di Armando Polito
Immagine tratta ed adattata da DronEzine ed. 5, 2014, p. 27 (https://books.google.it/books?id=Z4ETBAAAQBAJ&pg=PA27&dq=grotta+della+poesia&hl=it&sa=X&ei=sh5bVZesL4X6ywP274HIBw&ved=0CB8Q6AEwADgK#v=onepage&q=grotta%20della%20poesia&f=false)
Immagine tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Roca_Vecchia#/media/File:Roca_Vecchia_-_Grotta_della_Poesia.jpg
Nei pieghevoli turistici viene presentata come una delle più belle piscine naturali del mondo. Non è mia intenzione contestare minimamente tale classifica: sarei uno stupido autolesionista, a differenza di quei geni profittatori, anche nostrani, che hanno deciso di farvi sbarcare a poca distanza la TAP, acronimo di Trans Adriatic Pipeline, ragion per cui non so per quanto tempo ancora quel posto (inteso anche come sinonimo di luogo …) potrà essere conservato e se lo stesso toponimo, con deformazione popolare di pipeline, non cambierà in Grotta delle pippe …1
In fondo, dirà qualcuno, la nostra grotta è abituata a questo trasformismo onomastico, sul quale presento alcuni documenti (chiamarli tutti fonti mi pare esagerato) con il relativo link in calce.
a)
“Il nome di questa spettacolare piscina naturale ha una duplice storia: secondo alcuni deriva da “posia”, un termine greco-medievale che indica una “sorgente di acqua dolce”; secondo altri deriverebbe da un’antica leggenda secondo la quale una principessa bellissima era solita fare il bagno nella grotta e quando la notizia si diffuse, moltissimi poeti si recarono personalmente nella cavità naturale per comporre versi in onore della fanciulla (da qui il nome di Grotta della Poesia).”
b)
Da Cosmo Picca, Da ogni spiaggia verso nuovi orizzonti, Youcanprint, 2013
c)
Da Mimmo Ciccarese, L’Ulivo e la Mezzaluna, Simbiosis Book, 2014
d)
Da Enzo De Carlo, Quell’ultima route nel Salento, Youcanprint, 2014
e)
“Ad un posto cosí romantico non si poteva assegnare nome piú adeguato di quello che si trova ad avere, “Poesia”. Ma sull’origine autentica della denominazione del luogo è necessario dire, purtroppo, qualcosa di meno fantasioso e ancor meno… poetico! Un tempo, a quel che si dice, la “Poesia piccola” era un angolo di mare molto pescoso, tanto che era stata incorporata all’interno delle mura cittadine di Roca. Tra l’altro si fa cenno ad una nobile signora, Donna Isabella, che vi trascorreva lunghe ore del giorno a pescare. Sulla sicurezza del posto i Rocani ritenevano la “Poesia grande” l’occhio vigile del mare messo a guardia della città. Ma i marinai turchi, che dominavano i mari in quel tempo, attraverso quel budello sottomarino che congiunge la “Poesia grande” con la “Poesia piccola”, riuscirono a penetrare nella città, se ne impadronirono e la depredarono. Quando i Rocani superstiti fecero ritorno nella città distrutta, maledissero quel luogo che, da quel momento, fu chiamato, con parola greca, “prodosìa”, che vuol dire “tradimento”. Ma con il passare del tempo, la straordinaria bellezza del luogo determinò tra gli abitanti la trasformazione della parola “prodosìa” nella piú semplice e accogliente “Poesia”.”
Da Antonio Nahi, Il libro degli altri, Zane, Lecce, 2010).
Sorvolo sulla leggenda antica in a), famosa e tramandata da generazioni in b); contaminata con quella delle sirene in c)2 e della principessa bellissima in d), anche perché è complicato risalire alla prima generazione ed improbabile è il suo ritrovamento in qualche tradizione scritta; mi riservo, invece, di dire alla fine qualcosa su quella riportata in e) e per ora mi soffermo su posia (ho aggiunto l’accento per evitare equivoci). In caratteri greci sarebbe ποσία, qualificato tanto in a) quanto in b) come medioevale. In effetti nel greco classico la voce è assente ma compare come seconda parte di molte parole composte: ἀκρατοποσἱα=il bere vino puro; οἰνοποσία=il bere vino; ὑδατοποσία=il bere acqua; φαρμακοποσία= assunzione di un farmaco, φιλοποσία=passione per il bere, etc. etc.
Quasi sicuramente ci saranno molti altri vocaboli del greco classico aventi come secondo componente ποσία. Non guasterebbe se qualche studente del classico, leggendo questo post, mi inviasse, magari sotto forma di commento, l’elenco completo ricavato sfruttando le opzioni di ricerca consentite dalla versione digitale del vocabolario di Franco Montanari opzionalmente associata alla versione a stampa3.
Le voci che, non possedendo il dvd, ho ricavato “manualmente”, bastano ed avanzano, comunque, per concludere che nella lingua parlata ποσἱα esisteva perché sarebbe assurdo immaginare che una parola composta si possa essere formata se prima non esistevano singolarmente i suoi componenti. Nel nostro caso l’assenza di attestazioni scritte di ποσἱα è dovuta proprio alla sua genericità e semplicità semantica (il bere puro e semplice) che nelle voci composte ha ceduto il posto alla specializzazione del significato. Nella lingua parlata, dunque, *ποσἱα era l’atto del bere o la stessa, generica, bevanda e la parola era imparentata con πόσις=bevuta; ποτής=il bere, πότης=bevitore, tutti collegati con il verbo πίνω=bere. E alla radice ποτ- si ricollegano i latini potàre=bere (da cui potabilis=bevibile, da cui l’italiano potabile) e potio=bevanda (da cui l’italiano pozione).
Se è senz’altro plausibile che Grotta della poesia sia deformazione di un originario Grotta della posìa, non è da trascurare, tuttavia, un’altra ipotesi basata sulla leggenda riportata in e) e sulla quale, come avevo preannunciato, ritorno perché di essa abbiamo la testimonianza letteraria di Antonio De Ferraris, più noto come il Galateo. Precisamente nel capitolo II del De situ Iapygiae uscito a Basilea per i tipi di Perna nel 1553 l’umanista di Galatone scrive: Extra oppidum in medio veteris urbis locus cavus est, profundus X passibus, ad quem mare recipitur per subterraneos meatus, ut mihi visum est, non manufactus, sed natura aut fluctibus excavatos, per quos a mari ad foveam cymbis itur. Locus est vitulis marinis frequens. Eam foveam incolae Graeco nomine prodosian vocant; nos proditionem possumus dicere. Fama est per hunc quasi cuniculum urbem captam ac deletam fuisse (Al di fuori della città nel mezzo della vecchia città vi è un luogo cavo, profondo dieci passi nel quale il mare entra attraverso passaggi sotterranei, come mi è sembrato, non artificiale ma scavato dalla natura e dai flutti, attraverso i quali si va in barca dal mare alla fossa. Il luogo è popolato da vitelli marini. Gli abitanti chiamano con nome greco quella fossa prodosian4; noi possiamo dire prodizione5. Si dice che attraverso questa specie di cunicolo la città fu presa e distrutta).
Grotta della poesia, insomma, potrebbe essere deformazione non di Grotta della posìa ma di Grotta della prodosia6 ed essere, perciò, il tentativo, riuscito e supportato dalla tendenza del popolo a fraintendere e/o deformare le parole, di rimuovere un’esperienza terrificante. Acqua o non acqua, poesia o non poesia, Dio non voglia, comunque che con la TAP il prossimo toponimo sia Grotta del tradimento, anche se non connesso col ricordo del Galateo. Non sarebbe, comunque, una bella alternativa al Grotta delle pippe ventilato all’inizio.
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1 Volutamente nel significato osceno ma ulteriormente metaforizzato in quello di occasioni mancate. Pippa è forma antica di pipa ed è dal latino medioevale pipa=recipiente, canale, cornamusa. Per il tramite del francese pipe è passato tal quale nell’inglese e come primo componente del composto pipeline. Insomma, noi prestiamo le parole e gli altri si fanno i fatti propri; più idioti di così …
2 Qui, però, la contaminazione è giustificata dalla natura, per così dire, ibrida del testo (tra guida turistica, romanzo, repertorio folcloristico). Ne approfitto per ricordare che Salento è il titolo del capitolo X e Grotta della poesia quello del capitolo XI di La svolta, romanzo di Christian Miano, Youcanprint, Tricase, 2013.
3 Sarebbe interessante conoscere se, come e a qual fine tale versione risulta utilizzata laddove i ragazzi l’hanno spontaneamente, o su sollecitazione dell’insegnante, comprata. Ancora più interessante sarebbe sapere come il preside-manager-impresario-tuttofare della riforma renziana (insomma un burocrate, ancor più di quanto lo fosse prima …) o chi per lui, magari totalmente digiuno di greco e capace solo di digitare sul telefonino messaggi a velocità supersonica, farà a giudicare … e non solo questo.
4 In caratteri greci προδοσίαν, accusativo di προδοσία=tradimento. Per προδοσία vale, passo passo, quanto detto prima per tutti i composti con ποσἱα: anche qui il secondo componente (il primo è πρό=a favore di) δοσία nel greco classico non è attestato, ma ci sono δόσις=il donare e δότης=donatore, tutti collegati con il verbo δίδωμι=donare. Sterminata, poi, la serie di vocaboli terminanti in –λογία (da λόγος=discorso).
5 L’originale proditionem è accusativo di proditio, a sua volta dal verbo pròdere=tradire, che ha gli stessi componenti della parola greca esaminata nella nota precedente: pro=a favore+dare=donare.
6 Così il Rohlfs al lemma Poesìa nel III volume del suo vocabolario: “in testi medievali Prodosìa, dal greco προδοσία=tradimento?”.
Peccato che a Prodosìa scritto, fra l’altro con l’iniziale maiuscola, non si accompagni nessuna citazione più precisa dei testi medievali in cui comparirebbe. Non vorrei che il Rohlfs si fosse fidato troppo ciecamente di qualche collaboratore che ha letto come Prodosia il Prodomia attestato nel glossario del Du Cange, il cui lemma di seguito riproduco con la mia traduzione in calce:
PRODOMIA, Tradimento. Patto tra abate ed abitanti di Anagni anno 1332 nel registro 69 Archivio regio carta 175: Questa volta siano concessi dal vicario di Anagni avvocati sicuri … per proseguire … la causa d’inquisizione pendente contro parecchi di detta università nella curia del signorre, sul fatto del tradimento.