Ti vedo è un romanzo ipertestuale, un intreccio di esistenze che sembrano essersi arrestate sulla sponda di un fiume di dubbi inquieto e incessante. Riccardo, un salentino trasferitosi a Nord per lavoro, tornando nella sua terra, riassapora la gradevolezza e l’amaro, i sapori forti e quelli più delicati di un passato fatto di perdite, di amicizie lacerate e di donne che lo hanno segnato, a volte imbruttito e svilito. Poi Marco, un venditore di elettrodomestici cinico e completamente svuotato da ambizioni, che in un ormai irrintracciabile attimo di lucidità, decide di tornare a Firenze, ritrovare i vecchi amici e ricominciare a fare musica. Ma anche per Marco Firenze sarà solo il campo di battaglia con il tempo, con i cambiamenti inattesi e le delusioni. Infine Arturo, in coma da tempo, abitante della città di “Nebulandia”, che slaccia la fantasia e si abbandona a racconti irreali e conversazioni con figure paradossali e strampalate.
Ma la penna che traccia questa mappa di storie, che vuole disorientare il lettore e poi ricondurlo a sé, è quella di Dario, detenuto, colpevole di un omicidio, con in corpo ancora le schegge di una relazione sofferta e l’impulso di provare a riappropriarsi, tramite la scrittura, di mondi, scenari e stralci di vita che continuano a sanguinare.
Ti vedo ha il suono di singole storie, di errori personali, di scivolate inevitabili, a volte feroce, a volte lento. Un faro nel buio pesto delle incertezze, che sono di uno e di tanti, che diventano voce di una generazione, costretta a far tacere o disintegrare i bisogni di cambiare forma per vedersi migliore.