di Armando Polito
I diari di viaggio (in linguaggio tecnico letteratura odeporica) ebbero particolare fortuna tra il XVIII e il XIX secolo. Il più delle volte lavori di questo tipo erano corredati di tavole realizzate da un disegnatore che il viaggiatore si portava al seguito. È il caso, per esempio, del viaggio nel Regno delle due Sicilie fatto dal 10 aprile al 12 agosto 1778 dagli olandesi Willem Carel Dierkens, Willem Hendrik van Nieuwerkerke, Nathaniel Thornbury, Nicolaas Ten Hove, con al seguito il pittore svizzero Abraham Louis Rodolphe Ducros (per Brindisi vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/30/il-salento-in-ventiquattro-immagini-di-abraham-louis-rodolphe-ducros-16-brindisi/). Più raramente autore del testo e delle tavole era la stessa persona. È questo il caso di Antoine Laurent Castellan (1772-1838), letterato e pittore francese e del suo Lettres sur l’Italie, Nepveu, Parigi, 1819, diario del suo viaggio in Italia redatto in forma epistolare. A Brindisi, che è l’argomento di questo post, fu dedicato un numero notevole di pagine e di tavole. Questa attenzione fu dovuta, però, unicamente ad una quarantena nel porto della città salentina, il che, probabilmente, gli permise di programmare meglio quelle che furono le mete di osservazione alla fine del periodo di relativo isolamento ridotto, comunque, a ventotto giorni, per giunta calcolati da quello della partenza da Corfù. Chi ha interesse a conoscerle può leggere il volume al link https://archive.org/stream/lettressurlitali01cast#page/n0/mode/2up.
Dal primo tomo ho tratto le tavole relative a questa città salentina, di seguito riprodotte; non ho potuto rinunciare, laddove le risorse della rete me lo hanno consentito, ad una comparazione cronologica ed in tal senso l’invito alla collaborazione per colmare almeno in parte le lacune è aperto a tutti …
Il primo disegno sembra una libera elaborazione, troppo libera soprattutto nel piano superiore, della facciata della Chiesa del Cristo (di seguito nell’immagine tratta da http://www.malvasiabrindisi.com/it/cosa-vedere-a-brindisi/) a Brindisi contaminata con quella di San Lorenzo da Brindisi a Roma (immagine tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Lorenzo_da_Brindisi#/media/File:Ludovisi_-_S._Lorenzo_da_Brindisi.JPG).
Buio pesto per l’identificazione del dettaglio del secondo disegno.
Com’è noto, della seconda colonna crollata nel 1528 rimane solo la base (il resto, recuperato, fu assemblato e adattato nel 1660 a Lecce su una nuova base ed è la colonna che si vede in piazza S. Oronzo). Di quella superstite ecco la descrizione fattane da Andrea Pigonati in Memoria del riaprimento del porto di Brindisi sotto il regno di Ferdinando IV, Morelli, Napoli, 1781, p. 14: È questa colonna d’ordine composito, il fusto di marmo bigio orientale, ed il piedestallo, e capitello di marmo bianco. Il capitello è adorno di dodeci figure a mezzo busto, quattro situate in mezzo delle quattro faccie rappresentano Giove, Nettuno, Pallade e Marte, gli altri otto sono Tritoni, che colle bucine rivolte formano li caulicoli del capitello. Sopra di questo vi è un architrave, e fregio circolare, forse rappresentava il modio o base di qualche statua, o altro segno. Si sono da taluni credute ad uso di faro; ma io credo dinotavano li termini delle vie Romane (a).
(a) Nella faccia d’un piedistallo, sul quale esiste in piedi la colonna, vi è incisa in caratteri Gotici un pezzo d’iscrizione, come sotto si trascrive, il resto, che manca, non fu mai inciso.
Illustris Pius actibus atque refulgens
Protospata Lupus Urbem hanc struxit ab imo.
Quam Imperatores Pontificesque benigni
[mia traduzione: Lupo Protospata, illustre, pio e splendente nelle (sue) gesta, costruì questa città dalle fondamenta. Quella che imperatori e pontefici benigni. Non escluderei che l’iscrizione continuasse sul basamento dell’altra colonna e che il tempo nonché, a suo tempo, il danno provocato dalla caduta ne abbiano completamente obliterato le lettere].
Vi è stato un Lupo Protospata nativo di Puglia, questi, così forse chiamato per la carica di primo Capitano delle Guardie, visse nel principio del XI. Secolo, e compose una Cronica di tutto ciò che era passato di più memorabile nel Regno di Napoli dopo l’anno 860. Fino al 1102., e siccome in questa Cronaca nulla si legge della riedificazione di Brindisi, come dice l’Iscrizione, facilmente dee credersi, che sia stato altro Lupo Protospataro il riedificatore di detta Città, mentre il nome Protospata fu nome di carica Militare sotto gl’Imperatori Greci ne’ templi bassi.
Dopo questo ampio excursus iconografico è il momento di passare ad un brano dell’ottava lettera (pp. 66-67) datata 20 agosto 1797, in cui il Castellan scrive (il testo originale è tratto dal link riportato all’inizio, la traduzione a fronte e le note sono mie).
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Per concludere tornando al titolo: brindisi è per tutti gli etimologi di origine germanica (lode all’anonimo traduttore di Johann Hermann von Riedesel!) e per Brindisi, per non allungare la brodaglia, rinvio a https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/09/09/brindisi-e-il-suo-porto-cornuto/.
La seconda quella non identificata è la vista dal basso della collina della chiesa di Cristo con annesso convento poi “La Ragioneria”. Era a guardia della “porta dell’inferi” posta alle spalle. Fu sede dell’albero della cuccagna usato per dissuadere, simulando, gli spagnoli dall’assedio lungo (fine 600) appendendo falsi formaggi e conigli che altro non erano “zucculuni” e scarpe rotte ed inscenando con canti e balli, anche un torneo con palla di pezza. Gli spagnoli dissuasi dalla resitenza dei brindisini tolsero il disturbo mentre la fame e dissenteria decimava al contrario i brindisino. In basso il porto degli inferi accoglieva durante le crociate la nave dei morti con gli appestati deceduti ed erano guidate dai greci e spogliati da armi e vestiti e poi bruciati dai giudei di Brindisi. Le minoranze abitavano insieme dopo alla “Rabbia” ai lati della città sulla via Lata.
Grazie per la preziosa integrazione.
Credo che il secondo disegno riproduca luoghi vicini alla chiesa di San Paolo.
Confermo, la tesi di Rodolfo Gatti, anche se l’autore come si evince dalle altre immagini ha lavorato un po di fantasia. Comunque sulla sinistra si intravede un pezzo del “ponte nuovo” (mi pare) e sullo sfondo della chiesa di Cristo, la parte superiore della chiesa degli Angeli, anche se non vi è traccia delle mura perimetrali tutt’ora esistenti. Credo che l’autore si trovasse in una posizione sopraelevata, sulla riva opposta (dall’altro lato del ponte, allora il seno di levante era più esteso di oggi)
[…] lui ho già avuto occasione di occuparmi nel post C’è Brindisi e brindisi (https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/11/09/ce-brindisi-e-brindisi/) al quale rinvio il lettore desideroso di saperne di […]