Premessa al volume di Alessio Palumbo
Agosto 1647. Le teste di sei chierici neretini sono macabramente esposte, come lugubre monito, sul sedile cittadino, accanto a quelle di due cittadini che hanno subito la medesima sorte. A pochi metri da lì, il corpo dell’ottantasettenne barone Sambiasi, appeso per un piede, è lasciato penzolare esanime dalla forca. È l’apice, non certo la conclusione, di una rivolta che per giorni ha infiammato le strade di Nardò, antica città della Terra d’Otranto, e ha spinto i neretini a serrare le porte urbiche, lottando disperatamente per difendere i propri diritti e le proprie libertà dai soprusi perpetrati dall’antico feudatario. Un evento eccezionale ma non unico, né tantomeno isolato.
La rivolta neretina è infatti contemporanea a tante altre che squassano, alla fine della prima metà del Seicento, Napoli, il sud Italia ed altri luoghi della cristianità. Nell’estate del 1647 in tutto il meridione serpeggia lo spirito dell’insurrezione: l’esempio della capitale spinge le città, i borghi e le campagne del viceregno ad insorgere. Contro le gabelle, contro la fame, contro i nuovi affaristi venuti da fuori, contro le angherie e le vessazioni dei propri signori feudali: il popolo, spesso spalleggiato (a volte manovrato) dal clero e dai nobili, si ribella. Non ci troviamo di fronte a scoppi di collera occasionali o contingenti, bensì a rivolte figlie del secolo e dei numerosi mali che lo tormentano.
Anche nei fatti di Nardò ritroviamo, seppur in scala ridotta, alcune delle principali ragioni che hanno indotto numerosi storici a definire il XVII secolo come l’età della crisi: il feudalesimo rampante, pronto a recuperare in maniera violenta un ruolo di prestigio ed una potenza che la crisi economica e le nuove dinamiche sociali hanno messo in serio pericolo; la povertà che attanaglia i popoli dell’area mediterranea, oramai lontana dai nuovi traffici oceanici; il fallimento della Spagna, gigante dai piedi d’argilla che, piegato su se stesso, trascina nel declino i suoi stati satellite in un vortice di corruzione, fiscalismo, squilibri sociali, carestie; i costi, non solo monetari, delle numerose guerre che insanguinano l’Europa.
Questi ed altri fattori, con diversa incidenza, interagiscono in modo alchemico creando, a Nardò come in altri luoghi della tormentata Europa seicentesca, una situazione letteralmente esplosiva. I moti di cui andremo a parlare deflagrano in un continente reduce da trent’anni di lotte intestine; in un regno, quello di Napoli, che sembra oramai incapace di slegarsi dal mesto tramonto della Spagna; in una provincia, la Terra d’Otranto, povera e lontana dal cuore dell’impero, ma allo stesso tempo ambita da vecchi e nuovi conquistatori.
Nei primi due capitoli di questo libro cercheremo di mettere in evidenza le principali cause internazionali, nazionali e locali, che portarono alla rivolta. In molti casi, si farà solo cenno ad eventi, congiunture e fasi storiche: ciò per evitare di annoiare il lettore con nozioni o notizie probabilmente già conosciute o che comunque potrebbero essere ricavate con maggiore completezza da altre opere. Nondimeno, in questo rapido excursus storico, saranno opportunamente rimarcati quei fattori che hanno avuto un influsso sicuramente preminente nella rivolta.
Il terzo e quarto capitolo saranno dedicati alla ribellione neretina. La ricostruzione degli eventi ruoterà attorno ad una data, il 20 agosto 1647, fulcro e punto di svolta dell’intera vicenda e si avvarrà del supporto di testimonianze coeve, quali i diari di Francesco Capecelatro e dell’abate neretino Giovan Battista Biscozzi, di opere storiche “classiche”, come l’ottocentesca Nardò e Terra d’Otranto nei moti del 1647-1648 di Ludovico Pepe, di ricostruzioni più o meno recenti e di fonti archivistiche. Una particolare attenzione sarà dedicata alle carte del processo condotto dal governatore Carlo Manca contro i rivoltosi: le deposizioni di questi ultimi si dimostreranno un utile spunto di riflessione sulla lotta di potere che si trova alla base della ribellione, sulle strategie poste in atto da vittime e carnefici, sullo stesso valore delle fonti documentali.
Infine, il quinto capitolo rappresenterà l’epilogo. Una lunga conclusione, che si protrarrà con fasi alterne per oltre un quindicennio e porterà gli accadimenti neretini all’attenzione della stessa corte di Spagna. La lotta armata lascerà il posto alle controversie giuridiche, ai ricorsi ed i controricorsi, fino a giungere ad un finale che, per molti versi, non accontenta nessuna delle parti in gioco.