto assolutamente normale.
Se vi propongo di individuare l’incognita di questa sorta di proporzione linguistica, cioè contare:conto=bannare:x, cosa mi rispondete? Sento un coro di banno. Non posso certamente che darvi ragione, ma vi sorprenderete quando vi dirò che banno è voce italiana antica (da cui l’attuale bando) derivante dal latino medioevale bannum. Purtroppo nel latino medioevale il verbo derivato è bannire (da cui il nostro bandire) e non bannare. E così il destino ha voluto che ciò che secondo logica (locum, per esempio, già in latino ha dato, bravo bravo, locare e non locire) si sarebbe dovuto verificare non si è verificato, ma che il fantasma di questa voce morta ancor prima di nascere aleggiasse, nella beata inconsapevolezza del parlante, in bannare.
Che, dopo l’attribuzione, pur solo consigliata, del genere a brexit (https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/07/14/brexi-la-brexit-risultati-del-nostro-referendum/), sia il caso di chiedere il parere dei soloni della Crusca? Chi ne ha voglia si faccia avanti e poi ci comunichi la risposta.
E meno male che resiste ancora la razza di coloro che fanno il possibile e l’impossibile perchè le nostre lingue locali continuino a r-esistere, non solo ad esistere. W A TUTTI QUESTI RESISTENTI!