di Armando Polito
La pecura ca scama perde l’uccone (La pecora che bela perde il boccone)
Quandu la pecura face mbe perde l’uccone (Quando la pecora bela perde il boccone)
È del tutto evidente come i due appena riportati possono essere considerati più che come due proverbi distinti come un unico proverbio in due varianti. Il face mbe del secondo è il corrispondente scama del primo. Il verbo scamare (dal latino exclamare, con esito –cla>-ca- invece del più frequente –cla->-chia-) riferito agli umani è sinonimo di strillare. Rimane il dubbio se il boccone perduto è quello che cade aprendo la bocca o quello non brucato dall’animale intento a belare. La prima interpretazione riporta alla memoria l’aneddoto (può essere definita una sorta di barzelletta animale) che vede come protagonisti un cane barese ed uno leccese: il primo recain bocca un bell’osso che, però, gli cade di bocca per rispondere alla domanda del suo simile corregionale che gli aveva chiesto di dove fosse: – Di Bberiii (di Bari). Nella speranza di recuperare il suo osso il barese rivolge al leccese la stessa domanda che gli era costata la dolorosa perdita, ma il – Te Lecce – (di Lecce), la cui pronunzia non comporta alcun terremoto mascellare, avuto come risposta legittimò il cane leccese come proprietario definitivo dell’osso.
Quandu la pecura face la mberda crossa si spetta mal’annata (Quando la pecora fa i cacherelli grossi ci si attende una cattiva annata)
Mi riesce difficile cogliere il collegamento, che pure ci dev’essere, tra la “qualità” dimensionale delle feci e quella climatica e pure, forse soprattutto, economica dell’annata. Più facile sarebbe stato individuare il rapporto inverso, cioé tra l’alimentazione assuna nel corso di un’annata sfavorevole e la qualità della defecazione. Se qualcuno, meglio se dell’arte,può darci il suo aiuto, non si lasci condizionare dall’argomento …
Lu tiàulu no ttene pecure e bbende lana (Il diavolo non ha pecore e vende lana)
Qualcuno si chiederà perché mai doveva essere messa in campo la lana (e indirettamente la pecora) con tanti altri prodotti che il diavolo poteva vendere. Infatti un altro proverbio recita Lu tiàulu no ttene crape e bbende latte (Il diavolo non ha capre e vende latte) ma esso ci fa capire che per il mondo contadino di un tempo la lana e il latte costituivano i prodotti in cui i loro valore emblematico in campo economico non poteva trovare altri interpreti.
(CONTINUA)
Per la prima parte (la gatta): https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/05/12/gli-animali-nei-proverbi-salentini-1x-la-gatta/
Per la seconda parte (la giumenta e la capra): https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/05/16/gli-animali-nei-proverbi-salentini-2x-la-giumenta-la-capra/
Per la quarta parte (l’asino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/05/23/gli-animali-nei-proverbi-salentini-4x-lasino/
Integriamo la serie dei proverbi che vedono oggi protagonista la pecora con i seguenti cinque e speriamo, sicuri di interpretare il desiderio dell’autore del post, che seguano altre integrazioni.
alla uccirìa si ‘ccìtinu cchiù àuni cca pècure
ci pècura si’ lu lupu ti mangia
pècura e puercu: quattru pieti portu.
ci tene ‘na pècura intra ‘lla mandra vae lu lupu e si la mangia.
ci tene pècure tene lana e ci tene ‘uei tene corne.
Mai interpretazione fu più fedele …
“La carne pecorina mente scornu a ci la cucina”
“Quando esse li fiuriceddhru, no te ne male lu fiuriceddhru”
Scusate volevo scrivere:
…no te ne male lu picurieddhru