di Armando Polito
Questo post non sarebbe nato senza Facebook, che quotidianamente, appena lo apri, ti spara una serie di proposte legate a tue abitudini di navigazione o alle amicizie che hai chiesto e ottenuto o concesso su richiesta, oppure alla iscrizione a qualche gruppo. E quotidianamente, se navighi, devi provvedere a svuotare la tua casella di posta elettronica, controllando solo le notifiche legate agli episodi di “consenso elettronico” che ricordi, correndo così il rischio, con questo controllo sommario, di perderti qualcosa di non banale. Tra le notifiche che mai cestino superficialmente ci sono, però, periodicamente quelle che riguardano il gruppo Fra le “SCRASCE”, in cui alcune discussioni hanno attratto la mia attenzione e mi hanno ispirato nella stesura di più di uno dei post che compaiono in questo blog e quello che state leggendo oggi è proprio uno di questi.
In data 15 ottobre u. s. la signora Maria Luisa Viva postava su Fra le “SCRASCE” la foto di testa col titolo LE PIANTE GRASSE E IL “PILUNE” (cortile di Torrepadali). Sorvolo sui complimenti fatti all’autrice della foto anche per la composizione che essa mostra (complimenti ai quali, comunque, oggi mi associo anch’io, notando solo, ad essere pignoli, che, forse potevano essere momentaneamente rimossi il mattone a sinistra e la lastra di marmo a destra) e passo a riportare fedelmente (in questo caso: benedetto copia-incolla!) i commenti più significativi ai fini di questo mio intervento, tutti, da notare, firmati con nomi e cognomi che sembrano autentici, cioè di umani, non di extraterrestri, come spesso capita d’incontrare in rete.
Vincenzo Pasquale Distratis: Acquaru…piloni è otra cosa…
Marisa Papadia: Acquari,pilune: che differenza c’è?
Vincenzo Pasquale Distratis a Manduria: Aquaru è di solito una cisterna interrata, in muratura quelli vecchi in cemento quelli più recenti. Lu piloni è un recipiente grosso o piccolo che serviva per diversi usi, da abbeveratoio, contentore per fare la conza col solfato di rame o per ppuggiaturu durante la vendemmia….più o meno..
Maria Luisa Viva Solo questo è il significato di ” pilune” ? Forse nel basso salento indica altro. …
Favale Marilena: Quando ero piccola, abitavo, in campagna, c’era la cisterna, era col coperchio, e c’era Lu pilune, era aperto, prendevano l’acqua per innaffiare,
Assunta Brai: Lu pilune era annesso alle case di campagna, accanto al pozzo.
Rosaria Panico: lu pilone e dove mettevano l’acque .per innaffiare .oppure mettere il verderame ..per le vigne..
Giuseppe Merico: è nu pustale….no pilune
Maria Luisa Viva: Cce gge u pustale, Giuseppe Merico?
Giuseppe Merico: è il pozzo oppure la cisterna….
Giuseppe Merico: nn mi viene il termine Maria Luisa Viva
Maria Luisa Viva: Spiega con parole tue, Giuseppe Merico
Giuseppe Merico: è il postale della cisterna come in questo caso….certi erano tt un blocco di pietra leccese, altri cosrtuiti con i tufi normali
Armando Polito: Se può interessare: pustale è deformazione di puteale [dal latino puteàle(m), aggettivo da pùteus=pozzo)]
Giuseppe Merico: mai studiato il latino…..ma postale cmq mi sembra un termine italiano.
Armando Polito: L’italiano “postale” è aggettivo da “posta”, che, come lei saprà, ha tanti significati. L’unico che potrebbe avere rapporti con il nostro oggetto sarebbe quello di “collocazione”, troppo vago per la destinazione ben precisa del manufatto in questione.
Vincenzo Pasquale Distratis: Putali…no pustali..
Armando Polito: La correzione del signor Distratis (Non “pustali” ma “putali”), anche se porta acqua al mio mulino, implica da parte mia un intervento piuttosto articolato, che, perciò, non può essere qui condensato in poche righe. Do appuntamento agli interessati fra qualche giorno (al massimo tre) su https://www.fondazioneterradotranto.it/
Quando si discute di termini dialettali tanto il lettore comune quanto lo specialista non possono fare a meno, e non solo nel dubbio, a ricorrere al Vocabolario dei dialetti salentini del Rholfs, che, pur con le sue imprecisioni e qualche abbaglio, rimane a distanza, ormai, di quasi quarant’anni una sorta di vangelo nel suo campo. Lì chi cerca un vocabolo può trovare la definizione, le località d’uso della voce e delle sue varianti, nonché l’etimologia.
Ecco i dati che ho estrapolato per le voci che ci interessano
acquaru (Carovigno) guazzatoio, grande cisterna. di acquaru il Rohlfs non propone nessuna etimologia perché appare fin troppo scontato che esso corrisponde all’italiano acquario, che è dal latino aquàriu(m)=cisterna, forma aggettivale da aqua=acqua.
pilune (Otranto), pilone (Carovigno [e, aggiungo io, Nardò], piloni (Manduria):tutti col significato di grande vasca di pietra negli orti, pila che serve da mangiatoia. Per Avetrana e Maruggio pilone è registrato col significato di alveare di tufo. Aggiungo che anche per questa voce per questa vocfe manca l’etimo, ma anche qui è chiaro che pilune e compagni sono tutti accrescitivi di pila nel suo significato originario latino di mortaio, tinozza del lavandaio; il latino pila, poi è dal verbo pìnsere o pìsere=battere, pestare. A tal proposito ricordo alle generazioni più giovani che la pila e il contiguo puzzu, costituivano nei tempi passati la lavatrice di quei tempi, una sorta di lavaggio a freddo, spesso preliminare a quello a caldo, cioè al còfanu, solo che il motore e l’energia elettrica era costituito dalle braccia di chi attingeva l’acqua dal pozzo e lavava …
pustale (Casarano, Parabita, Ruffano) muretto del pozzo, bocca della cisterna; vedi pistale. Per quanto riguarda l’etimo non viene avanzata nessuna proposta.
pistale (Salve), pustale (Gagliano), pastale (Specchia) bocca della cisterna; pastale (Tricase) mortaio per pestare il grano; vedi pustale. Anche per questa voce nessuna proposta etimologica. Tuttavia, il rinvio da pustale a pistale e viceversa autorizza a pensare che il Rohlfs avesse quanto meno il sospetto che le due voci avessero la stessa origine.
Mi meraviglio come un filologo della sua fama non abbia pensato che il pastale di Tricase fosse sì da associare a pustale, ma non ai due prima riportati, bensì ad un latino *pistale(m), forma aggettivale da pistum, supino del citato pìnsere=pestare, battere. E, per concludere, mi meraviglio pure che per il pistale di Salve, il pustale di Gagliano e il pastale di Specchia non gli sia venuto in mente il puteale da me ricordato. Se ciò fosse avvenuto, il Maestro, sulla scorta dei punti di contatto tra il parapetto di una cisterna o, meglio, di un pozzo che può essere considerato un grande contenitore per lo più cilindrico e quello di una vasca (per gli usi del nostro caso generalmente un parallelepipedo), avrebbe messo in campo quantomeno un probabile incrocio. Forse non lo ha fatto (e la mia meraviglia a questo punto si ridimensiona) solo perché ha tenuto presenti queste parole che si leggono nella sua opera a p. 9 dell’introduzione: In altri casi, in cui la storia della parola non è ancor ben chiarita, abbiamo preferito non sforzar l’etimologia, lasciando agli studiosi che verranno dopo di noi, il compito di approfondire la questione. Non ho la presunzione di annoverarmi tra quegli studiosi, ma mi auguro attraverso queste righe di incontrare qualcuno che lo sia, che abbia approfondito il nostro caso e che abbia la bontà di comunicarci i risultati delle sue indagini.
E veniamo al putali del signor Distratis con il quale il lettore dovrà prendersela se infastidito da quanto finora ho letto (però, se la lettura gli dava fastidio, poteva interromperla) …
Nel vocabolario del Rohlfs putali non è registrato, al contrario di putari (Avetrana e Manduria) e di pitàru (Mesagne) col significato di alto vaso di creta per tenervi olio o ulive. Segue l’etimologia [dal greco πιθάριον (leggi pithàrion)=piccola botte, orcio, diminutivo di πίθος (leggi pithos)=botte, di creta o di legno] e il rinvio alla figura che di seguito riproduco e alle varianti pitaru (Mesagne), pidaru (Carovigno), pisari (Casarano, Cutrofiano, Galatina, Gallipoli, Maglie, Muro Leccese, Nardò [sono di Nardò e non l’ho mai sentito], Avetrana), pitale (Grottaglie).
Il putari o pitaru, insomma è il recipiente che a Nardò e in altre zone si chiama capasa. E, per chiudere in bellezza (?) dico che la variante di Grottaglie (pitale) ha il suo esatto corrispondente nell’italiano pitale che, però, assume il significato di orinale e, addirittura, in Moravia uno molto vicino al nostro càntaru (La ciociara: … aprii i due i due comodini: contenevano due pitali alti alti, stretti stretti, senza impugnatura, simili a due tubi, di porcellana bianca a fiori rosa). E pensare che quest’ultimo deriva dal greco κάνθαρος (leggi càntharos)=coppa per bere …