Alla memoria di Elio Dimitri
di Nicola Morrone
Tra le istituzioni culturali più significative della nostra città è da annoverare la civica biblioteca ”Marco Gatti”, tra le più cospicue del Salento in quanto a dotazione libraria (oltre 50.000 volumi).
Il suo primitivo nucleo fu costituito, come è noto, grazie all’impegno dei concittadini Nicola Schiavoni e Gregorio Sergi. L’uno fu patriota e poi senatore del Regno d’Italia, l’altro era sacerdote: di idee politiche opposte, si trovarono uniti dall’amore per la cultura, e, mettendo ordine tra mucchi di volumi di vario argomento e provenienza, finirono per fondare, di fatto, la Biblioteca Comunale, ufficialmente riconosciuta come tale nel 1897. Tuttora, i volumi in essa conservati, fondamentalmente di argomento umanistico, rappresentano uno strumento insostituibile per chi voglia cimentarsi con questioni di storia locale (cittadina, regionale e del Mezzogiorno). E tra i volumi più antichi, anche se meno noti, della nostra biblioteca civica sono da annoverare gli “incunaboli”, cioè le edizioni a stampa realizzate entro il 1520, e le “cinquecentine”, cioè i volumi stampati nel successivo ottantennio.
Si tratta di rarità bibliografiche: ogni biblioteca storica che si rispetti ne possiede un fondo, più o meno consistente, e la “Gattiana” ne annovera una collezione di 180, già catalogata sapientemente dal dott. Michele Greco diversi decenni fa [cfr. il “Catalogo alfabetico degli incunaboli e delle edizioni cinquecentine , coll.MS-D-XII] e di recente sottoposta ad un ulteriore controllo. Il fondo pone una serie di questioni relative alla provenienza del materiale e alla natura delle opere presenti.
Per ciò che riguarda il primo punto, riteniamo più che probabile che tanto gli incunaboli quanto le cinquecentine provengano dal patrimonio degli Ordini religiosi soppressi dopo l’Unità d’Italia (1861), come sostenuto tempo fa da uno studioso [Cfr. R. Fiorillo, Incunaboli posseduti da alcune biblioteche del Salento, in “Rinascenza Salentina”, pp.264-266] e come del resto confermato da un verbale del Decurionato di Manduria del 22 Settembre 1809, in cui è scritto che “ si crede necessario che dalle librerie dei Padri Agostiniani e Padri Domenicani si dovesse formare una pubblica Biblioteca di cui si è privo [il Comune] acchè li non pochi talenti degli individui studiosi di detta città non stessero privi di leggere i Santi Padri, li critici sagri, la storia sagra e profana, li Teologi, li predicabili e tutt’altro in dette librerie si trova” [Cfr.Biblioteca Comunale, Ms A-XVIII-5].
Per ciò che concerne il secondo punto, una recente ricognizione di massima del fondo delle cinquecentine ci ha permesso di ricavare alcuni dati interessanti, che, forse, potranno essere utili a chi vorrà avviare uno studio scientifico di questo notevole patrimonio librario. Quali autori, innanzitutto, compaiono nelle opere a stampa del sec. XVI? Vi è un pò di tutto: dagli antichi (Aristotele, Aristofane, Platone,Plinio il Vecchio, Agrippa, Diogene Laerzio, Ovidio, Senofonte, Aulo Gellio, Ippocrate, Giuseppe Flavio, Luciano, Cicerone, Livio, Sallustio, Quintiliano, Virgilio, Cesare e Plutarco) ai medievali (San Bernardo di Chiaravalle, San Tommaso D’Aquino, Severino Boezio, Cassiodoro, Giustiniano, Avicenna) ai moderni (Pietro Bembo). Si segnalano, tra l’altro, un volume di memorie sul Concilio Tridentino, e una copia dell’Indice dei Libri Proibiti.
Ci siamo impegnati in una schedatura personale degli stampatori, facendo uso della fondamentale catalogazione di Michele Greco. Tra le 180 cinquecentine, vi sono 113 edizioni stampate a Venezia, 15 a Lione, 5 a Parigi, e altrettante a Roma e a Basilea, 4 a Napoli, 3 a Francoforte, Firenze e Padova, 1 ad Anversa, Bergamo, Bologna, Fano, Mantova, Torino, Strasburgo, Palermo, mentre 14 edizioni non presentano marca tipografica, e andranno identificate attraverso criteri specifici. Confrontando il fondo della “Gattiana” con quello di altre biblioteche salentine, vi si ritrova, in percentuale,la presenza dei medesimi stampatori: la parte del leone la fa sempre Venezia, seguita, soprattutto nella seconda metà del Cinquecento, dalle città del centro e del settentrione d’Europa. La stampa, inventata nel 1454 da Johann Gutenberg, nel sec.XVI, supera ad opera dello stampatore veneziano Aldo Manuzio i criteri che improntavano la realizzazione degli incunaboli, ancora legati al manoscritto medievale, dando vita al “libro, completo, vivo e vario nei suoi elementi, con illustrazioni quasi tutte in taglio dolce e su tavole fuori testo […]
Il Cinquecento fu il secolo del maggior splendore della tipografia in Italia; i libri stampati nelle tre lingue allora universali (italiana, latina e greca) portarono in tutta Europa la tecnica perfetta e la bellezza delle nostre pagine che, molto imitate, non furono superate da altri” [Cfr. G.D.E.Utet, vol.XVII, p.690,voce “Stampa”]. Tutti i principali stampatori italiani e vari altri europei, sempre di prim’ordine, sono presenti con le loro edizioni nel fondo delle “cinquecentine” della biblioteca comunale “M.Gatti”: i veneti Manuzio (Aldo, Andrea e Paolo), le cui edizioni sono contrassegnate dalla nota marca tipografica (l’ancora), Arrivabene, Degli Avanzi, Giunti,Giolito, Farri, Percaccini, Muschio, Scoto, Sessa, Senese, Valgrisio, Varisco, Zenario, ecc.; i napoletani Cancer, Carlino et Pace, Suganappo, Fabro, ecc.
Tra gli stranieri, si segnalano Birckmann (Colonia), Barbous (Lione), Wechel (Francoforte), Hulderico Fuggerio (Anversa) e infine il gruppo degli stampatori di Basilea, su cui ci soffermiamo brevemente. La nostra biblioteca comunale possiede 5 edizioni a stampa del sec. XVI realizzate da tipografi di Basilea,vale a dire Andrea Cratandro, Giovanni Bebelio, Henricus Petrus (Officina Henricpetrina), Frobenius (Officina Frobeniana).
Si tratta di tipografi svizzeri di prim’ordine, che, come accadeva a molti colleghi italiani, esercitavano il mestiere da generazioni. Ancora oggi, a Basilea, è possibile visitare i luoghi in cui, cinque secoli fa, sorgevano le loro officine.
I volumi da essi stampati, come del resto quelli di ogni tipografia storica, possono essere agevolmente identificati anche attraverso le marche tipografiche, meritevoli, per la loro varietà e fantasia, nonchè per il significato che sottendono, di uno studio specifico, sia iconografico che iconologico. Spesso ad esse si accompagna il “motto” della tipografia, che riassume la “filosofia” dello stampatore. Diversi tipografi italiani nel sec.XVI si recarono a Basilea per lavorare, poichè in Svizzera la chiesa Cattolica non esercitava il controllo sulla stampa, e gli artigiani di fede protestante (il caso più noto è quello del lucchese Pietro Perna) poterono stampare liberamente le opere della chiesa riformata senza temere alcunchè. La ragione della minor presenza nelle biblioteche d’Italia di opere a stampa provenienti dalle tipografie svizzere e delle nazioni protestanti si deve probabilmente proprio all’ostracismo della Chiesa, divenuto maggiore soprattutto dopo il Concilio di Trento (1545-1563), e naturalmente perdurato ben oltre il sec.XVI.
[Si ringrazia vivamente la Direzione della Biblioteca Comunale “M.Gatti” per aver concesso la consultazione di alcune cinquecentine e la riproduzione fotografica dei relativi frontespizi]