di Massimo Vaglio
Per quanto riguarda il Salento, la còrnula, così vengono appellati tanto l’albero quanto il frutto di questo albero, si trova diffusa prevalentemente in esemplari isolati, alcuni dei quali di dimensioni davvero monumentali, ma la sua presenza per quanto attualmente numericamente limitata non sfugge certo alla vista, soprattutto in estate, quando questi alberi, risaltano lussureggianti nella loro verzura, incuranti dell’arsura circostante.
Li si ritrova spesso nelle adiacenze di antiche masserie, lungo i loro stradoni di accesso e in luoghi tanto pietrosi, aridi e scoscesi da essere stati considerati inidonei persino alla coltivazione dei pur parchi ulivi. La densità di questi alberi aumenta man mano che ci si avvicina a santa Maria di Leuca, ove insieme al fico d’India riesce a caratterizzare piacevolmente molti, altrimenti brulli, declivi rocciosi.
Anche nel passato, nel Salento, di rado la loro produzione, è stata utilizzata per l’alimentazione bestiame, cui venivano destinati alimenti ben meno nobili, ma oltre che essere destinata in tempi di magra all’alimentazione umana, veniva ammassata alla stregua dei fichi secchi di scarto per essere avviata alla produzione dell’alcool.
Chiunque abbia visto un carrubo, non può che convenire sulla sua valenza estetica, cosa già sufficiente a privilegiarne il suo utilizzo nella costituzione di nuove aree verdi, se a questo poi si aggiungono le limitatissime, per non dire nulle esigenze colturali, la sua frugalità e la non peregrina circostanza di poter utilizzare la sua produzione anche a scopi alimentari, industriali ed energetici, si capisce come questo bellissimo albero debba essere rivalutato come essenza dal valore strategico.
A tal proposito, a nessuna persona dotata di un minimo di sensibilità ambientale e buon senso non possono non venire in mente le troppe estensioni di terreno abbandonato a ridosso degli agglomerati urbani; i tanti relitti stradali, non ultime le tantissime piazzole delle nuove rotatorie e le centinaia di chilometri di viali delle nostre zone squallide zone industriali, che con poca spesa, anzi usufruendo dei fondi attualmente messi a disposizione con un apposito bando dalla Regione Puglia, potrebbero essere riqualificati con buona pace del paesaggio e dell’ambiente, con questo nostro nobile, storico e generoso amico.