di Armando Polito
* Attento a quello che mangi tu oggi, perché potresti usare il tuo spiritoso, secondo te, regalo per me come carta igienica …
Dopo meno di un’ora:
* Il suo era un semplice cartello, quello che son riuscito io ad incollargli sulla giacca che, senza accorgersene, si è appena infilato, e un cartello-bersaglio; fra un decimo di secondo se ne accorgerà …
Passo ora dal faceto al serio.
(Pietro De Crescenzi, Ruralia commoda, Meleo Nardo di Basilea, Vicenza,1490, s. p.; https://books.google.it/books?id=bjD8K5Xq9AAC&pg=PT155&dq=ruralia+commoda&hl=it&sa=X&ei=a2oaVbuhBMz1UpqkgPgG&ved=0CCMQ6AEwAA#v=snippet&q=campi%20grassi&f=false)
La voce daprile nell’intero testo cui si riferisce il frammento che ho riprodotto ricorre ben 39 volte. Sarebbe da stupidi considerarlo un errore di ortografia per una serie di motivi. Il principale, dal quale dipendono tutti gli altri, è costituito dal fatto che il volume è un incunabolo, cioè stampato a pochi decenni di distanza dall’invenzione dei caratteri mobili di Gutemberg. In testi simili, perciò, non si può pretendere l’accuratezza di stampa che è legittimo aspettarsi in quelli dei secoli successivi. Ecco, perciò, l’assenza di spaziatura in igrassi e iquali e, al contrario, la sua illegittima presenza in l ungamente; assente, poi, il segno dell’apostrofo (e questo dettaglio, come il precedente, riguarda l’intero testo) in lhumidita e in lacqua; era una scelta, a questo punto obbligata e coerente, comporre daprile e, per ben 29 volte nell’intero testo, solo ed esclusivamente dagosto. Poi, si sa, il calo dell’attenzione porta ad incongruenze ingiustificate come, nel frammento riportato (ma il discorso vale per l’intero testo) di giennaio da una parte prima e dall’altra poco dopo difebraio e dimarzo.
Quasi tutti, dunque, più che errori di stampa, scelte grafiche connesse con la tecnologia del tempo.
Oggi c’è il correttore automatico, ma, secondo me, è meglio fare attenzione, essere rigorosi, rivedere e, se è il caso, correggere piuttosto che fidarsi alla cieca di questo strumento. Il tributo del tempo da pagare è poca cosa di fronte a certe figuracce ed equivoci sempre in agguato. In alcuni casi particolari, poi, e il mio uso della scrittura rientra tra questi, il correttore automatico può dare solo fastidio. Come faccio, infatti a non tenerlo perennemente disattivato, obbligato come sono a riportare parole latine o greche, per non parlare di quelle dialettali, onde evitare che sul monitor appaia una specie di corrida multipla con tanti tori (le parole sottolineate in rosso) trafitti da banderillas?
La tecnologia che ci facilita la vita non deve essere un invito alla superficialità, alla mancanza di riflessione e di controllo, un catalizzatore della nostra ignoranza che trova il suo alibi in inesistenti tasti difettosi o nello spazio ristretto a loro disposizione sulla tastiera e nelle loro dimensioni, che propizierebbero non una singola battuta ma in parecchi casi un triangolo o, addirittura, un’ammucchiata …
Comunque: che nessuno mostri questo post a qualche studente (e non solo …) sufficientemente sveglio per sfruttarlo nel caso in cui si vedesse rimproverato il suo più che improbabile daprile!