di Giuseppe Corvaglia
Il Calvario è un monumento presente, se non in tutti, nella gran parte dei paesi del Salento.
Il modello più comune è quello a semicupola o a edicola absidata, all’interno della quale ci sono degli affreschi che raffigurano i momenti principali della passione di Gesù, come la crocifissione, la deposizione, ma anche la preghiera nell’orto degli ulivi, la flagellazione alla colonna o il cammino verso il Golgota.
In alcuni, come a Diso e Vignacastrisi, nella parte bassa viene raffigurato anche Gesù morto, deposto nel sepolcro; a Montesano e in altri posti viene riportata la deposizione dalla croce. Ai lati vengono spesso raffigurati il buon ladrone e il mal ladrone.
Di forma ad edicola absidata ne troviamo molti nel circondario (Botrugno, Castiglione, Diso, Vignacastrisi, Vitigliano, Montesano, Ruffano, Montesardo, Miggiano, Tiggiano e Tricase).
Ci sono poi Calvari a edicola poligonale (come quello di Andrano), a emiciclo o a esedra curva (come quello di Parabita) o ad esedra poligonale (come quello di Depressa), a recinto (come quello di Maglie) o, ancora, a portico, detto anche monoptero (come quello di Ortelle) o, infine, a tempietto, come quello di Spongano.
Il monumento non è stato concepito in origine per pregare solo nella Settimana Santa, ma voleva essere un monito per tutti i giorni, finalizzato al culto pubblico per il beneficio spirituale di tutta la comunità cittadina locale.
Ricordo ancora la giaculatoria da recitare quando si passava davanti: «Gesù Crocefisso, liberatemi dalle fiamme dell’inferno e dal morire dalla morte improvvisa».
La Cappella di Santa Marina
A Spongano siamo abituati a definire la zona che da piazza della Repubblica porta alla stazione, come a susu Calvariu oppure a su Santa Marina; il primo riferimento è intuitivo, ma il secondo resta solo come toponimo, perché della chiesetta di Santa Marina non c’è più traccia.
Nella zona vicino al tempietto del Calvario, a Spongano, esisteva in passato un’antica cappelletta, dedicata a Santa Marina. Di questa cappelletta l’ultima vestigia è un quadro della Santa, conservato presso la nostra Chiesa Parrocchiale.
La cappella, esistente già nel ‘700, fu demolita, essendo diventata fatiscente, e agli inizi del XX secolo fu costruita l’attuale cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù, inaugurata nel 1911.
In prossimità di questa cappella si teneva ogni anno, a luglio, una fiera con vendita del bestiame e la celebre cuccagna, in cui si cimentavano i giovani più agili del paese, sopravvissuta fino agli anni ’50.
Il Calvario
Il Calvario di Spongano si distingue da tutti gli altri Calvari salentini. L’iconografia di questa opera, particolare nel suo genere, non si affida ad immagini dipinte, ma alle formelle del timpano e viene scandita dalle epigrafi lapidee nucleo del monumento.
Il monumento, che celebra la Passione di Gesù Cristo, venne costruito nel 1871, probabilmente sulla spinta delle predicazioni dei Padri Passionisti, grazie ai fondi raccolti dalla popolazione e a un contributo della Civica Amministrazione che consentì il compimento dell’opera.
Redasse il progetto Filippo Bacile di Castiglione che elaborò un Calvario originale.
Il valente architetto, incline alla moda dell’eclettismo, scelse un’architettura classicheggiante che rievocasse il periodo storico contemporaneo a Gesù e la simbologia della passione e morte del Redentore.
Il monumento è dato da un tempietto circolare aperto e formato da colonne, disposte in cerchio, sormontate da un timpano, sovrastato da una cupola, con lesene dove sono scolpiti simboli rievocanti episodi della Passione,.
Al centro sono posti cinque parallelepipedi sormontati da croci che, da qualunque parte le si guardi sembrano tre. Sulle facce di questi parallelepipedi ci sono delle epigrafi che raccontano la vicenda di Gesù, la cui evocazione viene completata dagli oggetti scolpiti sulle lesene del timpano. Il maestro scalpellino esecutore del lavoro fu Giuseppe Pisanelli.
Epigrafi
Le Epigrafi sono il nucleo del monumento.
La lapide principale è quella dedicatoria che dice: TRIUMPHALI CRUCIS VEXILLO IN CALVARIA PRIMUM EXPLICATO SPONGANENSIUM PIETAS COLLATICIA STIPE AN. MDCCCLXXI P ( posuit) cioè “la Pietà degli Sponganesi, che raccolsero i necessari fondi per la costruzione, dedicò quest’opera nell’anno 1871 a quel trionfale vessillo che è la Croce mostrata al mondo come tale per la prima volta sul monte Calvario”.
In alto, nella parte interna, a livello del timpano, è dipinta la scritta REGNARE NESCIENS NISI IN CRUCEM REX NOSTER vale a dire “il nostro Sovrano sa regnare solo nel segno della Croce”.
Sulle restanti facce dei parallelepipedi ci sono iscrizioni che si riferiscono allo svolgersi della passione, riprendendo i cinque misteri dolorosi del Rosario.
La prima epigrafe, Orans sanguinem in sudorem emittit, fa riferimento alla preghiera che Gesù recita nell’orto degli ulivi quando, mentre sta pregando, dalla fronte geme insieme sangue e sudore.
La successiva (OBOEDIT) evidenzia come il Figlio dell’uomo abbia obbedito anche di fronte alle immani sofferenze che sapeva di dover sopportare.
La seconda iscrizione (Flagellis caeditur ad columnam) fa riferimento alla flagellazione patita da Gesù per ordine di Ponzio Pilato.
La terza parla di come sia stato incoronato con una corona di spine (Spinea redimitur corona) per dileggio.
La successiva lapide mostra ancora una sola parola, DILEXIT, che vuol dire amò, perché solo chi ama fino in fondo può sottoporsi a così dura prova.
La successiva (Crucem bajulat in Calvariam) fa riferimento alla Via Crucis quando il Redentore porta sul Monte Calvario lo strumento del suo supplizio.
L’ultima (Affixus Cruci moritur) racconta l’epilogo della vicenda che vede Gesù, crocefisso, morire sul Golgota.
Le formelle del timpano iconografia della Passione di Cristo
Il Calvario di Spongano, come abbiamo detto, è diverso dagli altri Calvari salentini, perché non affida il racconto della Passione ad immagini dipinte, ma a epigrafi e bassorilievi, scolpiti in pietra, nelle lesene del timpano, raffigurando oggetti rievocanti episodi della Passione, come nelle croci processionali usate nei riti del Venerdì Santo.
In queste formelle si possono vedere il vaso di unguenti, usato dalla Maddalena in casa di Simone per profumare anzitempo il corpo e i capelli di Gesù, la brocca e la bacinella con cui Pilato si lava le mani e le insegne del potere romano, la corona di spine, i flagelli, il pugno di ferro e la colonna dei supplizi, ma anche le lanterne e i fasci portati dai soldati andati ad arrestare Gesù nel Getsemani, e ancora la tunica tirata a sorte dai gaglioffi sotto la croce, i dadi, la lancia e la canna con la spugna, usate per dissetare e trafiggere il Crocifisso, il calice amaro della passione, il compenso e il cappio del traditore, il sudario della sepoltura e così via.
Oggi
Da tempo il Calvario compare sulle guide turistiche del paese, viene illuminato di notte e posto in bell’evidenza, ma cominciava a mostrare le crepe del tempo che si allargavano viepiù fino a metterne in pericolo la sua stabilità e la sua conservazione.
Le formelle del timpano, su cui sono scolpiti i simboli della Passione, cominciavano a deteriorarsi, alcune per l’erosione della pietra, altre per crepe nella pietra stessa.
Un albero, che casualmente si chiama Albero di Giuda (Cercis siliquastrum), aveva esteso le sue radici fin sotto i gradini del tempietto, sollevandone alcuni, e forse proprio questa spinta dal basso può essere stata la responsabile delle crepe.
Le stesse radici spingevano la balaustrata del lato sud verso l’esterno rendendola instabile. Dal lato est (lato verso la piazza) un possente pino sconvolgeva la balaustra e forse spingeva anche lui dal basso il tempietto e anche da nord l’inoffensivo e bellissimo skynus (o finto pepe) spingeva pericolosamente la balaustra e il tempietto, perché la roccia sotto di lui ne impediva la naturale propagazione delle radici .
Spongano, paese pieno di devozione e generoso, non meritava la perdita di questa importante memoria dei nostri padri, particolarmente originale e significativa.
Tuttavia non ci sono state iniziative e l’Amministrazione Comunale, non essendo proprietaria del bene, ha solo potuto tagliare e rimuovere il maestoso pino, responsabile in gran parte della instabilità della balaustra.
Non si è neppure costituito un comitato che, come hanno fatto i nostri padri nel 1870 con la raccolta di fondi per costruirlo, potesse dar vita a una iniziativa per salvarlo.
E’ vero che quando si tratta di intervenire su un bene culturale è necessaria perizia e grande competenza, non ci si può improvvisare, e bisogna dare atto che i cittadini di Spongano, in particolare quelli di S. Marina, come si chiama la zona circostante, si sono spesi per ridare dignità al luogo come hanno potuto.
Oggi il recupero di Calvario è una realtà grazie a un progetto di don Vito Catamo, emerito parroco di Spongano, progetto auspicato anche dal compianto sindaco Luigi Zacheo e coordinato dall’attuale parroco don Donato Ruggeri i quali, d’intesa con la Soprintendenza ai beni artistici e culturali e l’Ufficio diocesano dei beni culturali, hanno contribuito a realizzare un progetto che ristabilisce la stabilità e l’integrità di un monumento tanto delicato.
A compiere i lavori è stata l’impresa GEM di Marco Preite, non nuova a questo tipo di opere, avendo già ristrutturato una casa del ‘700 in via S. Leonardo e il pregiato frantoio ipogeo di Palazzo Bacile.
Così oggi il Calvario di Spongano, liberato delle insidie delle piante, ormai troppo ingombranti, e riadornato del muro perimetrale, ricostituito con il recupero della balaustra, si può ammirare nella sua nuda bellezza senza sospirare per la sua precarietà.
Ci sarà da lavorare per restaurare il tempietto e valorizzare sempre più il pregevole sito. Per quello ci auguriamo che la devozione e la generosità degli Sponganesi di oggi sappia emulare quella SPONGANENSIUM PIETAS dei loro avi, così che un domani si possa restituire il Calvario all’antica bellezza.
Bibliografia:
- G. Corvaglia, Il Calvario di Spongano sito in contrada S. Marina- Note di storia locale, 2003 Erreci Edizioni Maglie – Comune di Spongano
- http://www.comunemontesanosalentino.it/fenomeno-calvari-nel-salento
La foto del quadro è di Claudio Miccoli e l’ultima foto, attribuita a Chiarello è di Marco Preite