di Maria Grazia Presicce
NO, oggi non ho supplicato “ Laudato sì, mì Signore, per frate vento…” quando l’ho visto imperversare e dare “ sustentamento” alle fiamme che imperiose e alte si accanivano su un campo incolto,flagellandolo.
Mi chiedevo quale mano malvagia avesse appiccato quel fuoco che s’insediava tra i sassi, tra i verdi cespugli e mentre le fiamme crepitavano, invocavo solo “ Sor acqua” la quale è, “multo utile et umile et pretiosa e casta”, solo lei in quel frangente poteva intervenire e portare refrigerio allo sfrigolio di verde fogliame che si dissolveva tra le lingue di fuoco che ne addentavano i teneri rami. Mi pareva di sentirne gli urli, di percepirne i lamenti mentre “ Frate Focu”, inclemente, procedeva la sua corsa nel vento tra sterpi, ciuffi di mentuccia ridenti, cespugli di mirto, di lentisco, di rovi, di olivastri, di cespi di erbette innocenti. Quei gemiti, quei gridi atterriti, al passaggio infuocato nel vento, si mutavano in rivoli neri esalando nell’aria gli ultimi effluvi odorosi.
“Frate Focu” solerte il suo mandato compiva, semplicemente bruciava, inceneriva e andava, senz’affatto immaginare quanto strazio lasciava su quel suolo, quante vite in un fiat s’annientavano al suo giocondo passare.
Inerte guardavo quelle fiammate possenti, dal tormento invasa per ogni minuscola creatura che su quel lembo aveva trovato rifugio e tutela. Li vedevo atterriti fuggire e come forsennati cercare soccorso. C’erano ragni avvinti alle ragnatele, nidi d’implumi uccellini col beccuccio aperto in attesa, scarabei, maggiolini, cervoni, lucertole, milioni di solerti formiche, cavallette e tutti gli esseri del santo creato nella corsa furente soccombere fiacchi, dissolvendosi in fumo.
Mio Dio! Quanti pigolii, bisbigli, respiri, ronzii si spegnevano fiochi mentre “Frate Focu“ inclemente, spronato dal vento, avanzava lasciando dietro di sé desolazione e sgomento e terrore in chi, tra tanti esseri, era riuscito scampo a trovare.
No, “Frate Focu”, non è tuo il peccato, tu resti sempre “bello et iocundo et robustoso et forte.” Il male è di quella mano infame che, coscientemente, fuoco ha dato per puro diletto o semplicemente per qualche dispetto.
Quel verde fogliame, quelle corolle variopinte, quei fruscii, le rilucenti ragnatele sono ora cenere incolore ed inodore; sembra un mondo morto quel ritaglio nella natura immerso, e i sospiri di fumo che, dopo il flagello, lievi continuano ad effondersi invocano or pietà da Madre Terra per la sanguinante ferita.
Sì, solo lei può risanare e ridonar vita e colore a tanto tormento, a tanta vana malvagità e allora la preghiera s’alza concorde: ” Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba”.