di Ermanno Inguscio
Il tema delle Unioni Civili in Italia, tra i pochi Paesi ancora senza una legge, additato anche dall’Europa come una riforma indifferibile, rimanda alle problematiche poste in ambito sociale sia dalla identità di genere sia dai diritti dei bambini ad avere due genitori. Dopo il divorzio e l’aborto in Italia, la mutata società moderna chiede ancora nuove modificazioni al diritto di famiglia. La questione odierna, specie per l’adozione dei minori da attribuire anche a coppie omosessuali, è abbastanza controversa, Questa, infatti, è una settimana cruciale per i nostri parlamentari. E tra “family day”, “dies familiae” e scontri in Parlamento, il mio pensiero corre a personaggi, come Giò Stajano, antesignano della diversità, transessuale e icona gay degli anni Cinquanta e anch’egli studente sessantottino nell’Ateneo di Lecce. Sono riandato così al mio Sessantotto leccese, al furore di quei giorni, proprio con la lettura di un libro di Giò Stajano, Pubblici scandali e private virtù. Dalla Dolce vita al convento, edito da Manni nel 2007.
Pubblici scandali e private virtù: quasi una parafrasi, nel titolo del volume, di quanto avvenuto nella prima e nella seconda repubblica del Belpaese. Il giornalista, stravagante personaggio, nipote di Achille Starace, noto omosessuale nella Roma felliniana della Dolce Vita, esperto di fotografia scandalistica e giornalista per il settimanale “Big” (1964-1967) e, dal 1969, per “Men” si era rifiondato a Lecce, dopo una ennesima delusione amorosa, con la sua fiammante 500, costretto dal papà ad iscriversi ai corsi della facoltà di Lettere e Filosofia. Fu così che tra l’entusiasmo di non pochi studenti, la baraonda dell’incipiente Sessantotto e le prime occupazioni studentesche, l’arrivo di Giò Stajano a Lecce coincise per le matricole di Lettere con la frequenza al corso superaffollato sul Leopardi minore, tenuto da Mario Marti nell’Ateneo salentino. Ma quella di Stajano si rivelò quasi una meteora di presenza a Lecce. Tra serate (molte) e lezioni e libri (molto pochi) e le sue puntate a Sannicola, ogni tanto, ma proprio dio rado, si rifugiava nel suo appartamentino di venticinque metri quadri, tra servizi giornalistici, foto e irriverenti comparizioni in pubblico. Quasi un’anteprima dei moderni gay pride, come quello di Helsinki, nell’estate del 2011, nel quale capitai tra schiamazzi, sberleffi e osceni richiami. Quanto al contesto rivoluzionario del Sessantotto, circa gli obiettivi della contestazione giovanile propria di ogni ateneo di tutta Europa, le aule e le lezioni venivano occupate ed interrotte vuoi di giorno vuoi di notte sull’onda delle incursioni in ateneo sia di destra sia di sinistra.
Tra i personaggi importati da mezza Italia, da Pisa, da Milano, da Bologna e da Roma, a scaldare la passione degli studenti salentini tra i banchi e le biblioteche e le molte lezioni da saltare, faceva la sua bella figura, Stajano. Lui, salentino doc, nativo di Sannicola, col il suo palmares di anticonformismo, di trasgressioni, di disordini, di arresti, di gossip nazionali e di giornalismo noto nell’intera Penisola. Un’infanzia, la sua, trascorsa tra i ricordi a Roma con il nonno Achille, la villeggiatura al mare, nel mese di luglio, al Lido San Giovanni a Gallipoli; in agosto in montagna all’Abetone o in uno chalet a San Martino di Castrozza, vicino a quello di Costanzo Ciano e di Edda Mussolini con i figli. Nel primo dopoguerra in luglio, sempre al mare, ma al Lido Conchiglie.
Presto Giò scoprì di essere diverso e già nel 1951, a Firenze, poté parlare con Giorgio, per la prima volta della sua omosessualità ed essere così introdotto, con una catena di amicizie e frequentazioni romane negli ambienti dei “diversi”, set cinematografici e night club. Ebbe modo , tra eccessi e prostituzione, di occuparsi soprattutto di editoria pornografica, frequentando il mondo della politica, della cultura e dello spettacolo. A Roma, sempre foraggiato dallo stipendio puntuale del papà, con la frequenza della café-society di Via Veneto, Trinità dei Monti e del mondo artistico-cinematografico e dei night, divenne uno dei personaggi della Dolce Vita.
Ebbe contatti con artisti ( Walter Chiari, Maurizio Arena) attori (Ava Gardner, Linda Christian, Soraya) cantanti (Carosone, Peppino di Capri, Fred Buongusto). Un suo pediluvio, una sera, nella Barcaccia di Piazza di Spagna, fatto in compagnia della modella somala Marilù, rimbalzato sui giornali della Capitale, diede a Federico Fellini lo spunto per la scena più famosa del suo film La Dolce Vita. S’innescò, complice l’attività di giornalista apprezzato in ambito scandalistico, una vita dissoluta di amori da omossessuale. Poi nel 1982, la metamorfosi di Giò Stajano: lifting facciale, seni e l’intervento definitivo di passaggio al genere femminile. A Casablanca, con un costoso intervento chirurgico ad opera del dottor Burou, era nata una foemina tripudians, pronta a scatenare la sua rivincita su tutti i maschi dell’universo.
Al ritorno in Italia, a Sabaudia, fu ben accolta nella famiglia d’origine, ma fu odiata dalle donne, perché vista come pericolosa rivale. Frequentò il Centro Sperimentale di Cinematografia e chiamata da Novella Parigini a scritture con una parte nel film di Caccia all’uomo di R. Freda, con la “consacrazione” come attore omosessuale della Dolce Vita di F. Fellini, la partecipazione al film di A. Sordi Il comune senso del pudore e Nerone di P. F. Pingitore.
Giò Stajano, dunque, autentico pioniere di dichiarata diversità, vissuto nel mondo dello spettacolo, della cultura, dell’arte, della politica e della moda. Dal 1984 signora anagrafata in tutti i pubblici registri come Gioacchina Stajano, dopo il cambiamento di sesso avvenuto a Casablanca nel 1982. Negli anni Novanta, improvvisamente, finì persino, per scelta, col calcare l’acciottolato di un convento. Oggi avrebbe certamente potuto dire la sua nell’odierno dibattito sul riconoscimento dei diritti civili in Italia. Molte associazioni di oggi, infatti, si rifanno alla sua significativa, e scandalosa, esperienza. Quanto a scandali pubblici, del resto, sotto ogni cielo, non ne mancano. Le private virtù, per fortuna, continuano ad esserci. Forse non hanno adeguata visibilità.
Un personaggio singolare Giò Stajano. Non mancò neanche di fascino letterario con qualche sua pubblicazione. Il primo Roma capovolta (1959), il secondo Meglio un uovo oggi (1959), fatti oggetto di puntuale censura. Pubblicò poi Le signore sirene (1961) e Roma erotica (1968) e Il tetto stretto (1973). Nel 1963, durante un soggiorno a Lecce in casa della madre, aveva dato alle stampe Gli uni e gli altri. Nel 1979, con La terra dei nonni, una raccolta di versi, testimoniava il suo affetto per persone e luoghi che non c’erano più, il padre Riccardo, la madre Fanny Starace,i fratelli Francesca, Achille e Candida Maria, il nonno Achille Starace, il vecchio collegio Argento, la sua villa a Sannicola, ma anche il duo Flon-Flons, i suoi quadri acquistati da Fellini, i suoi amici canoisti, paracadutisti e i piloti della Scuola Aeronautica di Galatina. Un mondo di affetti e di trasgressioni, testimone del suo tempo e della sua terra, il Salento.
Bello il tuo articolo su Giò! un saluto Willy Vaira autore di Pubblici scandali e private virtù, nonché biografo ufficiale di Giò Stajano