di Nicola Morrone
Tra le figure più affascinanti e controverse del ‘500 salentino vi è certamente quella di Giovanni Bernardino Bonifacio, marchese d’Oria (1517-1597) noto agli studiosi nel suo duplice aspetto di fine umanista e di precoce aderente alla confessione protestante augustana.
La sua vita fu per molti versi singolare: proprietario del feudo di Oria, e signore di Francavilla e Casalnuovo/Manduria, dopo la sua giovanile conversione al protestantesimo, che lo rese inviso all’Inquisizione, fu costretto ad abbandonare le residenze salentine (i castelli di Oria e Francavilla) e iniziò a vagare in esilio per l’Europa, alla ricerca di un luogo in cui poter professare liberamente la sua fede. Morì a Danzica, città alla quale donò la sua collezione di preziosi volumi a stampa, che egli era solito portare con sè nei continui spostamenti.
I testi di proprietà del marchese (che trattavano gli argomenti più vari e in cui non mancavano classici latini e greci) costituirono, di fatto, il primo nucleo librario della nascente Biblioteca Civica di Danzica, di cui l’esule oritano può considerarsi a pieno titolo il fondatore.
Tra i principali conoscitori della vita e del pensiero di Giovanni Bernardino Bonifacio vi è lo storico ed archivista svizzero Manfred Edwin Welti (1936), grande studioso del protestantesimo .Egli ha dedicato molti anni allo studio delle vicende dell’esule religionis causa, focalizzando la sua attenzione, in ultimo, perfino sulla psicologia e sulla vita privata del marchese, allo scopo di definirne meglio la non comune personalità. Lo storico svizzero si è avvalso, in questo senso, soprattutto dello studio dei componimenti poetici, delle lettere e delle note marginali che il Bonifacio soleva apporre ai volumi letti (diverse centinaia), dall’analisi delle quali emergono i dati principali relativi alle sue convinzioni in materia di morale e di fede.
Ne risulta una personalità complessa e ricca di sfumature, in continua evoluzione, orientata, come sottolineano gli studiosi, in direzione di un protestantesimo di marca melantoniana, con forti accenti moralistici.
Al fine di approfondire la nostra conoscenza di questo personaggio per più versi eccezionale (purtroppo sconosciuto al vasto pubblico) abbiamo contattato personalmente il Prof.Welti, con il quale abbiamo anche discusso del metodo utilizzato nelle sue ultime ricerche, fondato sull’approccio cosiddetto psicostorico.
In relazione alle vicende ed al pensiero di Giovanni Bernardino Bonifacio, Welti ha sostanzialmente richiamato le osservazioni fatte nei principali volumi da lui dedicati all’esule, vale a dire “G.B.Bonifacio, Marchese d’Oria, im Exil, 1557-1597”(Ginevra 1976); ”Dall’Umanesimo alla Riforma. G.B.Bonifacio, Marchese d’Oria, 1517-1557 (Brindisi 1986); “Un addio a G.B.Bonifacio Marchese d’Oria ,1517-1597 (Basilea 2011).
A questi contributi, oltre che alla vasta bibliografia sull’esule oritano, rimandiamo il lettore che volesse approfondire l’interessante argomento. Rispetto invece al metodo di indagine utilizzato, Welti ha sottolineato che esso risulta incentrato appunto sulla prospettiva psicostorica.
La psicostoria costituisce un indirizzo storiografico che, per definizione, tende ad “integrare nell’indagine storica gli approcci metodologici propri delle discipline psicologiche” (cfr. PBM Storia, ad vocem). Si tratta di una prospettiva innovativa di ricerca storica, non di rado osteggiata dagli ambienti accademici, ma che possiede comunque una sua dignità scientifica. Essa si fonda appunto sull’ interpretazione dei dati documentari e filologici alla luce delle nozioni fondamentali della psicologia.
Attraverso il metodo psicostorico si sono indagate personalità eminenti quale , ad es., quella di Martin Lutero (Cfr.E.Rivari, La mente e il carattere di Lutero, 1914), nonchè aspetti fondamentali della mentalità, delle istituzioni e del costume degli uomini dei secoli passati.
Rispetto all’approccio psicologico, con cui Welti ha indagato anche le vicende dell’esule Bonifacio, lo storico svizzero sottolinea che esso deve fondarsi comunque sempre su una solida base filologico-documentaria , al fine di evitare di ricadere nel romanzo storico, con i suoi inevitabili caratteri di finzione letteraria. Anche se lo scopo della ricerca storica resta quello di giungere ad una ricostruzione verosimile della realtà dei fatti, fondata sui documenti, un utile contributo può comunque venire , come già detto, anche dalle discipline psicologiche, che possono rivelare aspetti delle personalità e dei popoli del passato spesso non sufficientemente illuminati dalla tradizionale documentazione d’archivio.
Il ricercatore che si avvale del metodo psicostorico non esita ad indagare anche gli aspetti più reconditi delle figure del passato, come, ad esempio, la vita sessuale ed i rapporti familiari e sentimentali, allo scopo di fornire un quadro più esaustivo delle personalità studiate.
Il prof.Welti ha già prodotto una serie significativa di pubblicazioni sull’argomento, che, redatte in tedesco, attendono solo di essere tradotte in lingua italiana e diffuse presso il grande pubblico. E se è vero che un romanzo come Anna Karenina può fornire una serie di indicazioni più che attendibili sulla società russa dell’Ottocento, al pari di ogni ricerca storica puntuale condotta sull’argomento, è prevedibile che gli studi psicostorici avranno ancora lunga vita.
Conosco i lavori del Welti su Gianbernardino Bonifacio. Si tratta di studi molto validi, che ho avuto il piacere di consultare nel corso di una mia ricerca sull’araldica della nobile famiglia cui apparteneva il marchese di Oria.
Gent.mo Sig.Semeraro,cosa è emerso dallo studio sull’araldica della famiglia Bonifacio?
Peccato non ha risposto.