di Massimo Vaglio
La principale utilizzazione nel settore dell’industria alimentare è rappresentata dalla produzione di farine che trovano impiego nell’industria zootecnica per la realizzazione di ottimi mangimi per animali, ed in particolare per lo svezzamento e l’ingrasso dei suini, per prevenire casi di dissenteria dei soggetti giovani, nonché per migliorare l’appetibilità di foraggi e miscele di mangimi destinate a molte specie animali.
La carruba è diventata popolare nel settore dell’industria alimentare negli anni 80, la polpa è priva di caffeina e viene utilizzata per ricavare il “carcao”, che è un succedaneo del cacao a basso contenuto di grassi, mentre il “semolato”, è la farina di carrube ottenuta facendo essiccare la polpa e poi tritandola.
Grazie a un alto contenuto di proteine, vitamine, minerali come calcio, magnesio, potassio, la farina di carruba è un alimento nutriente a tutti gli effetti, povera di grassi, di sodio e di glutine quindi indicato anche nell’alimentazione dei celiaci.
Dai semi, si ricava una gomma addensante che viene utilizzata in pasticceria.
Le carrube sono molto ricche di zuccheri, tanto che, con la fermentazione, da un quintale di carrube si ottengono dai venti ai venticinque litri di alcool.
Sino ad un recente passato le carrube erano comunemente utilizzate direttamente per l’alimentazione umana, consuetudine che sopravvive su piccolissima scala, praticamente ormai a livello di mera curiosità.
Si narra che S. Giovanni Battista nel lungo periodo della sua ascesi nel deserto si nutrisse dei frutti di questa pianta (da allora anche denominata “pane di S. Giovanni”), che costituirono pure l’amaro pasto del figliol prodigo durante la dura esperienza di guardiano di porci.
In campo farmaceutico si utilizzano le carrube come prodotti naturali per la cura di malattie intestinali; sono lassative quando la polpa è ancora verde, astringenti e antidiarroiche da secche, grazie all’elevato contenuto di tannini, pectine, lignina, ecc.; tutte queste proprietà sono ben note e ampiamente sfruttate dall’industria chimica e farmaceutica.
La ricerca scientifica ultimamente sta concentrando i suoi studi su di una peculiarità del carrubo, che è quella di possedere uno strato di tessuto (cambio) costituito da cellule meristematiche, ossia in grado di far ricrescere qualsiasi organo della pianta che dovesse andare incontro a marciume o essere danneggiato. Si tratta, in parole povere, di cellule hanno le stesse caratteristiche di quelle che permettono al polpo la ricrescita di un tentacolo amputato o alla lucertola la ricrescita della coda, come si può intuire si tratta di un meccanismo che se, come si spera, si riuscisse a governare potrebbe trovare meravigliose applicazioni anche nella cura dei tessuti umani danneggiati.
Dai semi inoltre si produce una farina che per l’elevato potere addensante, legato al contenuto di carrubina (un polisaccaride), trova ampio impiego nell’industria alimentare e soprattutto dolciaria.
Dal legno rossiccio, che non è un ottimo combustibile, si possono ricavare sculture e può essere impiegato in lavori di ebanisteria; inoltre, si estraggono coloranti e polifenoli utilizzati nella concia delle pelli.
Per quanto riguarda il Salento, la còrnula, così vengono appellati tanto l’albero quanto il frutto di questo albero, si trova diffusa prevalentemente in esemplari isolati, alcuni dei quali di dimensioni davvero monumentali, ma la sua presenza per quanto attualmente numericamente limitata non sfugge certo alla vista, soprattutto in estate, quando questi alberi, risaltano lussureggianti nella loro verzura, incuranti dell’arsura circostante.
Li si ritrova spesso nelle adiacenze di antiche masserie, lungo i loro stradoni di accesso e in luoghi tanto pietrosi, aridi e scoscesi da essere stati considerati inidonei persino alla coltivazione dei pur parchi ulivi.
La densità di questi alberi aumenta man mano che ci si avvicina a Santa Maria di Leuca, ove insieme al fico d’India riesce a caratterizzare piacevolmente molti, altrimenti brulli, declivi rocciosi.
Anche nel passato, nel Salento, di rado la loro produzione è stata utilizzata per l’alimentazione bestiame, cui venivano destinati alimenti ben meno nobili, ma oltre che essere destinata in tempi di magra all’alimentazione umana, veniva ammassata alla stregua dei fichi secchi di scarto per essere avviata alla produzione dell’alcool.
Chiunque abbia visto un carrubo, non può che convenire sulla sua valenza estetica, cosa già sufficiente a privilegiarne il suo utilizzo nella costituzione di nuove aree verdi, se a questo poi si aggiungono le limitatissime, per non dire nulle esigenze colturali, la sua frugalità e la non peregrina circostanza di poter utilizzare la sua produzione anche a scopi alimentari, industriali ed energetici, si capisce come questo bellissimo albero debba essere rivalutato come essenza dal valore strategico.
A tal proposito, a nessuna persona dotata di un minimo di sensibilità ambientale e buon senso non possono non venire in mente le troppe estensioni di terreno abbandonato a ridosso degli agglomerati urbani; i tanti relitti stradali, non ultime le tantissime piazzole delle nuove rotatorie e le centinaia di chilometri di viali delle nostre zone squallide zone industriali, che con poca spesa, anzi usufruendo dei fondi attualmente messi a disposizione con un apposito bando dalla Regione Puglia, potrebbero essere riqualificati con buona pace del paesaggio e dell’ambiente, con questo nostro nobile, storico e generoso amico.
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Io ne piantai un seme poi è cresciuto alto un paio di metri . In toscana è freddo in inverno gli brucia le foglie poi a primavera ributtano. Speriamo bene
Caro Massimo, per quanto riguarda le proprietà rigenerative del carrubo sono passati quattro anni dal mio post (https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/08/27/limportanza-del-carrubo-e-dei-suoi-frutti/) ma non mi risulta che la ricerca scientifica in tal senso abbia registrato il minimo progresso. Sarò malizioso, ma vuoi vedere che carpire un segreto ad un vegetale può essere controproducente per il nostro mondo dominato dalla chimica di sintesi e dal connesso principio del profitto ad ogni costo, che si nutre del presuntuoso e criminale sovvertimento delle leggi naturali?
è vero è vero Professore :eravamo bambini nell’asilo infantile – nelle tasche del grembiulino le mamme nostre mettevano un pò di fichi secchi e qualche “cornula”; non crescemmo obesi – cordialità sempre -peppino .