di Valentino Traversa*
Pochi giorni fa mi è capitato di vedere, vicino ad un oliveto regolarmente arato, anche una larga fascia di erba gialla su parte di un pendio acclive, effetto di un diserbante ad ampio spettro.
Chiaramente un’applicazione del piano di contrasto alla Xylella, salvo il fatto che tale pedissequa applicazione non teneva conto di altri fattori presenti sull’area: la zona diserbata era infatti un ciglio di scarpata naturale che digradava verso una vora, il punto in cui le acque superficiali entrano nel sottosuolo, tipico di tante zona del Salento.
Infatti, buona parte del Salento ha un regime idrologico del tutto particolare, trattandosi di bacini endoreici, ovvero di aree in cui le acque piovane non sono convogliate verso il mare, bensì, a causa dello sbarramento dovuto alle creste delle Serre salentine, che corrono parallele alla linea di costa [le colline locali], vengono assorbite in fratture carsiche ed inghiottitoi, localmente chiamate “vore”.
Dunque, come prima peculiarità, è chiaro che qualsiasi pesticida applicato in vicinanza delle vore abbia un’altissima probabilità, alle prime piogge, di finire direttamente nel sottosuolo, il ché è equivalente a finire direttamente in falda; nel sottosuolo anche i processi di degradazione di tali composti chimici sono assai rallentati, in assenza di fotolisi e degradazione batterica, per cui è facile presumente un accumulo progressivo degli stessi composti.
Il secondo effetto riguarda invece la biodiversità: queste aree residuali che non possono essere arate, per via della morfologia del terreno, per la sua eccessiva pietrosità o perché aree umide allagate per parte dell’anno, sono uno dei principali punti della biodiversità animale e vegetale nella zona: applicarvi pesticidi di varia natura implica la perdita di un’infinità di specie vegetali ed animali, la cui perdita, oltre ad essere un insulto alla creazione [cit. “Laudato sii”], implica effetti a catena difficilmente prevedibili in anticipo.
Mentre così rimurginavo, pensando a richieste di ordinanze sindacali che, quanto meno, vietassero l’uso di pesticidi in prossimità delle vore, d’un tratto il mio sguardo si è posato su qualcosa che non mi aspettavo, gli essudati del Philaenus spumarius, la “sputacchina”.
La ragione della mia sorpresa era il fatto che, mentre sulla parte rimasta integra della vegetazione intorno alla vora, di sputacchina praticamente non ce n’era [uno sputo ogni tre-quattro metri quadri], nell’oliveto arato una decina di giorni fa, con le terofite, ossia le piante annuali, in ricrescita dopo le piogge primaverili, la sputacchina era particolarmente abbondante, nell’ordine di una trentina di “sputate” per metro quadro, nonostante la vegetazione, dopo l’aratura, fosse assolutamente rada e sporadica, pochi fili d’erba, in pratica.
Come già osservano anche i bambini, in Puglia la sputacchina ha una forte preferenza per il Sonchus – il comune “zangone” o “sivone” a seconda della zona della Puglia, erba molto ricercata per via del suo sapore dolce. A seguire, come preferenza, l’umile Avena selvatica ed alcune basse leguminose, probabilmente vicine al meliloto, come specie.
Al ché subito mi è sovvenuto un ricordo, quello del dott. Carlo Scoccianti, uno dei maggiori esperti nella progettazione di aree umide, che raccontava di come le larve di zanzara, negli stagni naturali, fossero assolutamente assenti, essendo una delle prede favorite di gran parte delle altre specie.
Questa – trasposta al caso della sputacchina – potrebbe essere una spiegazione, ossia che le misure prese per ridurre la presenza della sputacchina possano incidere in modo ancor più pesante sui predatori della sputacchina stessa, portando ad un suo involontario aumento numerico.
La seconda spiegazione potrebbe essere che la sputacchina presenti una preferenza per le piante annue e non troppo lignificate, per cui le frequenti arature potrebbero portare ad una più elevata presenza proprio di questo tipo di piante.
Bisogna dire che non ricordo il nome alcun entomologo, nella “Task Force” coinvolta per definire il piano di contrasto alla Xylella [anzi, a dire il vero non ricordo nessun elenco pubblico di studiosi , coinvolti nella redazione del piano], questo potrebbe essere conseguenza del fatto che ci si concentri sullo studio del batterio e delle reazioni delle piante ospiti, più che cercare di capire l’ecologia del suo vettore, la sputacchina, per l’appunto.
Fatto sta che, per cercare conferme, ho iniziato ad osservare altre aree incolte; la scarsità della sputacchina nelle aree di macchia e bosco mi era già ben nota, ma ho potuto osservare che anche lungo il ciglio delle strade, in presenza di compagini vegetali diversificate, la sputacchina sia effettivamente molto poco diffusa – il numero di specie vegetali è in correlazione il disturbo antropico, più ci sono stati interventi umani, minore è il numero delle specie vegetali e viceversa.
Dal ché ho iniziato a studiare un po’ di letteratura sulla sputacchina: bisogna dire che in ambito internazionale il Philaenus spumarius è stato molto studiato, sia per alcune sue peculiarità genetiche, sia perché, nonostante la scarsa dannosità nei nostri ambienti, in altri ambiti, come in Nord-America e nell’Asia del sud, il suo controllo appare molto difficile – per capire l’ordine di grandezza di infestazione, nei campi di erba medica in nord America si arriva a contare 1280 ninfe/mq, ossia 1280 “sputate” al mq (YURTSEVER 1999).
Tale differenza di densità e dannosità è stata essa stessa oggetto di studio, in particolare nel lavoro di J. B. WHITTAKER – “DENSITY REGULATION IN A POPULATION OF PHILAENUS SPUMARIUS (L.),” del 1973, in cui lo studioso arriva a chiarire che la causa di questa differente densità sia da attribuire alla mancanza, in nord America, di uno specifico parassitoide, il dittero Verrallia aucta (Fallen), che il Whittaker invece asserisce di aver costantemente trovato, come larva, all’interno degli adulti di Philaenus in tutta Europa.
Allo stesso modo, sempre il Whittaker, indica anche l’esistenza di una specie di fungo, Entomophthora aphrophorae, che attacca specificatamente solo il Philaenus spumarius, mentre nel database sulle specie invasive curate dal CABI (Centre for Agriculture and Biosciences International), sono elencati anche altri predatori, tra cui i coleotteri Carabidi.
Ma i parassitoidi come la Verrallia aucta o i predatori come i carabidi, necessitano di una buona biodiversità per esprimere popolamenti vitali [dato che, in assenza del Philaneus, necessitano di altre prede] e sono più sensibili all’effetto dei pesticidi, rispetto alla sputacchina, che presenta un ciclo vitale più rapido.
Tutto ciò per dire che al 90% di probabilità, il trattamento, sia con diserbanti che con pesticidi delle aree incolte e delle aree naturali, oltre a porre gravi problemi per la salute umana in prossimità delle vore, ha sicuramente un effetto negativo sul contenimento della sputacchina, diversamente da quanto viene asserito nel piano di controllo della Xylella.
Inoltre, è del tutto discutibile quale possa essere il vantaggio dell’aratura negli oliveti rispetto alla trinciatura delle erbe spontanee, in quanto la prima viene ad incidere più pesantemente sullo spettro floristico degli oliveti, favorendo le piante annue che sono quelle preferite dalle ninfe di sputacchina, nonché provocando la morte di predatori, come i carabidi, che vivono a livello del suolo.
Infine, vista l’esistenza di patogeni fungini specifici, non sarebbe il caso di studiare, in breve tempo, la possibilità di coltura degli stessi, per arrivare ad una lotta biologica della sputacchina, specie-specifica e priva di controindicazioni per l’ambiente e per la salute umana?
Invito tutti, dai tecnici ai ricercatori, alle associazioni per la tutela dell’ambiente, ai semplici cittadini ad osservare la diversa presenza delle ninfe di sputacchina, facilmente identificabili proprio grazie alle secrezioni che le avvolgono, negli oliveti arati ed in quelli non arati, nonché nei bordi delle strade e negli ambienti più o meno naturali – la cosa che ci serve più di ogni altra è avere gli occhi aperti, senza dare nulla per scontato, per renderci conto dell’utilità e dell’impatto delle azioni proposte.
* Dottore forestale, Consulente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio, Membro della Commissione Locale per il Paesaggio nei Comuni di Acquarica di Lecce, Copertino, Leverano, Porto Cesareo, Presicce, Taurisano, Ugento, Veglie.
Bibliografia:
http://www.cabi.org/isc/datasheet/40235
Selçuk Yurtsever, ” On the Polymorphic Meadow Spittlebug, Philaenus spumarius (L.)”, 1999 http://journals.tubitak.gov.tr/zoology/issues/zoo-00-24-4/zoo-24-4-13-9904-6.pdf
Roland Achtziger, “Conservation of Grassland Leafhoppers: A Brief Review”, 2005, https://www.academia.edu/20676491/Conservation_of_Grassland_Leafhoppers_A_Brief_Review
B. WHITTAKER, “”DENSITY REGULATION IN A POPULATION OF PHILAENUS SPUMARIUS (L.),”, 1973 https://docs.google.com/viewerng/viewer?url=ftxt.eurekamag.com/000/000057024.pdf
purtroppo è stato dimostrato in maniera scientifica che il vettore è proprio la sputacchina… bisogna prenderne atto… speriamo che presto si trovi una soluzione definitiva a questo drammatico problema che ha devastato e continua inesorabilmente a devastare il nostro patrimonio verde.
http://www.lescienze.it/news/2016/03/30/news/xylella_olivi_patogeno_conferma_efsa_insetto-3033824/
Nell’articolo, infatti, si discute di quale possa essere la più efficace lotta per la sputacchina, considerando che il suo numero in Europa è molto inferiore a quello riscontrabile negli Stati Uniti, in virtù dell’azione di predatori e parassitoidi che non sono presenti nel nuovo mondo.
Un utilizzo indiscriminato di insetticidi, in particolare negli ambienti naturali od incolti con buona biodiversità, potrebbe portare, paradossalmente, ad un effetto controproducente, arrivando ad una situazione di infestazione simile a quella presente negli Stati Uniti.
Per questo è importante che si osservi quale sia l’incidenza numerica delle ninfe, facilmente riconoscibili per le “sputate” che producono; nei diversi ambienti, in modo da modulare la lotta nel modo migliore.
Ho trovato molto interessante il lavoro di ricerca sui predatori del Philaenus spumarius, da te svolto e le osservazioni in campo relazionate. Circa possibilità di coltura degli insetti predatori o dei funghi patogeni, per arrivare ad una lotta biologica della sputacchina mi sembra un aspetto molto interessante nelle aree in cui il patogeno è ormai endemico, rimane il problema della lotta da effettuare per evitare o rallentare la diffusione nelle zone non ancora interessate dalla Xylella. Un dubbio che mi è venuto rileggendo quanto da te scritto è che questa primavera- estate, quando sono andato a “caccia” di Philaenus, il maggior numero di catture, sugli alberi, si ottenevano negli oliveti abbandonati, dove non era stato effettuato alcun trattamento atto ad eliminare le erbe spontanee, una possibile risposta potrebbe essere che o i predatori parassiti non son sufficientemente efficaci o che ci sia stato uno spostamento degli adulti da aree vicine.
Infatti l’articolo riguarda unicamente l’ecologia a livello di ninfa – sia i parassitoidi che i carabidi incidono unicamente su questo stadio.
L’osservazione della differenza tra presenza di adulti negli oliveti abbandonati, rispetto a quelli coltivati è molto senz’altro dovuta ai trattamenti che comunque, anche prima dell’allarme Xylella, venivano effettuati sugli oliveti in produzione e non su quelli in abbandono.
Il capitolo dello studio al vettore nella forma adulta, per il quale trattamenti sulle chiome, di varia natura, sono senz’altro necessari, ci porta invece a tutta una serie di altre domande, cui solo l’osservazione ci potrà dare risposta.
In particolare, bisogna considerare che il prof Porcelli ed altri avevano osservato come la sputacchina si alimenti sulle chiome degli olivi solo fino a che i rametti non siano del tutto lignificati, per cui le domande cui trovare risposta sono:
– qual è l’epoca migliore per potare gli alberi, in modo che la lignificazione della nuova crescita sia completa nel più breve tempo possibile?
– qual è l’effetto delle irrigazioni, in particolare nel periodo estivo, sulla produzione di germogli teneri nel momento di maggiore “pressione” della sputacchina?
– che effetto potrebbe avere, nell’evitare la trasmissione della Xylella, il rendere disponibili a bordo campo, agli adulti di sputacchina, cespugli che siano per essa più appetibili dell’olivo nel periodo estivo ma che non siano ospiti della Xylella?
Come si vede ci sono tutta una serie di filoni di ricerca che vanno sviluppati, nell’ottica di dare una risposta che sia insieme efficace e che minimizzi gli effetti avversi che sempre bisogna tenere da conto.
Sulla produzione di agenti biologici di lotta, mentre l’allevamento del parassitoide Verrallia aucta è praticamente impossibile, la coltivazione del fungo Entomophthora aphrophorae è invece realizzabile in tempi brevi, perché si tratta di un genere di fungo i cui parametri di coltivazione sono già stati oggetto di studio, come in “Arthropod-pathogenic Entomophthorales: Biology, Ecology, Identification”, uno studio del 2007 coordinato da Bernard Papierok [ http://bookshop.europa.eu/en/arthropod-pathogenic-entomophthorales-pbQSNA22829/downloads/QS-NA-22829-EN-C/QSNA22829ENC_002.pdf?FileName=QSNA22829ENC_002.pdf&SKU=QSNA22829ENC_PDF&CatalogueNumber=QS-NA-22829-EN-C ].
Come sempre, nel caso degli agenti di lotta biologica, il bello è che il loro uso si amplifica grazie alla riproduzione naturale, l’importante è diffonderli nelle condizioni ottimali, nel caso dei funghi, in genere, dopo una pioggia.
C’è un refuso nel testo : “Mentre così rimurginavo…”, due righe prima della foto della “sputacchina. Cordiali saluti.