di Armando Polito
Scrivere un necrologio è compito ingrato perché c’è sempre in agguato il rischio dello slittamento retorico e, per chi ha conosciuto personalmente il defunto, di una sorta di deriva sentimentale inconsapevolmente favorita dal distacco che è difficile, se non impossibile, mantenere in tale circostanza.
L’aver conosciuto Franco Corlianò solo attraverso i suoi scritti ed i suoi dipinti mi mette, forse, al riparo da tale rischio. Eppure rimane la paura di incappare in una nota enfatica, che striderebbe oscenamente con l’umiltà e la sensibilità cui ha improntato la sua vita e che eloquentemente traspaiono da ciò che ha voluto generosamente lasciarci in un’eredità che è allo stesso tempo materiale e spirituale. Per questo ho voluto condensare il suo ricordo in tre sole immagini, preziose perché sono le immagini più che mai “sue “.
E, pensando alla comune passione per la parola in generale e per l’etimologia in particolare, chissà se, lo dico da non credente, Franco avrà già dissolto i tanti dubbi, non solo di natura filologica, che ci accompagnano, inevitabilmente e per fortuna …, nella nostra avventura terrena.