Come t’illustro il proverbio

di Armando Polito

 

Il verbo del titolo non è figlio della mia presunzione di insegnare nulla a chicchessia e pure l’intento divulgativo a favore dei non salentini che seguono questo blog tenterà di esplicarsi nella traduzione letterale in italiano e in qualche nota etimologica o di commento. Quell’illustro, dunque, ha il significato di rendere illustre, onorare e chi compie questa meritoria azione ancora una volta non è chi scrive ma chi a suo tempo realizzò le tavole del cui aiuto ho deciso  di servirmi e del cui uso maldestro, improprio o, addirittura, fuorviante mi assumo ogni responsabilità. A tal proposito dico subito che tra i sei proverbi dialettali  messi in campo e il testo in latino (motto iniziale e didascalia) che si legge nelle tavole la corrispondenza in alcuni casi è solo parziale.  Tutte le tavole sono tratte da un testo del quale ho avuto già occasione di parlare piuttosto recentemente in https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/03/14/guardando-unantica-immagine-di-gallipoli/, dove il lettore potrà trovare o, eventualmente,  ritrovare notizie sull’opera e sul genere letterario nel quale si colloca. Qui basterà citare gli estremi bibliografici:  Thesaurus philo-politicus di Daniel Meissner (1585-1625) uscito a Francoforte in più volumi per i tipi di Eberhard Kiersen a partire dal 1623.

Prima di entrare nel vivo intendo ringraziare Roberto Panarese per aver esaudito come meglio non era possibile la preghiera-invito con cui chiudevo il post su Gallipoli appena segnalato , come ognuno che ne abbia interesse può leggere nel relativo suo commento.

 

1) AMORE E TTOSSE , ZZUPPICATURA TI PETE/SCUNDIRE NO SSI PÒ CA SI ‘ETE

(Amore e tosse, zoppicatura di piede non si possono nascondere, perché si vedono)

QUAE OCCULTARI NEQUEUNT (Le cose che non possono essere nascoste)

 

Caelari nequeunt haec quattuor: aestus amoris,/tussis, edax ignis cordivorusque dolor (Non possono essere celate queste quattro cose: il fuoco d’amore, la tosse, il fuoco che consuma e il dolore che divora il cuore).

La didascalia appena esaminata è un distico elegiaco. Di seguito la scansione:

CaelāIrī něquĕIūnt II haec I quāttŭŏr:I aestŭs ăImōrĭs

tūssĭs, ěIdāx īIgnīs II cōrdĭvŏIrūsquĕ dŏIlŏr

 

2) CI BBUSCA1 E DDAE AN PARATISU VAE (Chi guadagna e dà va in Paradiso)

 

QUI DAT PAUPERI FOENERATUR DEO (Chi dà al povero presta a frutto a Dio)

Qui viduas et pupillos solatur egentes,/a Summo hic referet pro parvo praemia lauta (Chi aiuta le vedove e gli orfani bisognosi avrà dal Sommo lauti premi in cambio di poco)

La didascalia questa volta + costituita da due esametri:

Quī vĭdŭIās II ēt I pūpīlIlōs IIIlātŭr ĕIgēntēs

ā SūmImo hīc rĕfĕIrēt II prō I pārvō I praemĭă I laută

 

3) QUIDDHU CA PUÈ FFARE OSCE NO LLU FARE CRAI2 (Quello che puoi fare oggi non lo fare domani)

 

CRAS · CRAS · SEMPER CRAS · OMNIS DILABITUR AETAS (Domani, domani, sempre domani. Tutto il tempo scivola via)

CRAS semper clama CRAS sic dilabitur aetas. Fac hodie quod sis facturus, CRAS hodie adstat  (- Domani – dì sempre – domani -.  Così scivolerà via il tempo. Fai oggi quello che hai intenzione di fare, domani è vicino ad oggi)

In questa tavola il motto è un esametro:

Crās crās I sēmpēr I crās II ōmInīs dīIlābĭtŭr I aetăs

e la didascalia un distico elegiaco:

Crās sēmIpēr clāIII crās I sīc dīIlābĭtŭr I aetăs.

Fāc hŏdĭIē quōd I sīs II fācItūrūs, I crās hŏdĭIe ādstăt

 

4) PRIMA PENSA E PPOI PARLA!  (Prima pensa e poi parla!)

NE LINGUA PRAECURRAT MENTEM (La lingua non anticipi la mente)

Ut non praecurrat mentem tua lingua caveto: et primus, quod tu vis tacuisse, sile (Fai attenzione perché la tua lingua non anticipi la mente. E per primo non dire ciò che vorresti aver taciuto)

La didascalia è un distico elegiaco:

Ut nōn I praecūrIrāt  II mēnItēm tŭă I līnguă căIvētŏ:

ēt prīImūs, quōd III vīs tăcŭIīssĕ, sĭI

 

5) A CCI FATIA NNA SARDA, A CCI NO FFATIA UNA E MMENZA (A chi lavora una sarda, a chi non lavora una e mezza)

ALIUS LABORAT, ALIUS MERCEDE FRUITUR (Uno lavora, un altro si gode la ricompensa)

Fucus iners ut dulci apium se nectare nutrit,/absque labore piger sic homo saepe vorat (Come il fuco inetto si nutre del dolce nettare delle api, così pigro lontano dal lavoro l’uomo spesso divora)

La didascalia è un distico elegiaco:

Fūcŭs ĭInērs II ūt I dūlci ăpĭIūm III nēctărĕ I nūtrĭt,

ābsquĕ lăIbōrě pĭIgēr  II sīc hŏmŏ I saepě vŏIrăt

 

E chiudo con la bellezza di due tavole per un solo proverbio; ho detto con la bellezza di due tavole, non in bellezza con due tavole, per evitare che, almeno momentaneamente, il proverbio stesso mi coinvolga …

6) CINCA SI ‘ANTA SULU NO BBALE NNU PASULU3 (Chi si vanta solo non vale un fagiolo)

PROPRIA LAUS SORDET (La lode di se stessi è spregevole)

Plena voce suo cuculus de nomine tantum/cantat sed vana est propria gloriola (A piena voce il cuculo canta solo sul suo nome ma vana è la piccola sua gloria)

La didascalia è un distico elegiaco:

Plēnā I vōcĕ sŭIō  II cŭcŭIlūs dē I nōmĭnĕ I tāntūm

cāntāt I sēd vāna I ēst II prōprĭă I glōrĭŏI

INDIGNUS MAGNOS SAEPE GERIT TITULOS (L’indegno spesso vanta grandi titoli)

Vesperemus4 volitans non re, sed nomine tantum/avis, indignus saepe gerit titulos (Il topo che svolazza di sera [è] un uccello non di fatto ma soltanto di nome. L’indegno spesso vanta titoli)

La didascalia è un distico elegiaco:

Vēspĕrě I mūs vŏlĭItāns II nōn I rē, sēd I nōmĭnĕ I tāntūm

āvīs, I īndīIgnūs II saepĕ gĕIrīt tĭtŭIlōs

 ___________

1 Dallo spagnolo buscar, di origine celtica.

2 Dal latino cras, proprio quello che compare nel testo della tavola.

3 Pasuli nel dialetto neretino non sono solo i fagioli ma metaforicamente anche i testicoli del pollo. Non escluderei che nel proverbio ci sia un riferimento proprio a quest’ultimo significato, poiché non mi pare credibile che la cultura popolare potesse attribuire poco valore proprio al legume che aveva un ruolo fondamentale nella sua alimentazione.

4 Errore di stampa per vespere mus; il topo che svolazza di sera è il pipistrello, nella tavola raffigurato in alto a sinistra.

 

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