di Armando Polito
Sono abituato a ragionare sulla scorta di documenti che chiunque può controllare (anche questo è trasparenza …) e per questo chiedo scusa al lettore se esordisco con una sorta di ministoria (piccolo è bello non sempre … lo abbiamo visto con le banche, anche se non è che le grandi …).
L’8 aprile u. s. Livio Romano mi poneva sulla mia bacheca di Facebook (https://www.facebook.com/armando.polito.3?fref=ts) il seguente quesito: Non so se è un modo di dire solo neretino. Un tempo (non credo qualcuno lo usi ancora) si diceva qualcosa tipo “Ha vissuto tanto tempo in mezzo alle MBURDE, e ora si dà tante arie”. Bene, ha a che fare con le feci, c’è qualche attinenza con la suburbia, o cosa?
Ecco la mia risposta quasi immediata: A Nardò “Li mburde” era pure il nome popolare di un quartiere. Non credo che la parola abbia a che fare col suburbio (tra l’altro ci sono difficoltà di natura fonetica) e nemmeno con la merda (stesse difficoltà). Per il momento le segnalo https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/09/10/la-manta/ ma non appena avrò un po’ di tempo mi riprometto di affrontare, sempre sul blog della fondazione, in modo più approfondito il problema. Se dovessi tardare troppo, non si faccia scrupoli a ricordarmelo.
Livio non ancora aveva finito di ringraziarmi che già Marcello Gaballo scriveva: Prende il nome dalla famiglia nobile Burdi, che abitava in questo quartiere. Le ultime discendenti furono delle donne, per cui “Burde”. Molto popoloso, da sempre, e assai centrale rispetto all’esteso centro storico. Magari dopo la famiglia citata divenne malfamato o poco lindo, per cui…
Iniziava così uno di quei fuochi incrociati che per me sono vita e così, dopo averlo fatto con Livio, rispondevo a Marcello:
Mai intromissione fu più gradita e felice! Tuttavia, secondo me, potrebbe non esserci nessuna connessione tra “Burde”, “Burdi”, “Mburde” (per dissimilazione da “Bburde” (nome proprio) e “mburde” (nome comune), che sembra avere orizzonti più vasti di quelli neretini: il Rohlfs segnala, col significato di sporcare, per Alessano “mmurdare” e per Galatone “mburdare” (se è facile immaginare in quest’ultimo caso un’importazione neretina, non lo è altrettanto per Ruffano). Così quello che mi ripromettevo di dire ad integrazione della prima risposta a Livio Romano, che ringrazio per aver risvegliato il problema, l’ho detto, ma non è detto che, fra qualche tempo non abbia a dire di aver qualcosa in più da dire. A questo punto, però, è bene, non avendo altro da dire, che non continui a dire …
Pochi minuti dopo Marcello mostrava di condividere la mia osservazione: Continuo a riflettere che la zona in questione non poteva essere soggetta a ristagno di acque o fanghi, essendo posta in alto rispetto al circostante territorio. Le acque meteoriche o altro si riversavano naturalmente poco più in là, verso la “Maddalena”, dove oggi vi è la Ditta Bianco, alla fine di via Bernardini per intenderci. Acclarata la residenza della famiglia Burdi, sarei dell’opinione che il toponimo derivi da quella. Il termine mburde comunque veniva adoperato anche a Nardò, inteso come “pantano, zona di ristagno”. Ma occorre rifletterci ancora, come mi pare stiamo facendo.
Da quanto fin qui riportato, comunque, sembrerebbe che la famiglia abbia dato vita al toponimo (fenomeno ricorrentissimo da epoca remota: basterebbe pensare ai prediali risalenti alla centuriazione romana). Tutto, poi, è possibile, pure che la maliziosa illazione di Marcello sulla pulizia materiale del luogo o su quella fisico-morale delle rappresentanti femminili (e ti pareva …) della famiglia sia fondata. Il suo secondo intervento, comunque, rende meno fondata l’ipotesi della sporcizia del luogo, specialmente dopo la sua osservazione su quella caratteristica che a Nardò sembra trascurata proprio da chi progetta interventi sul territorio: le pendenze, naturali o indotte che siano …
Quanto alla pulizia fisico-morale è vero che, come diceva Giulio (non Cesare, ma la differenza non è poi tanta …), a pensare male si fa peccato ma spesso ci s’indovina (frase attualissima, ma andrebbe cambiata con l’aggiunta di di un politico e di quelli della sua greppia dopo male, di un non prima di si e con la sostituzione di spesso con sempre …); però, se la tanto sbandierata (soprattutto dai colpevoli …) presunzione d’innocenza ha un senso (anche in presenza di indizi o, addirittura, prove) prima della condanna definitiva (prescrizione, per alcuni …, permettendo), essa vale nel caso delle Burde, in cui nessun fascicolo fu all’epoca aperto e non credo che sia più possibile (ma in Italia non si sa mai …) che a qualcuno venga l’idea di aprirne uno a distanza di qualche secolo dai presunti misfatti …
Avrei fatto più presto a dire, come su Facebook avevo premesso, che secondo me quasi certamente il toponimo è legato alla famiglia e che il nome comune mburde ha tutt’altra origine. Già, ma quale?
Della questione mi ero occupato en passant e non ripeto qui quanto chiunque, volendolo, potrà leggere nel link segnalato nella mia risposta a Livio.
Seguendo l’ultimo invito di Marcello (non proprio l’ultimo, come dirò alla fine …) ho riflettuto e credo di potere avanzare un’ipotesi alternativa. La parola potrebbe derivare dal latino medioevale borda, per il quale il lessico del Du Cange reca, come definizione domus, aedes, tugurium. Le tre parole, che significano, rispettivamente casa, piccola casa, capanna costituiscono un climax ascendente (via via verso valori sempre più negativi) e non a caso proprio dal significato più basso nella graduatoria di valori (quello di tugurium=capanna) borda ha dato vita al francese borde, il cui diminutivo (bordel) ha dato a sua volta vita al nostro bordello. E il passaggio dal bordello al fango non è poi tanto arduo …
Ammesso che le cose stiano così, c’è, poi, ma questo sarebbe un dettaglio secondario, da porsi la domanda, se mburde è entrato dal francese (borde>*bborde>*mborde>mburde), se, cioé, ha la stessa origine di pòscia (=tasca, dal francese poche) o deriva direttamente (ma sempre attraverso la stessa trafila fonetica) dal latino medioevale. Altro dettaglio secondario, ma non troppo, sarebbe che la parola dovrebbe essere scritta ‘mburde se deriva (secondo l’ipotesi segnalata nel link iniziale) per aferesi da *imbordare o mburde se vale la nuova proposta.
Quanto al non proprio l’ultimo con cui ho prima corretto l’ultimo invito di Marcello mi riferivo all’altro quesito posto, prima ancora che il primo fosse stato sviscerato, in tre messaggi consecutivi che in un primo momento mi erano sfuggiti: Il termine mi pare simile a “lòtanu”, ancora adoperato il primo, a parte l’etimologia, quale la differenza tra i due termini? il secondo, Forse lòtanu è più circoscritto di mburde? se ricordo bene il modo con cui venivano utilizzati, direi di si il terzo.
Comincio dall’etimologia riportando in sintesi quanto si legge nel vocabolario del Rohlfs. Al lemma lòtani compaiono le varianti lòtane col significato di petulanza, lòtunu con quello di fossa per le immondizie, lòtani e lòtini con quello di piccoli arnesi, attrezzi, oggetti che ingombrano, utensili di poco valore. Nessuna variante è attribuita a Nardò, nessuna ipotesi etimologica viene formulata, nessun rinvio ad altro lemma viene indicato. Eppure io ho sentito lòtanu e lòtane usato dai miei suoceri per indicare una depressione appena appena accentuata del terreno, che si riempie d’acqua in seguito alla pioggia. Questo confermerebbe l’uso della voce pure a Nardò, secondo quanto detto da Marcello. Ma torniamo all’etimo.
Il merito più grande dei veramente grandi, secondo me, non consiste tanto in quello che palesemente ci hanno lasciato in termini di conoscenza; molto di più per me vale quello che chiamo il loro involontario sottinteso o una sublime dimenticanza. Se, infatti, andiamo al lemma òtunu (riportato per Manduria) leggiamo la definizione di pozzanghera, guazzo fangoso, come indicazione etimologica il greco βόθυνος (leggi bòthiunos)=fossa e il rinvio a vòtunu, dove si legge la definizione di pozzanghera, conca nel terreno, guazzo fangoso e la notizia che nel territorio di Martina Franca esiste una località Vòtene una volta fangosa; la trattazione del lemma si conclude con il rinvio a òtunu.
A beneficio del comune lettore va solo aggiunto a quanto riportato dal Rohlfs che vòtunu ha comportato rispetto al greco la trasposizione della consonante iniziale da b- a v-, fenomeno fonetico normalissimo nel dialetto salentino (basti pensare ad erba>erva), che òtanu deriva da vòtunu per normalissima aferesi di v- (basti pensare a basso>vàsciu>àsciu o a voltare>utàre), che, infine, lòtanu deriva da òtanu per un fenomeno banale quanto frequente, quello dell’errata agglutinazione dell’articolo (l’otanu>lòtanu>lu lòtanu).
Per concludere dico che non sarei sincero se, dopo aver evitato, grazie al Rohlfs, le insidie del lòtanu,dichiarassi di sentirmi completamente al riparo da quelle delle mburde, o ‘mburde che siano …
aggiungete questa: a Lecce si dice (o si diceva) ‘mmuttare per dire pestare una merda
Da mia memoria a Novoli esiste una zona agricola chiama “Lu Marde” forse co 2 M,alcune persone raccontano che in quei posti si accamparono i Lombardi, già a Novoli in quei tempi ci fu la presenza dei Veneziani con la loro Cavallerizza commerciavano dei beni nordici in cambio di vino e altro,
secondo lei Prof. Armando ci può essere un nesso nel termine da lei spiegato?
un saluto da Torino
Ersilio Teifreto
Non credo che “Marde” abbia a che fare con la voce trattata in questo post. Solo un’ipotesi: potrebbe essere adattamento della pronuncia normanna (“Mard”), del francese “Médard” e, quindi, in questo caso, un prediale, cioé un toponimo che trae il nome dal possessore. Ma un conto è ipotizzare, un altro trovare almeno un indizio …