di Felicita Cordella
Ogni qualvolta ci accingiamo a parlare del Salento, sappiamo bene che ogni definizione di questa nostra terra appare riduttiva rispetto alla ricchezza della realtà che vuole descrivere. Crocevia di popoli, di civiltà, di saperi e sapori, di testimonianze e tradizioni; terra di pietre e grotte affascinanti, mari incantevoli, paesaggi solari e verdi pianure, di macchie spinose e colline sassose.
Potremmo dire che il Salento ha mille frecce al suo arco: cultura, arte, storia; o mille perle traboccanti da uno scrigno misterioso. Terra capace di farci provare emozioni infinite, atmosfere dense di segreti arcaici. Natura che tocca tutti i sensi, esaltandoli: scorci, suoni, sorrisi, profumi, gusti, musiche, lingue.
E ancora : terra di approdi, di conquiste e incursioni, disseminata di castelli, torri , masserie e cinte fortificate. Mosaico dalle mille tessere, caleidoscopio dalle infinite inimmaginabili sfumature cromatiche, favola in cui la narrazione si arricchisce di continui colpi di scena, in cui la misera vita di contadini e pescatori s’intreccia con le vicende dinastiche dei potenti, i muretti a secco e “li furnieddhi” contrastano con le dimore storiche nobiliari, con le architetture barocche e le ville liberty.
Terra di santi, poeti, marinai,contadini fieri del loro pane nero e vino forte, dell’olio dorato di trappeto: piatti da leggere e storie da mangiare!
Terra del mito, della memoria, di sirene e delfini, di mestieri e di danze, cripte nascoste in macchie di carrubi, corbezzoli, mirti, in campi profumati di mentastra, finocchietto e timo.
Distese infinite di olivi d’argento e di vigneti preziosi che da millenni continuano generosamente a regalarci oro liquido e nettare degno di dei.
E il mare: oltre duecento chilometri d’incanto e di suggestione. Strapiombi selvaggi battuti da tramontana e grecale sul versante adriatico,da S Cataldo a Leuca; lidi sabbiosi, dune sfarinate dallo scirocco sullo Jonio, da Leuca a Porto Cesareo.
Sorprendenti successioni di grotte marine, isolotti, scogliere, baie, falesie, arenili, e zone umide che non hanno pari in tutto il Mediterraneo.
Mare blu, turchese, verde smeraldo, che bisognerebbe percorrere col ritmo antico e cadenzato delle barche a remi o con quello dolce e silenzioso delle vele per poterne cogliere intensamente la magia.
Apuleio affermava: “Lo zefiro in terra d’otranto si chiama japigio” ed era opinione di Greci e Romani che lo scirocco nascesse dal promontorio Japigio che da Leuca porta ad Otranto.
Cicerone parla di Otranto come ponte magico per la Grecia, raggiungibile in cinque ore di navigazione. Strabone, Plinio il vecchio, Antonino Augusto citano il Salento come affascinante “itinerarium” verso l’Oriente. Virgilio narrò l’approdo di Enea in Salento: lo sbarco che avevamo identificato con Porto Badisco è stato dimostrato essere invece Castro, il “Castrum Minervae” del verso 677 del terzo libro dell’Eneide. “…il porto dell’ euròo flutto a riparo curvasi in arco; spumano del salso spruzzo le opposte rocce, esso si addentra; in doppio muro abbassano i turriti scogli le braccia e si fa indietro il Tempio.”
La storia e le storie si mescolano e popolano l’immaginario di noi Salentini, si sedimentano nella nostra identità e ci danno una particolare misura del tempo, una misura rarefatta e fluida, che è solo nostra, salentina.
Penso a Khalil Gibran che nel “ Profeta “ afferma: “Ciò che in voi è senza tempo sa che la vita è senza tempo e sa che ieri e domani non sono che il ricordo e il sogno dell’oggi “.
Ed anche al grande Agostino d’Ippona che afferma: “ La misura del tempo è il cuore dell’uomo” . Niente di meglio per definire il cuore, la passione,l’attaccamento alle radici, le memorie ancestrali del popolo salentino; il legame tra il passato e il nostro tempo quotidiano.
Siamo gli abitanti di una terra che fu meta e approdo di peregrinazioni memorabili, storiche e mitiche: Cretesi, Greci, Micenei, Messapi, Romani, Bizantini. E ancora Normanni , Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli. Una terra che fu Messapia, Calabria, Terra d’Otranto, Salento.
Innumerevoli fattori culturali, naturalistici, storici; letterari, artistici, folkloristici, che componendosi in armonia, formano quella meraviglia che chiamiamo salentinità.