di Rocco Boccadamo
Dal soffitto della piccola e preferita stanza, affacciata civettuola su pini e ulivi, vorticano, a mezza velocità, tre pale chiare, che agitano la massa d’aria racchiusa fra le pareti e/o andante, dentro fuori, attraverso le feritoie delle tapparelle.
Ne derivano, rivoli di ventate, non importa se del tutto naturale o forzose, mai così confortevoli, che, provvidenzialmente, aiutano a respirare, a trovare sollievo nell’attuale fase di calura, obiettivamente decisa se non opprimente.
Non annoi il particolare, ricorso alle pale, giacché l’eremita della “Pasturizza”, da alcuni anni, la scelto di tener mute le bocchette seducenti e, bisogna riconoscerlo, senz’altro più attuali ed efficaci, del climatizzatore.
Del resto, non c’è che dire, ogni età viaggia e si accompagna a determinati effetti collaterali o a problemi di controindicazione.
Oggi, ricorre la vigilia del 15 del mese vacanziero per antonomasia, della festa dell’Assunta, come a me piace appellare il giorno, in luogo della definizione diffusa e modaiola.
Per mia buona sorte, non vado registrando unicamente la spinta salutare delle pale appese un po’ in alto, ma anche, finalmente, la spinta al ritorno alle dita impugnanti una penna.
Mi riabbraccio con la diletta sorella scrittura, dopo una lunga parentesi, quanto meno tre stagioni nel senso astronomico, d’abbandono, apatia, riluttanza, deconcentrazione, invero mai capitatami durante i tre lustri di narrazione, racconti, materiale ed effettivo trasferimento d’emozioni, volti, luoghi, immagini, storie, dalla mente e dal cuore al fedele foglio, alle abituali e copiose raccolte.
Guarda caso, mi piace molto annotare questa concomitanza, proprio nell’odierna mattinata, in occasione di un breve incontro, la giovane amica Ada mi ha lasciato in dono il suo volumetto di poesie avente per titolo “Emozioni del tempo”.
Laddove, io, ragazzo di ieri, sono consapevole che, rovesciando le parole, devo vivere il tempo che mi rimane con l’accortezza di non fargli mancare, neppure per un istante, la compagnia, giustappunto, delle emozioni.
Insomma, se mi è permesso l’auspicio, siano, le presenti righe, benvenute e salutari al pari e ancora di più delle pale del ventilatore richiamato all’inizio.
Stamani, come successo durante tutta la settimana, la mia sveglia ha suonato di buon ora e, alle 6:00, mi trovavo già alla “Marina ‘u tinente”, per portare a compimento un’operazione agricola caratteristica e fondamentale in questa stagione: la raccolta con un rastrello, in piccoli mucchietti opportunamente posizionati e distanziati ai piedi dei giovani ulivi, delle erbacce, rasate, quando non sradicate, mediante il decespugliatore, nello scorso mese di luglio.
In stagioni lontane, i miei famigliari o compaesani erano soliti porre in atto l’intervento in discorso, con l’analogo scopo di liberare e far meglio respirare gli strati di terra rossa, in un’unica fase, detta “roncatura”, imperniata su forza di mani, braccia, spalle, gambe, ovviamente fra bagni di sudore, questi ultimi immancabili e inevitabili pure adesso.
S’è trattato, non v’è dubbio, di un lavoro un tantino faticoso, e però l’esecutore, lungo la sequenza dei terrazzamenti della predetta Marina, che s’arrampicano progressivamente sino a un dislivello di quarantacinque metri, ha avuto, in cambio, la gioia d’essere ripagato, da un lato dalla vicinanza con il silenzio più assoluto e corroborante, dall’altro dalla visione, sull’arco d’orizzonte di fronte, della prima ascesa del sole, una palla coloro rosso acceso e vivo d’autentico sogno e dell’incantevole tratto costiero in direzione S. Maria di Leuca.
Inoltre, a fatica agricola ultimata, sul percorso di ritorno a casa in scooter, non sono mancate due istantanee felici, in linea o in qualche modo collegate con lo scenario appena vissuto.
Prima immagine, sotto un secolare albero d’ulivo, in un appezzamento di sua proprietà, l’anziano amico e compaesano Angelo, da giovane tenace lavoratore dei campi ma anche suonatore d’armonica a bocca, ora un po’ limitato nell’incedere e nei movimenti, intento a spargere intorno alla pianta un bel quantitativo di bucce o scorze di frutti di fico d’India, chiaramente con finalità di ammirevole e lodevole concimazione naturale.
Seconda sequenza, poco più avanti, in un altro fondicello, ecco Orlando, intorno ai novanta compleanni, il quale più facilmente del primo si muove ancora in sella a uno scooter che, da parte sua, d’anni d’immatricolazione, ne conta all’incirca la metà di quelli del proprietario guidatore.
Orlando, dunque, occupato a raccogliere, con l’ausilio di un coltellino e senza tema di pungersi le dita con le spine dei fichi d’India, un bel mucchio di tali gustosi frutti di stagione.
Ritornando al titolo di queste righe, io, rispettando la consuetudine, nell’entrante festività dell’Assunzione di Maria in cielo, mi riprometto di sottolineare la ricorrenza non seguendo le ritualità e abitudini quotidiane – commissioni varie, uscite in barca – bensì con due piccoli, e tuttavia per me assai indicativi, accenti: indifferente al traffico accentuato e alle moltitudini di turisti e bagnanti, compirò una lunga camminata da Marittima a Castro e viceversa, con passaggio e una breve sosta, verso la fine , fra conosciuti vialetti di cipressi, per un saluto e l’augurio di “Buona festa dell’Assunta” ai miei.
la visione o rivisitazione di “certo tempo” ha il senso sempre delle cose buone: salutare all’animo, che , dirti grazie è poco –saluti e cordialità peppino .