di Armando Polito
Don’t shot the pianista (Non sparate sul pianista) recitava un cartello apposto dal proprietario del saloon nel Far West, poiché il locale, essendo frequentato da personaggi di vario tipo, era soggetto a risse che potevano degenerare. Secondo me, e attribuisco alle genti di origine non latina un senso dell’ironia che mai hanno avuto, in più di un caso il pianista fu vittima non di un proiettile vagante, ma delle sue scarse doti artistiche …
Dal Far West ai giorni della mia fanciullezza, quando sui mezzi pubblici campeggiava ben visibile (come oggi non succede sui moduli di contratti assicurativi, bancari, etc. etc., nonché sulle etichette a norma UE; era da appena una settimana che non la mettevo in mezzo) il cartello È severamente vietato parlare al conducente. Immaginatevi quel povero cristo di tranviere romano costretto a non rispondere alla passeggera sexy che, magari con fare ammiccante, gli aveva posto la domanda: C’è una fermata in via Scopatori segreti?1.
Per quanto detto, e operando con quello che in linguistica si chiama incrocio, non parlerò al pianista (inteso come musicista che suona il piano, non nel significato neologico non ancora registrato di chi ne tira uno di tipo geometrico o di altro tipo moralmente eccepibile …), che non c’è, e non sparerò, in assenza del conducente, nemmeno sul conduttore, nel nostro caso Osvaldo Bevilacqua, e sulle sue consolidatissime vesti (vista l’età cominciano ad apparire un po’ sdrucite …) di conduttore/giornalista promotore turistico (sta bene a tutti) piuttosto che di giornalista/conduttore che scopre gli altarini (starebbe male a molti). Senza, perciò, lasciarmi influenzare più di tanto dal suo cognome che è in linea con le immancabili, televisive raccomandazioni stagionali (è dura per me, che, pur senza essere un alcolizzato, amo il vino fino ad essere giunto da ragazzo, quando mancava, ad ovviare con aceto, quello di una volta …, e zucchero), debbo però dire che la prossima volta, fossi lui, starei più attento a prestare la mia faccia ad un servizio televisivo potenziale vittima di un montaggio balordo (dando per scontata la buonafede …), che nel nostro caso ha finito per attribuire al territorio di Porto Cesareo ciò che invece appartiene a quello di Nardò.
Le personalità politiche neretine non hanno perso tempo a stracciarsi le vesti in manifestazioni di sfegatato campanilismo, inattese e insospettabili da parte di alcune di loro, visti i precedenti.
C’è solo da sperare che a trasmissioni melense di questo tipo chi decide il palinsesto televisivo ne affianchi altre di più ampio respiro e che magari alla serie Sereno variabile si alterni una dal titolo Nuvoloso costante, affidandone la conduzione, tanto per fare un nome, a Milena Gabanelli (i soliti idioti diranno che omina omina, cioè i nomi sono presagi, dimenticando che Gabanelli si può collegare, tutt’al più, con gabbano (corta veste da camera, camice da lavoro), voce di origine araba che non ha nulla a che fare con gabbare, che è dal francese antico gab, di origine scandinava) riservando a lei l’ingrato (e pericoloso …) compito di parlare di trivellazioni, TAP e del famigerato tubo della merda (contro il quale è nato il movimento NO-TUB2 ), attualmente, anche dopo un referendum, oggetto di ripensamento (speriamo che a furia di pensare i residui neuroni non vadano in fumo …), per colpa del quale, se sarà realizzato, certamente non potremo esibire i luoghi, tutto sommato, ancora incontaminati e le acque cristalline del filmato.
Sarà, però, difficile attribuire al GAL(eotto) del titolo il significato di intermediario d’amore, che esso assume nel celebre verso dantesco3 , certamente più nobile di quello del suo omografo4, sinonimo, in pratica, di furfante, canaglia.
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1 Non so se la via esiste, ma Scopatori segreti erano chiamati gli addetti alla cura e alla pulizia degli ambienti privati del Papa. L’attuale, molto probabilmente (e lo dico, una volta tanto, senza ombra di ironia), lascerebbe scopatori ed eliminerebbe segreti.
2 https://www.facebook.com/groups/no.tub/?fref=ts
3 Galeotto fu il libro e chi lo scrisse (Inferno, V, 137). Da Galeotto (adattamento italiano del francese Galehault), nome del principe che nei romanzi del ciclo bretone favorisce l’amore tra la regina Ginevra e il suo amico Lancillotto. Insomma un uso antonomastico come successo, per esempio, con Cicerone, usato pure come sinonimo di guida.
4 Diverso l’etimo: da galèa, ai cui banchi il condannato era costretto a remare. Variante di galèa era galera, da cui deriva l’attuale significato.