di Rocco Boccadamo
Era conosciuto e indicato da tutti come Vicenzu ‘u cuzzune. E ciò, verosimilmente, per via delle sue caratteristiche fisiche: bassissima statura, grassottello, schiena curva, quasi ripiegato su se stesso, mantello scuro indosso pressoché in tutte le stagioni, cappellaccio di analoga tonalità cromatica sul capo e schiacciato sulla fronte, immancabile mezzo sigaro toscano in bocca.
Il buon uomo conferiva, insomma, l’idea – la raffigurazione in tal senso era assolutamente benevola e priva di pensieri e intenzioni dispregiativi – di una grossa lumaca a striature alternate tra il marrone e il beige, giustappunto di un cuzzune, come, da queste parti, è comunemente chiamato il mite, lento e anche gustoso, se preparato, cucinato e cotto a puntino, animaletto in discorso.
Di poche parole, semplice e umile nei rapporti con i compaesani.
Per i suoi spostamenti, finalizzati all’attività lavorativa come anche a carattere generale, Vicenzu aveva e utilizzava un unico “mezzo” che gli rimase accanto, ininterrottamente, per lunghi decenni, cioè a dire un asinello. Bestia, oltre che estremamente docile, anch’essa di modesta stazza: con un pizzico di fantasia, proiettando la strana, stravagante e improbabile sequenza dell’animale e del suo padrone sovrapposti l’uno all’altro, si sarebbe ottenuto un perfetto combacio.
Ritornando alle azioni concrete, il ciuchino faceva fronte ai servigi richiestigli dal proprietario – utente con efficienza e puntualità, nonostante, talvolta, i fastidi e le interferenze frapposti alla coppia cavalcatura/cavaliere da noi ragazzi discoletti, servendoci di sottili bastoni, ricavati da rami o spuntoni d’ulivo, che impugnavamo, seguendo da vicino la lenta andatura del “mezzo”, per accarezzare (si fa per dire), a intervalli, un particolare punto delle terga del mansueto, utile e innocente quadrupede.
Però, a siffatte sollecitazioni o intrusioni, la povera bestia non poteva non maturare una reazione, quanto meno passava a scalciare, la qual cosa minava il già incerto equilibrio di Vicenzu sulla groppa dell’asino.
Vacillava l’uomo, un po’ impacciato dal particolare di non poter girarsi verso l’indietro e così affrontare, con uno sguardo diretto e severo e abbinate parole di rimprovero, i gruppuscoli di molestatori.
Finché, noi non ci stancavamo, o meglio annoiavamo, delle deprecabili “torture” e lasciavamo l’asino e il trasportato a proseguire in santa pace il loro percorso. Purtroppo, le “attenzioni” all’indirizzo di Vicenzu – opera di ragazzini, è vero, e però, ugualmente, simil teppistiche – non si esaurivano lì, ma erano, al contrario, replicate alla prima occasione che veniva a profilarsi successivamente.
Non conosco con precisione i termini della stagione esistenziale dell’animale di cui narro, giacché, dopo un po’ di anni dalle prodezze cui contribuivo, partii dal paesello per ragioni di lavoro.
Invece, so perfettamente che il compaesano Vicenzu ‘u cuzzune ebbe vita lunga e, quindi, agio di trascorrere una discreta vecchiaia in semplicità, anche dopo la rinuncia a recarsi al lavoro e a sbrigare altre varie incombenze a cavallo del proprio quadrupede.
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E oggi, noi tutti, da giovani o nella media età o da anziani, come siamo combinati a proposito di mezzi di trasporto?
Non si riscontra più, ovviamente, la minima traccia dell’esercizio e/o di pratiche di spostamenti del genere dell’antico personaggio marittimese.
Come pure, si deve registrare che ciascuno, per le esigenze personali o famigliari, si determina a cambiare, nel corso degli anni, assai più di un solo mezzo di trasporto, indifferentemente, vuoi che si tratti di bicicletta, o moto o autovettura.
Fra nuovi acquisti e sostituzioni di veicoli vecchi con altrettanti nuovi, si anima un mercato settoriale ampio, interessante, vivace, con fatturati ingenti; e di riflesso, si dà vita e voce a un battage pubblicitario quasi da primato, con annunci, profferte e sollecitazioni in ogni ora del giorno e della notte.
Siamo incalzati fino alla noia e al fastidio, con carrellate di prospettazioni di miracoli e opportunità assolutamente da non perdere. Appena per citare qualche chicca, utilitarie mirabolanti a soli 8.950 euro o “salotti” di media cilindrata ad appena 19.800 euro o, montando più su come classe, capolavori al corrispettivo di 23.500 euro.
Cifre, chiaramente, di tutto riguardo se non ingenti, ma, nel contesto in riferimento, propinate a guisa di “leggeri” sacchi di noccioline.