di Martino Acquaviva
Nel 1950, in un paesino di duemila abitanti incastonato nel Sud Salento, fu costruita e inaugurata, per la prima volta, una sala cinematografica.
A quell’epoca, non esisteva ancora la televisione e, quindi, la possibilità di assistere alla proiezione di film sul grande schermo bianco rappresentava, per la popolazione, un fatto nuovo e di sicura presa, sicché, in particolare nel pomeriggio e alla sera della domenica, il locale del cinema “Excelsior” era sempre gremito, grazie anche all’afflusso di spettatori provenienti, a piedi o in sella alla bicicletta, dai centri limitrofi.
Di lì a poco, nella piccola località, si registrò un altro evento insolito ed eccezionale, e però in certo senso collegato a quello anzi riferito: arrivò a stabilirsi un nucleo familiare di cinque persone, fra genitori e figli, originario della “lontana” provincia di Bari (non a caso, dette persone ricevettero immediatamente e automaticamente l’appellativo di “baresi”).
Il gruppo di “immigrati” s’insediò in una modesta abitazione in affitto e, come fonte di reddito per il proprio sostentamento, intraprese l’attività di vendita al minuto, si pensi un po’, di caramelle, non confezionate bensì sfuse.
Il bacino di consumo principale s’identificava, giustappunto, con gli spettatori del cinematografo e, in aggiunta, si estendeva ai rari e poveri mercati settimanali della zona. Sta di fatto che la famiglia riusciva, in qualche modo ma onestamente, a sbarcare il lunario.
Correva una domenica mattina d’inizio primavera, quando, nel paese, si diffuse improvvisamente e a macchia d’olio, autentico fulmine a ciel sereno, la notizia che, nella casa dei “baresi”, era sparito il modesto magazzino di caramelle.
Non ci volle molto perché giungessero a circolare, anche, voci, convinte, in merito all’identità dell’autore del furto: un residente, sposato e con numerosa prole, ancora giovane, caratterizzato, da sempre, da poca voglia di lavorare, saltuariamente dedito ad arrangiarsi mediante la pesca di frodo. I carabinieri piombarono, lesti, dalla competente stazione di Spongano e, traendo spunto dalle voci, scoprirono la refurtiva, sotterrata dentro un grosso capasune (pitale), effettivamente nel giardino del sospettato.
Dopodiché, verso mezzogiorno, l’intera comunità, convenuta in piazza, ebbe conseguentemente agio d’assistere al passaggio del ladruncolo, in manette fra due militi, con destinazione carcere. Che colpo emotivo per tutti i presenti! Tale, che, ancora oggi, la scena si trova scolpita nelle menti e nelle coscienze dei sopravvissuti.
Saltando ai tempi attuali e volgendo lo sguardo intorno, non ci s’imbatte più in ladri di caramelle; si registrano, purtroppo, in ogni campo, posizione sociale e latitudine, sequenze di predatori d’alto bordo e senza scrupoli, artefici d’illeciti bottini per milioni e miliardi. Vicende gigantesche che, tuttavia, tranne l’impatto del primo momento, scivolano nel dimenticatoio, in un baleno, quasi che non si fossero mai verificate.
Domanda: almeno a livello di scrupolo morale, può definirsi davvero positivo il cosiddetto progresso della società civile fra secondo e terzo millennio?
(pubblicato su Il filo di Aracne)