di Pier Paolo Tarsi
A capo del sistema per cui lavoro vi è una donna (Giannini, ministro del Miur). A capo della mia scuola una donna, la preside. A capo del comune in cui vivo una donna, il sindaco (o la sindaca, per usare una boldrinata). A capo della famiglia in cui sono cresciuto una donna, mia madre. A capo di questi anni della mia esistenza una piccola donna, mia figlia. A me sembrano più indifesi e deboli i panda francamente. Ma non insisto, soprattutto oggi che ho fatto una concessione anche io al significato di questo giorno.
Da due anni faccio sempre lo stesso tragitto, la incontro sia all’andata che al ritorno là, a volte seduta per terra, a volte seduta dentro una vecchia e grossa carretta grigia con targa straniera. Che ci sia pioggia, vento o sole, è sempre al suo posto come fosse un elemento del paesaggio, come gli ulivi che le stanno dietro o il segnale stradale che subito dopo indica la svolta per la mia destinazione. Ho comprato un ramoscello di mimosa anche io oggi, uno solo. Mi sono fermato sul ciglio della strada, nonostante la paura fottuta che passasse qualcuno che potesse riconoscermi e fraintendere. Ho preso il ramoscello comprato per lei e l’ho consegnato senza dirle niente altro che “ciao”, prima di ripartire, lasciando che sia lei a dare il senso che vuole al mio gesto.
Non ne ho alcuno da imporre del resto, non sapendo nulla del perchè sia là, se quella donna senta un qualche bisogno di emancipazione oppure no, se quella condizione sia una sua libera scelta oppure no.
Posso presumere solo che lo abbia gradito dal sorriso in cui si è illuminata, dal bagliore che per un attimo ha ravvivato quegli occhi azzurri e assenti che ogni giorno, al mio rapido passaggio da perenne ritardatario, mi guardano senza davvero vedermi. E dubito sia solo per la velocità.
bene -poesia di un giorno -fuori dal dubbio: se poi, il riverbero di un sorriso ha confermato un attimo di celata gratitudine – cordialità sempre peppino martina