A rischio le vacanze estive dei ragazzi? Direi di no, sebbene ai Ministri Poletti e Giannini non vadano bene tre mesi di vacanza dalla scuola. Troppo lunghi, affermano. Occorre fare lavorare i ragazzi e allungare la permanenza a scuola. Sicuramente è possibile rimodulare il tempo estivo e coinvolgere i ragazzi in attività formative, come propone il nuovo Ddl Scuola. Occorre però dire che le vacanze servono, eccome, per ritemprare corpo e spirito. Oggi i ragazzetti in età scolare sono assorbiti da mille impegni, hanno un carico extra-scolastico che noi ai alla loro età nemmeno potevamo immaginare. Oltre ai compiti a casa, il loro tempo è preso, inghiottito, triturato, dalle continue ricerche di gruppo assegnate dagli insegnanti sui più peregrini argomenti dello scibile umano, qualsiasi cosa, purché non abbia nulla a che fare con quanto si studia a scuola. Poi dai PON (ossia i “piani operativi nazionali” finanziati dai Fondi Strutturali Europei) che quasi tutti regolarmente frequentano nel pomeriggio, almeno un giorno a settimana. Il loro tempo è risucchiato dall’attività fisica (palestra o piscina, calcio, pallavolo, tennis, karate,danza per le ragazze, ecc.), dalle lezioni di musica (pianoforte e chitarra gli strumenti più gettonati), almeno due volte a settimana, e fino al primo anno delle scuole superiori, dal Catechismo, uno o due pomeriggi a settimana anch’esso. Basta? No! La sera ci sono le feste di compleanno dei compagni di classe, ognuno invita tutti; e ancora compiti, che non hanno terminato nel pomeriggio per via delle svariate attività extracurriculari e formative, e ancora compiti… I tre mesi estivi, dunque, anche se difficilissimi da gestire per i genitori (poiché mettono a dura prova il loro fragile sistema nervoso), servono ai ragazzi per coltivare l’ozio, non il padre dei vizi, ma quello creativo, da impiegare principalmente leggendo. Niente, meglio della stagione estiva favorisce l’avvicinamento dei ragazzi alla lettura, fuori dai testi di scuola. Il termine vacanza viene dal latino vacare, cioè “esser sgombro, libero”. Dunque i fanciulli hanno bisogno di un periodo in cui sgomberare la mente dagli affanni (che pure la loro giovane età comporta) ed essere liberi da orari e imposizioni. Tolti i campus estivi, che impegnano alcuni nell’ultima metà di giugno o al massimo fino alla prima metà di luglio, gli studenti devono spezzare il ritmo quotidiano dell’anno appena trascorso. Vero che tre mesi possono sembrare troppi. È giusto che, chi può, faccia dei lavoretti, come suggerito dal ministro Poletti, che potrebbero essere strutturati come degli stage, secondo quanto propone la riforma Giannini. Ma bisogna fare attenzione perché questi stage siano ben congegnati e, sia pure modestamente, retribuiti, ché sappiamo bene quanto la formazione professionale in Italia, e in particolare al Sud, non abbia mai funzionato a dovere e che sul settore scuola-lavoro e apprendistato non si è certamente fatta una legislazione che favorisca questi strumenti formativi. Attività extracurricolari o stage erano già previsti dalla riforma Moratti, ma non sono stati messi in pratica. Come dice bene Beppe Severgnini sul “Corriere della Sera” del 24 marzo 2015, l’importante è che questi lavori non siano imbrigliati dai lacci e laccioli burocratici per i quali la nostra nazione è famosa.”Negli Usa l’impiego estivo dei ragazzi è un rito di passaggio… Ma il summer job americano è privo di qualsiasi formalità. Ehi, mi dipingi lo steccato per 100 dollari? A lavoro finito, il ragazzo intasca i 100 dollari e se ne va. Una parte di vacanza è pagata. In Italia la stessa attività violerebbe almeno dieci norme civili, fiscali, assicurative, sindacali. Il ragazzo ha partita iva? Toglie forse lavoro ad altri? Sono stati consultati gli uffici di collocamento? I contributi come vengono conteggiati? Si tratta di lavoro a chiamata? Sono stati avvertiti gli ispettori del lavoro? Il lavoratore è assicurato? Pensate cosa accadrebbe…”. Quand’ero piccolo, molti miei compagni di scuola d’estate accompagnavano i genitori in campagna, oppure andavano a bottega dal falegname, dal meccanico, dal tornitore, ecc. Io non lavoravo d’estate, i miei genitori non lo ritenevano necessario in quanto le condizioni economiche della famiglia erano agiate ma, a volte, provavo un po’ di invidia per gli amici impegnati a tagliare, saldare, trinciare, affettare, incollare, ecc. Dunque è certamente costruttivo che i ragazzi facciano degli stage lavoro, oppure, sempre attraverso la scuola, dei corsi di cittadinanza attiva, artistici, di attività fisica, ecc. Il tempo ben speso è il tempo migliore. L’importante è che le vacanze siano proficue perché gli studenti possano riprendere il nuovo anno scolastico sotto i migliori auspici.
Ormai sono fuori dai giochi da quasi quindici anni, ma questo non mi impedisce di esprimere la mia solidarietà ai colleghi impegnati in questo lavoro bellissimo, ma frustrati già ai miei tempi da una serie di proposte, che spesso di lì a poco, allora come ora, diventano provvedimenti, peraltro accettati con rassegnazione per me troppo passiva, su cui il tempo inesorabilmente esprime il suo impietoso giudizio, anche se di esso, in questa società anestetizzata dalle vuote parole e dall’apparenza, nessuno sembra in grado di rendersi conto o, il che è peggio, nemmeno lo vuole. Io trovo semplicemente osceno che la maggior parte di queste proposte siano state avanzate, e l’andazzo continua, da persone (tra queste ci metto in primis i burocrati-esperti-consiglieri) che in una classe hanno messo piede solo come studenti. Viste le proposte stesse, alcune delle quali contrastano perfino col comune buon senso, e, ancor più, i risultati, c’è da chiedersi quale sia stato all’epoca il loro profitto e come hanno fatto ad arrivare così in alto (?) …