Bernardino Amico di Gallipoli, disegnatore del XVI-XVII secolo

di Marcello Gaballo e Armando Polito

Tavola tratta da Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, tomo VIII, 1822, s. p. (https://books.google.it/books?id=GCuUVvUDn_4C&printsec=frontcover&dq=editions:nyGnSFQfGQMC&hl=it&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwjz4Py0ttbHAhUGcRQKHfb7CDI#v=onepage&q&f=false).
Tavola tratta da Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, tomo VIII, 1822, s. p.

 

Da notare nella tavola l’errore, sul quale torneremo in seguito, Minimi per Minori.

Se una canzone può avere spesso come autore della musica e delle parole e, giacché ci siamo (per la serie ce la scriviamo, musichiamo e cantiamo da soli), come interprete la stessa persona, la stessa cosa molto più difficilmente poteva valere, prima dell’avvento delle tecnologie digitali, per un libro con illustrazioni, il quale, pure, se aspira a raggiungere un certo livello, deve avvalersi del contributo di più competenze.

Questa premessa fa capire meglio il giudizio che  sull’unica opera  dello scrittore gallipolino espresse Eustachio D’Afflitto (1742-1787) nella scheda relativa che riproduciamo integralmente1.

Il giudizio del D’Afflitto appare negativo per quanto riguarda il testo vero e proprio, a causa di alcuni dettagli descrittivi ritenuti inventati o, comunque, non documentati; al contrario, l’apparato delle illustrazioni rappresenterebbe il segreto del successo della prima edizione e della sua rarità, mentre la seconda sarebbe di livello inferiore, nonostante le incisioni che il Nicodemi2 attribuisce a Jacques Callot (non Caillot), come si può controllare nella scheda che segue.

Ecco ora, uno di seguito all’altro, i frontespizi delle due edizioni, la prima del 1609 e la seconda del 16203.

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bernardino amico

bernardino amico

Torniamo ora al giudizio sulla seconda edizione: il lettore avrà notato come quello del Nicodemi è esattamente l’opposto di quello del D’Afflitto; quest’ultimo è rimasto ubriacato, secondo noi,  da un uso troppo disinvolto e non controllato di questa, cede e alla prima.

Come poteva, d’altra parte, essere inferiore alla prima, soprattutto per quanto concerneva le illustrazioni, la seconda edizione le cui tavole erano state incise, compreso il frontespizio, (su disegno dell’Amico, come per la prima edizione) da un luminare nel suo campo, qual era Jacque Callot?

La comparazione tra lo stesso soggetto nella tavola a corredo della prima edizione (a sinistra) e in quella inserita nella seconda (a destra) lo mostra inequivocabilmente.

L’attribuzione al Callot delle tavole della seconda edizione avanzata dal Nicodemi [le incisioni della prima, come si legge nel frontespizio, erano state di Antonio Tempesti 1555-1630)], forse solo in base a motivazioni stilistiche peraltro non espresse, trova un indizio nella dedica dell’edizione al granduca di Toscana Cosimo II (la prima era stata dedicata al re Filippo III), ritratto nella stampa di seguito riprodotta (l’incisore è proprio il Callot)

Ma un indizio non è una prova e non lo sarebbe stato nemmeno se tale ritratto fosse stato inserito nel libro. Fortunatamente è successo il contrario, cioè sono state inserite come tavole proprio le stampe tratte dai rami del Callot.

Di seguito riproduco la stampa del Callot relativa al soggetto già presentato, per completarne l’esame comparativo.

bernardino amico

Estendendo la comparazione alle altre tavole (molte di loro ben più complesse di quella esaminata) è facile giungere alla conclusione, riprendendo la similitudine iniziale: come in una canzone forse (e ribadiamo forse) più importante è la musica rispetto alle parole, nella stampa del passato l’incisore era, anche qui forse, più importante rispetto al disegnatore, specialmente quando quest’ultimo era un fuoriclasse. Basta vedere come il Callot ha reso il disegno dell’Amico rispetto al Tempesti della prima edizione.

Il fatto che il Tempesti prima e il Callot poi ritennero i disegni dell’Amico degni di incisione significa, comunque, dal momento che i due non avevano certo bisogno di una commissione in più o in meno per sbarcare il lunario, che il gallipolino era un bravo disegnatore; e questo fa sorgere il presumibile rimpianto per qualche disegno relativo a Gallipoli o al Salento, che mai vide la luce o che, almeno fino ad ora, risulta perduto per sempre.

Un’ultima osservazione: il lettore avrà notato il Bernardino d’Amico dell’immagine di testa contro il Bernardino Amico dei due frontespizi. Diremmo che Bernardino Amico è più attendibile, non solo perché replicato nella formula finale della dedica pressoché identica per le due edizioni (Humilissimo, et devotiss. Servitore Fr. Bernardino Amico da Gallipoli per la prima e Humilissimo, e devotissimo servitore Fra Bernardino Amico da Gallipoli Min. Osservante per la seconda), ma soprattutto perché sicuramente anteriore di due secoli, nonostante nel testo curato dal Martuscelli la biografia di Bernardino rechi la firma di Gianbatista de Tomasi di Gallipoli4, dunque, un conterraneo per il quale, almeno teoricamente, sarebbe stato più facile fare indagini di ogni tipo, compreso l’anagrafico.

Una soluzione di compromesso tra le due grafie (il che non solo non risolve il problema ma, addirittura, lo complica) pare adottata nella dedica della stampa di seguito riprodotta.

Nel cortile del palazzo reale con un pubblico composto da signori e popolani, sfila a sinistra la processione del SS. Sacramento, accompagnata dalla regina Anna d’ Austria e dal giovane re Luigi XIV suo figlio. Arazzi addobbano l’altare maggiore e il palazzo è sovrastato da un’enorme corona sorretta da angeli.

Ciò che a noi interessa, però, è la didascalia che è una dedica:  A MONSEIG.r TUBEUF CONS.ER DU ROY EN SES CONSEILS INTENDANT DE SES FINANCES PRESIDENT EN LA CHAMBRE DES COMPTES, SUVRINTENDANT DE LA MAISON DE LA REYNE, BARON DE VERT./Monsegneur: L’amour che vous ave pour le choses illustres féstant joint a la devotion  tres-particuliere que vous portez au S.t Sacrement pour luy faire  dresser des autels, dont la structure, et les enrichissemens soient/aussi extraordinaires comme ces deux qualites vous font particulieres; iay pris l’asseurance de vous presenter le desing du dernier, pour vous faire connoistre combien je tien a honneur quil vous ait pleu de men donner la conduite, en laquelle puis que iay/eu le bonheur de meriter vostre approbation, jespere aussi. Moinsegneur que vous me permettrés d’en donner ce temoignage au public, et de me dire a jamais. Moinseg. Vostre treshumble, et tres obeissant serviteur B. D. Amico. (AL SIGNOR TUBEUF CONSIGLIERE DEL RE NELLE SUE DECISIONI, INTENDENTE DELLE SUE FINANZE, PRESIDENTE NELLA CAMERA DEI CONTI, SOVRINTENDENTE DELLA CASA DELLA REGINA, BARONE DI VERT. Signore, l’amore che voi avete per le cose illustri unitamente alla devozione particolarissima che voi portate al Santissimo Sacramento per fargli ergere altari la cui struttura e le cui decorazioni sarebbero così straordinari come queste due qualità vi fanno particolare; io ho preso l’ardire di presentarvi confidenzialmente il disegno, per farvi conoscere come io tenga in onore il fatto che  vi è piaciuto di donarmi la condotta nella quale, dopo aver avuto la felicità  di meritare la vostra approvazione, spero anche, signore, che voi mi permettiate di donarvi questa testimonianza e di dichiararmi in eterno, signore, vostro umilissimo e devotissimo servitore. B. D. Amico).

Ecco il dettaglio del nome del dedicatario

 

e di quello che si legge nel margine in basso a sinistra.

S(tefano) Della Bella f(ecit). Il fecit (=fece) fa supporre che il Della Bella sia stato tanto il disegnatore (nelle stampe antiche  con d., abbreviazione di delineavit=disegnò) quanto l’incisore (nelle stampe antiche con  s., abbreviazione di sculpsit=incise) e che B. D. Amico sia stato un semplice committente.

Stefano Della Bella (1610-1664) fu un incisore fiorentino di grande prestigio, successivo di una generazione al francese Jacques  Callot (1592-1635). La cronologia non impedisce di ritenere che il B. D. Amico della stampa sia proprio il nostro,  tanto più che il Della Bella fu alla corte dei Medici; ci si chiede, però, che tipo di rapporti ci fossero tra il nostro (se si tratta del dedicante della stampa) e Jacques Tubeuf (1606-1660), un dignitario (e che dignitario!) della corte francese, tenendo soprattutto conto del fatto che le dediche, di un libro come di una stampa, avevano una funzione di ringraziamento per un beneficio ricevuto, come nel caso di questa stampa, oppure quella, condizionante, che equivaleva  ad una richiesta di sponsorizzazione; oggi, per lo più, invece …). Di seguito, giacché ci siamo, il ritratto del Tubeuf, incisione di Nicolas Poilly (1627-1696).

Il fatto che la parte finale della dedica dell’incisione donata al Tubeuf (Vostre treshumble, et tres obeissant serviteur B. D. Amico) sembra essere la letterale, anche se parziale, traduzione in francese delle due, più o meno identiche, che abbiamo già visto per le due edizioni del libro (Humilissimo, et devotiss. Servitore Fr. Bernardino Amico da Gallipoli e Humilissimo, e devotissimo servitore Fra Bernardino Amico da Gallipoli Min. Osservante) è dovuto unicamente alla stereotipicità della formula? Non poteva il nostro, se di lui si tratta, aggiungere anche alla dedica della stampa il “titolo” insieme col luogo d’origine, dati che, invece, compaiono in quelle del libro, nonostante mai ci è capitato finora d’incontrare tale dettaglio nella dedica delle stampe antiche? Del tutto casuale, poi, il nesso che pure esiste tra il tema della stampa (processione del SS. Sacramento) e il fatto che il gallipolino dal 1596 al 1601 a Gerusalemme espletò l’incarico come presidente in rappresentanza dell’ordine in quella terra? E, infine, le desing (il disegno) che si legge nella dedica vuole rivendicare e sottolineare una paternità ben distinta da quella dell’incisore? Lo scioglimento di questi dubbi non sarebbe cosa di poco conto, perché la stampa, qualora B. D. Amico corrispondesse a Bernardino Amico, ci consentirebbe di affermare che il nostro, del quale si ignorano le date di nascita e di morte, era vivo almeno al 1643, data in cui Luigi XIV salì al trono a meno di cinque anni d’età.

Estratto da: Marcello Gaballo e Armando Polito, Bernardino Amico da Gallipoli. Il trattato delle Piante & Immagini de Sacri Edifizi di Terra Santa (1629), Fondazione Terra d’Otranto, Nardò, aprile 2016 (il volume contiene anche la copia anastatica integrale di un esemplare dell’edizione del 1620, molto rara, custodita nella Biblioteca diocesana “Antonio Sanfelice” di Nardò).

  

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1 Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, Stamperia Simoniana, Napoli, 1782, tomo I, pp.  296-297

2 Leonardo Nicodemi (morto nel 1699), nelle Aggiunte alla Biblioteca napoletana di Nicolò Toppi, Bulifon, Napoli, 1678, p. 50.

3 Non conosciamo altre edizioni immediatamente successive. Segnaliamo, però,  un’ edizione in inglese dal titolo Plans of the Sacred Edifices of the Holy Land uscita nel 1953 per i tipi dello Studio Biblico Francescano e per gli stessi tipi, con integrazioni, nel 1997 e L’eglise de la Matarea en 1597, estratto dal libro dell’Amico (seconda edizione, pp. 18-20) ed inserito nella traduzione dall’italiano di Carla Burri e Nadine Sauneron con note di Serge Sauneron in Voyages en Egypte des années 1597-1601, Institut Français d’Archéologie Orientale du Caire, 1974.

4 È da considerare suo l’errore di Minimi per Minori già segnalato nella didascalia dell’immagine di testa, non solo perché compare anche nel testo della biografia ma anche nella citazione dell’opera di Lucas Wadding, il cui titolo da Scriptores Ordinis Minorum è diventato Scriptores Ordinis Minimorum.

 

 

 

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