di Armando Polito
Questo post molto probabilmente non sarebbe nato senza un altro sull’argomento, a firma di Alba De Pascali, uscito qualche giorno fa su questo blog (https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/02/24/una-varieta-di-iris-nel-salento/).
La giovane età dell’autrice conferma la mia inveterata opinione che, se i vecchi non sono a priori da rottamare, insieme con il loro prezioso carico di esperienza di vita, dai giovani, questi ultimi possono, checché si dica di loro (come se non costituissero il frutto dell’educazione, in senso etimologico …, da noi proposta con l’esempio e non rozzamente imposta), fungere da momento di ispirazione per chi è avanti negli anni, da catalizzatore per fare di uno stanco vecchio, per quanto ancora potenzialmente creativo, un vecchio concretamente creattivo (inutile cercare questa voce sul vocabolario, l’ho inventata io).
L’articolo di Alba mi ha dolcemente costretto, con il suo responsabile e motivato entusiasmo, a proporre una sorta d’integrazione divulgativa tesa a mettere in risalto della nostra essenza non solo l’innegabile bellezza e la sua importanza per la probabile natura autoctona ma la sua presenza nella storia antica dell’umanità (con risvolti, come vedremo, estremamente pratici perché attinenti al bene più prezioso, la salute), sia pur in varietà per le quali già per gli addetti ai lavori (figurarsi per me …) appare difficile l’identificazione rispetto alle attuali. Alba non me ne vorrà se per l’immagine di testa mi sono permesso di utilizzare una delle sue macro-stupende foto.
Ho pensato, così, di raccogliere le principali testimonianze degli autori greci e latini nella mia traduzione, riportando, però, in nota il testo originale in modo da consentire a chi ne ha voglia e competenza un agevole controllo (in politichese si chiamerebbe trasparenza e, proprio perché è alla base dell’autentica democrazia, tutti ne parlano, nessuno la rispetta …). Insomma un vecchio che funge da intermediario, generazionalmente e … grammaticalmente parlando, tra il passato remoto e il presente-futuro, intromettendosi con la sua competenza (almeno si spera …) settoriale tra la fresca sensibilità poetica di Alba De Pascali e l’umana e umanizzante acribia del professore Piero Medagli.
Qualcuno si ostina ancora nell’assurda idea della contrapposizione tra le due culture, c’è pure chi, scimmiottando i rigurgiti politico-economico-religiosi (non a caso ho messo questo segmento per ultimo …) in corso, va predicando la superiorità della poesia sulla scienza o viceversa. C’è chi, forse più intelligentemente, asserisce che probabilmente ci salverà la bellezza; condivido pienamente ma dico pure che anzitutto bisogna rispettarla e che per rispettarla bisogna conoscerla. Mi auguro di aver reso un po’ concreto l’astratto e se qualcuno nel corso di qualche sua passeggiata incontrando il “nostro” iris (ma il discorso vale anche per quello “altrui”; e non solo per l’iris …) si soffermasse a contemplarne la bellezza, a riflettere sulla sua storia millenaria e, soprattutto, a lasciarlo vivo e intatto nel suo habitat, allora sì queste mie parole, e quelle di Alba prima delle mie, non sarebbero state scritte invano.
Teofrasto (IV-III secolo a. C.): Quasi tutti gli aromi e odori eccetto quelli dei fiori sono secchi, caldi e astringenti, avendo pure una qualche amarezza, secondo quanto ho detto prima, come l’iris, la mirra, l’incenso … 1; Diminuisce meno il vigore dell’essenza per quelli che riscaldati assumono nobili aromi a differenza di quanto succede con quelli freddi, poiché i riscaldati si mescolano alcuni con vino profumato, altri con acqua; infatti assorbono meno. I freddi, invece, essendo seccchi, assorbono di più, come l’iris pestata. Dicono infatti che se un’anfora di iris pestata si unisce ad un medimno e due sestari, l’essenza perde molto del suo vigore, se si fa macerare moderatamente se ne ricavano due congi, il minimo. L’unguento di iris poi riesce meglio se l’iris è secca e non cotta; il vigore infatti si riduce se viene macerata e cotta2; Calda ed astringente è pure l’iris; quando è fresca è pungente oltre misura e ulcera la pelle di quelli che la maneggiano3; Molto durevoli sono l’unguento egizio, quello di iris, quello di maggiorana e quello di nardo, tra tutti di gran lunga quello che trasuda; infatti dura per moltissimo tempo. Un profumiere raccontava di aver conservato l’egizio per otto anni, quello di iris addirittura per venti e ancora risultava migliore di quelli che erano al culmine del loro vigore. In essi dunque c’è una lunga durata4; Infatti anche l’iris, come si disse, stimola l’intestino5; Alcune (radici) sono profumate, come quelle dell’iris6; Tra le aromatiche nessuna è tra queste, eccetto l’iris in Illiria e intorno all’Adriatico; qui infatti è buona per l’uso e di gran lunga migliore delle altre7; Il gladiolo è simile ad una spada, dettaglio da cui prende pure il nome; l’iris invece è più simile ad una canna8; Anche l’iris fiorisce in estate9; Le piante che si utilizzano per estrarre aromi sono pressappoco queste: cassia, cannella, cardamomo, nardo, nairon, balsamo, aspalato, storace, iris, narte, costo, panacca, croco, mirra, cipero, giunco, canna, maggiorana, loto, anice. Di questi (si usano) ora le radici, ora la corteccia, ora i ramoscelli, ora il legno, ora i semi, ora il succo, ora i fiori10;
Dioscoride (I secolo d. C.): L’iris illirica ha foglie simili a quelle del gladiolo, ma più grandi più larghe e più grasse, fiori paralleli sullo stelo, curvi, variopinti; se ne vedono infatti o di bianchi o di gialli o di purpurei o di colore azzurro cupo, donde per i vari colori viene paragonata all’arcobaleno del cielo. Le radici sono simili a ginocchia, solide, profumate e dopo il taglio bisogna seccarle all’ombra e riporle composte nel lino. Migliori sono l’illirica e la macedone e di queste la migliore è quella dalle folte radici, nana, difficile da rompere, di colore giallastro, molto profumata, alquanto bruciante al gusto, dal profumo inconfondibile, che non inumidisce e che stimola lo starnuto mentre viene pestata. La libica è di colore bianco, pungente al gusto, di minor pregio per quanto riguarda le sue proprietà. Quando invecchiano vengono divorate dai vermi e allora diventano più profumate. Tutte hanno proprietà riscaldante, astringente, sono efficaci contro la tosse e riducono i liquidi difficili da espellere. Purificano la pinguidine e la bile bevute con idromele nella dose di sette dracme. Sono anche sonnifere, fanno lacrimare e curano le coliche. Bevite con aceto sono utili contro i morsi velenosi, a chi soffre di dolori di milza, a chi soffre di convulsioni, o a chi ha brividi e a chi ha perdite spermatiche, bevute con vino favoriscono le mestruazioni. E il loro decotto è utile negli impacchi femminili ammorbidendo e dilatando le parti, come infiltrazione contro la sciatica e fa crescere la carne delle piaghe fistolose e delle cavità. Applicate come pessario con miele facilitano l’espulsione del feto e applicate in cataplasmo bollite ammorbidiscono le escrescenze e i vecchi indurimenti. Secche rimarginano le ferite e con il miele le ripuliscono e riempiono di carne le parti di ossa che ne mancano. Giovano anche contro i dolori di testa applicate in cataplasmo con aceto e acqua di rose, spalmate con elleboro bianco in doppia dose e miele schiariscono le voglie e le efelidi. Si usano anche con i pessari, con i cataplasmi, con gli impacchi defatiganti e in generale hanno una molteplice utilità11; Quelle che sono chiamate pastiglie di rosa si preparano in questo modo: quaranta dracme di rose verdi asciutte un po’ appassite, cinque dracme di nardo indiano, sei dracme di mirra. Sminuzzate vengono impastate in pillole del peso di tre oboli e vengono seccate all’ombra. Vengono riposte poi in un vaso di creta non spalmato di pece e chiuso accuratamente. Alcuni vi aggiungono anche due dracme di costo e di iris illirica mescolando il tutto con miele e vino di Chio. Sono usate dalle donne appese al collo invece di una ghirlanda profumata per affievolire la puzza del sudore. Le usano anche pestate come cipria e per le unzioni dopo il bagno e dopo esersi scaldate si lavano con acqua fredda12; Viene preparato il vino contro il catarro, la tosse, l’indigestione, la flatulenza, l’acidità gastrica: due dracme di mirra, una di pepe bianco, sei di iris, sei di anice; dopo averli avvolti interamente sminuzzati in una tela di lino immergili in sei sestari di vino. Dopo aver filtrato tre volte il vino versalo in un fiasco e dopo una passeggiata dallo a bere somministrandolo puro nella misura di una tazza13.
Celso (I secolo d. C.): Riscalda il cataplasma fatto con qualsiasi farina, di farro o di orzo o di ervo o di loglio o di miglio o di panico o di lenticchia o di fava o di lupino o di lino o di fieno greco, quando essa è stata fatta bollire e viene applicata calda. Tuttavia più efficace a questo scopo è ogni farina cotta in vino con miele piuttosto che in acqua. Inoltre l’unguento di ligustro, quello di iris, il midollo, il grasso con fiele, l’olio, soprattutto se è vecchio, il nitro, la nigella, il pepe, la cinquefoglie14; Se ci sono dolori di testa bisogna mescolare rosa con aceto e insistere in questo; poi avere due impiastri che coprano la fronte in lunghezza e altessa e di questi tenerne a turno uno immerso nell’aceto e rosa, l’altro in fronte; oppure applicare lana appena tisata intinta in essi. Se l’aceto dà fastidio bisogna usare solo rosa; se è la stessa rosa a dare fastidio bisogna usare olio aspro. Se questi rimedi giovano poco può essere pestata o iris secca o noci amare o qualsiasi erba tra quelle rinfrescanti; una certa loro quantità applicata insieme con l’aceto diminuisce il dolore … 15; Per coloro che sono in preda alla febbre il sonno è difficile ma necessario: grazie ad esso parecchi guariscono. Giova a ciò e pure per riportare alla normalità la mente l’unguento di crocoapplicato al capo insieme con quello di iris16; Sembrano poi avere questa proprietà [di favorire la diuresi] l’iris, il nardo, il cinnamomo …17; [In caso di rigidità cervicale] bisogna guardarsi soprattutto dal freddo; perciò nella stanza dell’ammalato il fuoco dovrà essere continuo, soprattutto nelle ore antelucane in cui si avverte di più il freddo. Sarà utile avere il capo intonso, riscaldarlo con unguento di iris o di ligustro e coprirlo con un berretto18; [In caso di difficoltà respiratoria] il capo poi dev’essere tenuto alto nel letto, il torace dev’essere trattato con impacchi e cataplasmi caldi o secchi o anche umidi e poi dev’essere applicato anche un emolliente, ovvero un cerotto medicato con ligustro o con unguento di iris. Poi a digiuno dev’essere bevuta acqua con miele ne4lla quale sia stata cotto issopo o radice di cappero pestata19; [In caso di dolori epatici] bisogna applicare cataplasmi che dapprima li smorzino, poi col calore li facciano scomparire; ad essi correttamente va aggiunta l’iris o l’assenzio; dopo di ciò va applicato un unguento20; [Contro un disturbo femminile difficilmente identuificabile] bisogna frizionare quotidianamente il corpo, soprattutto il ventre e le ginocchia. Dev’essrre somministrato cibo di media consistenza, sul basso ventre ogni tre o quattro giorni dev’essere applicata senape finché il corpo non diventa rosso. Se permane la rigidità sembra opportuno che la rammollisca l’erba mora intinta nel latte, poi pestata, e cera bianca e midollo di cervo con unguento di iris o grasso di toro o di capra mescolato con rosa21; Purificano il verderame, la tintura di oro [solfuro d’arsenico], che i Greci chiamano arsenico; questo e la sandracca hanno la stessa efficacia in tutto ma è più efficace la scaglia di rame, la pomice, l’iris … 22; Per eliminare quelle croste che sono concentrate in qualche parte del corpo sono molto efficaci l’abrotono, l’elenio, l’amaraco, la viola bianca, il miele, il giglio, la maggiorana di Cipro, il latte, la sertola campana, il serpillo, il cipresso, il cedro, l’iris, la viola purpurea, il narciso, la rosa … 23; Rammolliscono le incrostazioni del rame bruciato la terra eretria, la lacrima del papavero, l’incenso ammonio, il bdellio, la cera, il sebo, il grasso, l’olio, il fico secco, il sesamo, la sertola campana, la radice e il seme del narciso, le foglie di rosa, il caglio, il tuorlo d’uovo crudo, le noci amare, tutti i midolli, l’antimonio, la pece, la lumaca cotta, il seme di cicuta, le scorie di piombo (i Greci le chiamano σκωρίαν μολύβδου), il ligustico silvestre, il cardamomo, il galbano, la resina, l’uva tamina, lo storace, l’iris, il balsamo, il sudore degli atleti raccolto nelle palestre, lo zolfo, il burro, la ruta24; Purifica la pelle il miele, ma di più se è usato insieme con la galla o con l’ervo o con la lenticchia o col marrobio o col nitro o con l’iris o con il verderame25; Se il fegato fa male va usato quel cerotto nel quale cisono dodici parti di lacrima di balsamo, sedici parti di costo, di cinnamomo, dicorteccia di casia, di mirra, di croco, di giunco rotondo, di seme di balsamo, di iris illirica, di cardamomo … 26; Contro il dolore dei fianchi poi c’è il preparato di Apollofane, nel quale ci sono resina di terebinto, fuliggine d’incenso, in quattro parti per ciascuno … Contro lo stesso inconveniente c’è anche l’unguento di Andrea, che pure assorbe e trae fuori l’umore, matura il pus, rompe la pelle dov’è maturo, favorisce la cicatrizzazione. Giova applicato agli ascessi piccoli e grandi, allo stesso modo alle articolazioni e perciò anche alle anche ed ai piedi dolenti; allo stesso modo giova se nel corpo c’è una contusione; rammollisce pure i visceri duri e gonfi, pone in trazione le ossa, insomma vale per tutto ciò al quale il calore può giovare. Esso ha … dieci parti di pepe rotondo e lungo, incenso ammonio, bdellio, iris illirica … 27; Ma se [nel gonfiore] compare abbastanza sangue giustamente vengono applicati quei rimedi che sono efficaci anche contro i foruncoli. Tra questi è conosciuto quello così composto: due parti ciascuno di bdellio, storace, incenso ammonio, galbano, resina di pino secca e liquida, allo stesso modi di lentisco, incenso, iris28; Se sulla superficie contusa l’annerimento è un po’ sanguinolento, lo elimina questo preparato applicato giorno e notte: quattro parti per ciscuno di aristolochia, d’incenso ammonio, di galbano, di resina secca e liquida dii lentisco, di incenso maschio, di iris illirica, di cera29; Per gli indurimenti c’è il preparato di Aristogene così composto: … 6 parti di iris macedone … Poi c’è per le articolazioni e per ogni dolore, anche quello della vescica, e per le articolazioni contratte da una cicatrice recente, che i greci chiamano ancili, quello di Euticleo che ha: … proprio per le dita 13 parti per ciascuno di iris, incenso ammonio, galbano …30; Oltre a questi [empiastri emollienti] c’è quello di Filocrate che ha: sette parti di sale ammonio, …. alle quali, per far maturare pure il pus, si aggiungono quattro parti di iris … Tuttavia per l’estrazione è ottimo quello che i Greci chiamanoripodi per la somiglianza col sudiciume. Ha quattro parti per ciascuno di mirra, croco, iris, propoli … 31; Unico è l’antidoto che ha … due parti per ciascuno di iris illirica, gomma, …32; Famosissimo poi è l’antidoto di Mitridate, assumendo il quale quotidianamente si dice che quel re rese il suo corpo immune a tutti i veleni: … due parti per ciascuno di iperico, succo di acacia. Iris illirica, cardamomno … Tutti questi ingredienti pestati insieme vengono mescolati col miele e il preparato viene dato contro il veleno nella misura di una noce greca col vino33; Anche i farmaci che alleviano il dolore sono utili ai nervi, com’è quello che ha due parti di fiore di giunco rotondo … quattordici parti per ciascuno di iris illirica, cera … un bicchiere di unguento di iris34; Il rimedio per la trachea si prepara così: una parte per ciascuno di casia, iris, cinnamomo, nardo, mirra, incenso, una parte di croco, trenta grani di pepe; vengono cotti in tre sestari di passito finché non raggiungono la densità del miele35; [In caso di infiammazione agli occhi] conviene prima radere il capo fino alla pelle, poi nel bagno riscaldare il capo e gli occhi con quanto più è possibile di acqua calda; a quel punto pulirli con una spugna e ungere il capo di unguento di iris, mantenersi a letto finché tutto il calore che si è sviluppato si esaurisca e cessi il sudore che si è raccolto sul capo36; Per colui al quale si è annebbiata ci sarà bisogno di molto movimento ed esrcizio fiswico, di bagni frequenti, dove tutto il corpo dev’essere frizionato energicamente, soprattutto il capo e snza dubbio con l’unguento di iris finché sudi e poi dev’essere coperto né va scoperto prima che il sudore e il calore abbiano finito di esaurirsi. Allora debbono essere usati cibi di gusto aspro e che saziano subito e passato qualche giorno devono essere fatti gargarismi con senape37; Nell’uno e nell’altro caso, cioè nell’indebolimento e nella dilatazione della pupilla si deve combattere con tutti gli stessi rimedi che sono stati prescritti per l’appannamento della vista, cambiando solo pochi dettagli, dal momento che sul capo all’unguento di iris dev’essere aggiunto ora aceto, ora nitro, è sufficiente che poi il capo sia splamato di miele38; Dunque non appena qualcuno sente dolore [d’orecchio] non deve fare nulla e deve stare calmo; il giorno successivo, se il dolore è più forte, deve rasare il capo, ungerlo con unguento caldo di iris e coprirlo. Ma il grande dolore tormenta con febbre e veglia esige che sia operato un salasso; se qualche causa lo impedisce, va liberato l’intestino. Cataplasmi ripetutamente rinnovati giovano, sia di fieno greco, sia di lino, sia un’altra farina cotta in acqua e miele e correttamente pure si usano ripetutamente spugne strizzate in acqua calda. Allora, alleggeritosi il dolore, dev’essere applicato un cerotto fatto di unguento di iris o di olio di ligustro; in certi casi tuttavia va meglio quello fatto di rosa39. Se il canale auricolare è intasato e dentro c’è pus spesso bisogna applicare miele della migliore qualità. Se questo giova poco, ad un bicchiere e mezzo di miele bisogna aggiungere due parti di raschiatura di rame, cuocere e usarlo. Giova anche l’irtis col miele40. Se questa sporcizia è molle dev’essere tolta con lo stesso specillo; se è dura dev’essere instillato aceto e con questo un po’ di nitro; quando la sporcizia è diventata molle isogna che l’orecchio sia lavato e purgato. Se permane la testa pesante bisogna rasarla, delicatamente e spesso frizionarla con l’aggiunta di unguento di iris o olio di alloro, in modo che con entrambi si mescoli un po’ di aceto41; Se [le ulcerazioni orali] presentano croste come di solito avviene nelle ustioni devono essere usati questi composti, che i Greci chiamano antere: pari dosi di giunco quadrato, mirra, sandracca, allume. Oppure una parte ciascuno di croco, di mirra, quattro di iris, allume in polvere, sandracca42; Se poi qualche volta il cancro ha invaso le ulcere della bocca, bisogna anzitutto considerare se non sia un cattivo stato del corpo e bosogna aiutarlo; poi devono essere curate le stesse ulcere. Se il male è nella parte superiore, giova abbastanza l’antera secca sparsa sull’ulcera umida, sulla secca spalmata con una piccola parte di miele; se uil male è un po’ più in alto, due parti di foglio di papiro bruciato, una di solfuro d’arsenico; se il male è sceso in profondità tre parti di foglio di papiro bruciato, un quarto di solfuro d’arsenico o pari dosi di sale abbrustolito e di iris abbrustolita o allo stesso modo pari dosi di calcitide, calce, solfuro d’arsenico43; Se la membrana [del cervello] si è gonfiata per un’ifiammazione bisognerà infondervi rosa tiepida; se si gonfierà a tal punto da elevarsi pure al di sopra delle ossa, opportunamente la conterrà la lenticchia pestata o la foglia di vite pestata e mista con burro fresco o grasso di oca fresco; e la testa dovrà essere ammorbidita con un cerotto fatto di unguento di iris44.
Plinio (I secolo d. C.): Non si deve omettere anche un’altra differenza, cioè che molte delle essenze profumate non hanno nulla a che fare con le ghirlande, come l’iris e la saliunca, sebbene entrambe abbiano un odore meraviglioso. Ma l’iris è lodata solo per la radice, nascendo per unguenti e medicine. Apprezzatissima è quella che nasce in Illiria, non nelle zone in prossimità del mare ma nellse selve di Drinone e di Narona. Poi viene quella che nasce in Macedonia, lunghissima, bianca e sottile. Il terzo posto lo occupa quella africana, la più diffusa tra tutte e amarissima al gusto. L’illirica inoltre è di due generi: rafanitide per la somiglianza [con il ravanello] e rizotomo che è migliore. Ottima è quella rossiccia, che a toccarla stimola lo starnuto. Ha il gambo lungo un braccio, ritto; fiorisce in diversi colori,come l’arco celeste, donde anche il nome. Nemmeno la pisidica [della Pisidia, in Turchia]è tenuta in poco conto. Quelli incaricati di svellerla tre mesi prima, come se volessero placare la terra, la trattano dolcemente spargendo intorno acqua e miele; dopo aver tracciato intorno ad essa con la punta di un coltello tre cerchi la raccolgono e subito la sollevano al cielo. La sua natura è calda e se toccata genera pustole simili a quelle dovute a scottatura. Si raccomanda anzitutto che siano persone pure a raccoglierla. Soffre rapidissimamente i tarli non solo quando è secca ma anche quando si trova nella terra. Prima ottimo unguento di iris proveniva da Lecade e da Elide – già da tempo infatti veniva anche seminata -, ora dalla Pamfilia, ma è apprezzato soprattutto quello proveniente dalla Cilicia e dalle regioni settentrionali45: L’iris rossa è migliore della bianca. È salutare legarla intorno ai bambini, soprattutto nel periodo della dentizione e quando hanno la tose e somministrarla a quelli che soffrono di elmintosi. Gli altri suoi effetti differiscono poco da quelli del miele. Purifica le ulcere del capo e soprattutto le vecchie suppurazioni. Bevuta col miele nella dose di due dracme libera l’intestino, elimina la tosse, le coliche, la flatulenza, bevuta con aceto giova alla milza. Con acqua e aceto è efficace contro il morso di serpenti e ragni; contro gli scorpioni viene assunta col pane o con l’acqua nella dose di due dracme; contro il morso dei cani e contro le escoriazioni viene applicata con olio. Così viene anche spalmata con resina sui fianchi e sulle cosce contro i dolori dei nervi. Ha proprietà riscaldante. Messa soto il naso suscita lo starnuto e purifica il capo. Viene applicata in empiastro con mela cotogna o una sua specie contro il dolore di testa. Elimina anche l’ubriachezza e l’asma. Assunta nella dose di due oboli stimola il vomito. Applicata con miele mette in trazione le ossa rotte. Usano la sua farina contro i panerecci, col vino contro le escrescenze e le verruche e viene tolta prima di tre giorni. Masticata profuma l’alito e deodora le ascelle. Col succo ammorbidisce tutti gli induruimenti, concilia il sonno ma riduce lo sperma. Guarisce le screpolature del sedere e i porri e tutte le escrescenze che si manifestano nel corpo. C’è chi chiama xiri l’iris selvatica. Essa elimina le scrofole o i gonfiori o i tumori dell’inguine. Si raccomanda per questi usi di raccoglierla con la sinistra e che coloro che la raccolgono dicano per chi e per cosa lo fanno. Sarà svelato l’inganno degli erboristi in quanto sto per dire: essi conservano una parte di questa e di certe altre erba, come la piantaggine, e, se credono di aver guadagnato poco e vogliono rifarsi, sotterrano nello stesso luogo quella parte che hanno conservato, perché, credo, facciano ritornare le malattie che hanno sanato46;
_____________
1 De odoribus, V, 21 : Τὰ δ’ἀρώματα πάντα σχεδὸν καὶ εὕοσμα πλὴν τῶν ἀνθῶν ξηρὰ καὶ θερμὰ καὶ στυπτικὰ καὶ δεκτικά. Τὰ δὲκαὶἔχοντάτιναπικρότητα, καθάπερκαὶ ἐν τοῖς πρότερον εἴπομεν, ὥσπερ ἶρις, σμύρνα, λιβανωτὸς …
2 De odoribus, V, 23-24: Ποιεῖ δ’ἐλάττω τὴν ἀπουσίαν ὅσα πυρούμενα λαμβάνει τὰς κυρίας ὀσμὰς μᾶλλον ἢ ὅσα ψυχρὰ διὰ τὸ προφυρᾶσθαι τὰ πυρούμενα, τὰ μὲν οἵνῳ εὐώδει, τὰ δὲ ὕδατι· ἧττον γὰρ ἀναπίνει·τὰ δὲ ψυχρὰ ξηρὰ ὄντα μᾶλλον καθάπερ ἶρις κοπεῖσα. Λαμβάνοντοςγὰρ τοῦ ἀμφορέως ξηρᾶς ἴριδος κεκομμένης μέδιμνον καὶ δύο ἡμίεκτα πολλὴν ποιεῖν φασὶν ἀπουσίαν, ἐὰν δὲ μετρίως ψυράση λείπειν ὅσον δύο χόας τοῖςδὲ πολλοῖς ἔλαττον. Γίνεται δὲ τὸ βέλτιον ἴρινον ἐὰν ᾖ ξηρὰ καὶ ἀπύρωτος ἡ ἶρις· ἀκρατεστέρα γὰρ ἡ δύναμις ἢἐὰν φυραθεῖσα καὶπυρουμένη.
3 De odoribus, VII, 32: θερμὴ δὲκαὶ στυπτικὴ καὶ ἡ ἶρις, καθ’ὑπερδολὴνδὲ καὶ πικρὰ νέα οὖσακαὶ τὸν χρῶτα τῶν ἐργαζομένων ἀφελκοῖ.
4 De odoribus, IX, 38: Πολυχρονιώτατον δ’ἐστὶ τὸ τ’αἰγύπτιον καὶ τὸ ἴρινον καὶ τὸ ἀμαράκινονκαὶ τὸ νάρδινον, πάντων δὲ μάλιστα ἡ στακτὴ, διαμένει γὰρ ὁποσονοῦν χρόνον. Μυροπώλης δὲ τις ἔφη παρ’αὐτῷ μεμενηκέναι αἰγύπτιον μὲν ὀκτὼ ἔτη,ἴρινον δὲ εἴκοσι καὶ ἔτι διαμένειν βέλτιον ὂν τῶν ἀκμαζόντων. Ἡ μὲν οὖν χρονιότης ἐν τοὑτοις.
5 De odoribus, XII, 62: Ἐπεὶ γε κοιλίαν κινεῖ καὶ ἡ ἶρις ὥσπερ ἐλέχθη.
6 Historia plantarum, I, 7, 2: Ἒνιαιδ’εὐώδειςὥσπεραἰτῆςἲριδος.
7 Historia plantarum, IV, 5, 1: Τῶν δὲ εὐωδῶν οὐδὲν ἐν ταύταις πλὴν ἶρις ἐν τῇ Ἰλλυρίδι καὶ περὶ τὸν Ἀδρίαν· ταύτῃ γὰρ χρηστὴ καὶ πολὺ διαφέρουσα τῶν ἄλλων.
8 Historia plantarum, VII, 13, 1: Ξίφος ξιφοειδὲς ὅθεν ἔσχε καὶ τοὔνομα, ἡ δὲἶρις καλαμωδέστερον.
9 Historia plantarum, VIII, 8, 3: Ἀνθεῖ δὲ καὶ ἡ ἶρις τοῦ θέρους.
10 Historia plantarum, IX, 7, 3: Οἷς μὲν οὖν εἰς τὰ ἀρώματα χρῶνται σχεδὸν τάδε ἐστί· κασία, κινάμωμον, καρδάμωμον, νάρδος, ναῖρον, βάλσαμον, ἀσπάλαθος, στύραξ, ἶρις, νάρτη, κόστος, πάνακες, κρόκος, σμύρνα, κύπειρον, σχοῖνος, κάλαμος, ἀμάρακον, λωτὸς, ἄννητος. Τούτων δὲ τὰ μὲν ῥίζαι, τὰδὲ φλοιοί, τὰ δὲ κλῶνες, τὰ δὲ ξύλα, τὰ δὲ σπέρματα, τὰ δὲ δάκρυα, τὰ δὲ ἄνθη.
11 De materia medica, I, 1, 1-3:Ἶρις Ἰλλυρικὴ φύλλαφέρειὅμοιαξιφίῳ, μείζονα δὲ καὶ πλατύτερακαὶ λιπαρώτερα, ἄνθη ἐπὶ καυλῶν παράλληλα, ἐπικαμπῆ, ποικίλα· ἢ γὰρ λευκὰ ἢ ὠχρὰ ἢ μήλιναἢ πορφυρᾶ ἢ κυανίζοντα ὁρᾶται, ὅθεν διὰ τὴνποικιλίαν ἀπεικάσθη Ἲριδι τᾓ οὐρανίᾳ. ͭΡίζαι δὲ ὕπεισι γονατώδεις, στερεαί, εὐὡδεις, ἃς δεῖ μετὰ τὴν τομὴν ξηράναντας ἐν σκιᾷκαὶ διείραντας λίνῳ ἀποτίθεσθαι. Ἔστι δὲ βελτίων ἡ Ἰλλυρικὴκαὶ Μακεδονικὴ,καὶ ταύτης ἀρίστη ἡ πυκνόρριζος καὶ ὑποκόλοβος καὶ δύστραυστος καὶ τῇ χρόᾳ ὑπόκιρρος καὶ σφόδρα εὐώδης καὶ τῇ γεύσει πυρωδεστέρα τὴν τε ὀσμὴν εἰλικρινὴς καὶ μὴ νοτίζουσα πταρμούς τε ἐν τῷ κόπτεσθαι κινοῦσα. Ἡ δὲ Λιβυκὴ λευκὴ τέ ἐστι τὴν χρόαν τῇ τε γεύσει πικρά, δευτερεύουσαδὲ τῇ δυνάμει. Παλαιούμεναι δὲ τερηδονίζονται, εὐωδέστεραι μέντοι τότε γίνονται. Δύναμινδὲ ἔχουσι πᾶσαι θερμανικήν, λεπτυντικήν, ἁρμόζουσαι πρὸς βῆχας καὶ τὰ δυσανάγωγα ὑγρὰ λεπτοποιοῦσαι. Χαθαίρουσι δὲ πάχη καὶ χολὰς ποτιζὁμεναι μεθ’ὑδρομέλιτος ὁλκὴ δραχμῶν ἑπτά. Εἰσὶ δὲκαὶ ὑπνοποιοὶ καὶ δακρυοποιοὶ καὶ στρόφους ἰῶνται. Μετ’ὄξους δὲ πινόμεναι θηριοδήκτοις ἀρήγουσι καὶ σπληνικοῖς καὶ σπωμένοις καὶ περιψυχομένοις ἢ ῥιγοῦσι καὶ τοῖς γόνον προιεμένοις, σὺν οἴνῳ δὲ ποθεῖσαι ἂγουσιν ἔμμηνα. Καὶ τὸ ἀπόζεμα δὲ αὐτῶν πρὸς γυναικείας πυρίας εὔθετον, μαλάσσον τοὺς τόπους καὶ ἀναστομοῦν, ἰσχιάδος τε ἔγκλυσμα, καὶ συρίγγων καὶ κόλπων σαρκωτικόν. Προστεθεῖσαι δὲ ὡς κολλύριον μετὰ μέλιτος ἔμβρυα κατασπῶσι, καὶ μαλάσσουσιδὲ χοιράδαςκαὶ σκιρρώματα παλαιὰ ἐφθαὶ καταπλασθεῖσαι. Ξηραὶ δὲ πληροῦσιν ἕλκηκαὶ ἀνακαθαίρουσι μετὰ μέλιτος καὶ τὰ ἐψιλομένα τῶν ὀστέων σαρκοῦσιν. Ὠφελοῦσι δὲ καὶ κεφαλαλγίας σὺν ὅξει καὶ ῥοδίνῳ καταπλασθεῖσαι, φακούς τε καὶ ἐφήλεις ἀποκαθαίρουσι σὺν ἐλλεβόρῳ λευκῷ διπλασίονι καὶ μέλιτι καταχρισθεῖσαι. Μείγνυνται δὲ καὶ πεσσοῖς καὶ μαλάγμασι καὶ ἀκόποις, καὶ καθόλου εἰσὶ πολύχρηστοι.
12 De materia medica, I, 99, 3-10: Αἱ λεγόμεναι δὲ ῥοδίδες σκευάζονται τοῦτον τὸν τρόπον· ῥόδων χλωρῶν ἀβρόχων μεμαραμμένων δραχμὰς τεσσαράκοντα, νάρδου Ἰνδικῆς δραχμὰς πέντε, σμύρνηςδραχμὰς ἕξ λεῖα ἀναπλάσσεται εἰς τροχίσκους τριωβολιαίος καὶ ἐν σκιᾷ ξηραίνεται· ἀποτίθεταιδὲ εἰς κεραμεοῦν ἀγγεῖον ἀκώνητον περιεσφηκωμένον. Ἕνιοιδὲ προστιθέασι καὶ κόστουδραχμὰς δύοκαὶ ἴρεως Ἰλλυρικῆς τὸ αὐτὸ μίσγοντες μετὰ μέλιτοςκαὶ οἴνου Χίου. Χρῆσις δὲ ἐστιν αὐτῶν ἐπὶ γυναικῶν περιτιθεμένων τῷ τραχήλῳ ἀντὶ ὅρμου ἡδύπνου, ἀμβλυνουσῶν τὴν τῶν ἰδρώτων δυσωδίαν. Χρῶνται δὲ αὐτοῖς καὶ λείοις ἐν διαπάσμασι μετὰ τὸ λουτρὸν καὶ συγχρίσμασι καὶ μετὰ τὸ ξηρανθῆναι ἐκλούνται ψυχρῷ.
13 De materia medica,V, 55: Σκευάζεται δὲ οἶνος πρὸς κατάρρους, βῆχας, ὠμότητας, ἐμπνευματώσεις, πλάδον στομάχου· σμύρνης < β’, πεπέρεως λευκοῦ < α’, ἴρεως < ζ’, ἀνήθου < γ’, ὁλόκοπα ἐνδήσας εἰς ὀθόνιον κάθες εἰς ξέστας ἕξ οἴνου. Μετὰ δὲ τὴν τρίτην διυλίσας ἀποτίθεσο εἰς λάγυνον καὶ πότιζε μετὰ περίπατον, διδοὺς ἄκρατον, κύαθον ἕνα.
14 De medicina, II, 33, 5: Calefacit vero ex qualibet farina cataplasma sive ex tritici sive farris sive hordei sive ervi sive lolii sive milii vel panicii vel lenticulae vel fabae vel lupini vel lini vel feni Graeci, ubi ea defervuit calidaque inposita est. Valentior tamen ad id omnis farina est ex mulso quam ex aqua cocta. Praeterea cyprinum, irinum, medulla, adeps ex fele, oleum, magisque si vetus est, iunctaque oleo sal, nitrum, git, piper, quinquefolium.
15 De medicina, III, 10, 1-2: Si capitis dolores sint, rosam cum aceto miscere oportet et in id ingerere; deinde habere duo pittacia, quae frontis latitudinem longitudinemque aequent, ex his invicem alterum in aceto et rosa habere, alterum in fronte; aut intinctam iisdem lanam sucidam imponere. Si acetum offendit, pura rosa utendum est; si rosa ipsa laedit, oleo acerbo. Si ista parum iuvant, teri potest vel iris arida vel nuces amarae vel quaelibet herba ex refrigerantibus; quorum quidlibet ex aceto inpositum dolorem minuit …
16 De medicina, III, 18, 17: Omnibus vero sic adfectis somnus et difficilis et praecipue necessarius est: sub hoc enim plerique sanescunt. Prodest ad id atque etiam ad mentem ipsam conponendam crocinum unguentum cum irino in caput additum.
17 De medicina, III, 21, 7: Videntur autem hanc facultatem habere iris, nardum, crocum, cinnamomum …
18 De medicina, IV, 6, 5: Cavendum vero praecipue frigus; ideoque in eo conclavi, quo cubabit aeger, ignis continuus esse debebit, maximusque tempore antelucano, quo praecipue frigus intenditur. Neque inutile erit caput adtonsum habere idque irino vel cyprino calido madefacere et superinposito pilleo velare.
19 De medicina, IV, 8, 1-3: Caput autem etiam in lecto sublime habendum est; thorax fomentis cataplasmatisque calidis aut siccis aut etiam umidis adiuvandus est, et postea vel malagma superimponendum, vel certe ceratum ex cyprino vel irino unguento. Sumenda deinde ieiuno potui mulsa aqua, cum qua vel hysopus cocta vel contrita capparis radix sit.
20 De medicina, IV, 15, 2: Imponenda extrinsecus cataplasmata, primum quae reprimant, deinde calida quae diducant, quibus recte iris vel apsinthium adicitur; post haec malagma.
21 De medicina,IV, 21, 1: Frictione cottidie utendum totius quidem corporis, praecipue vero ventris et poplitum. Cibus ex media materia dandus; sinapi super imum ventrem tertio quoque aut quarto die imponendum, donec corpus rubeat. Si durities manet, mollire commode videtur solanum in lac demissum, deinde contritum, et cera alba atque medulla cervina cum irino, aut sebum taurinum vel caprinum cum rosa mixtum.
22 De medicina, V, 5, 1: Purgant aerugo, auripigmentum, quod arsenicon a Graecis nominatur huic autem et sandaracae in omnia eadem vis, sed validior est squama aeris, pumex, iris …
23 De medicina, V, 11, 1: Ad discutienda vero ea, quae in corporis parte aliqua coierunt, maxime possunt habrotonum, helenium, amaracus, alba viola, mel, lirium, sampsychus Cyprius, lac, sertula Campana, serpullum, cupressus, cedrus, iris, viola purpurea, narcissus, rosa …
24 De medicina, V, 15, 1: Molliunt aes combustum, terra Eretria, nitrum, papaveris lacrima, Hammoniacum, bdellion, cera, sebum, adeps, oleum, ficus arida, sesamum, sertula Campana, narcissi et radix et semen, rosae folia, coagulum, vitellus crudus, amarae nuces, medullae omnes, stibi, pix, coclea cocta, cicutae semen, plumbi recrementum (σκωρίαν μολύβδου Graeci vocant), panaces, cardamomum, galbanum, resina, uva taminia, styrax, iris, balsamum, sordes ex gymnasio, sulpur, buturum, ruta.
25 De medicina, V, 16, 1: Cute purgat mel, sed magis si est cum galla vel ervo vel lenticula vel marrubio vel iride vel ruta vel nitro vel aerugine.
26 De medicina, V, 18, 2: Si iecur dolet, id in quo est balsami lacrimae P. XII; costi, cinnamomi, casiae corticis, murrae, croci, iunci rotundi, balsami seminis, iridis Illyricae, cardamomi …
27 De medicina, V, 18, 5-7: Ad laterum autem dolores compositio est Apollophanis, in qua sunt resinae terebenthinae, turis fuliginis, singulorum P. IV … Ad idem latus Andreae quoque malagma est, quod etiam resolvit, educit umorem, pus maturat, ubi id maturum est, cutem rumpit, ad cicatricem perducit. Prodest impositum minutis maioribusque abscessibus, item articulis ideoque et coxis et pedibus dolentibus: item, si quid in corpore conlisum est, reficit; praecordia quoque dura at inflata emollit, ossa extrahit, ad omnia denique valet, quae adiuvare calor potest. Id habet … piperis et rotundi et longi, hammoniaci, thymiamatis, bdelli, iridis Illyricae … P. X …
28 De medicina, V, 18, 22: At si satis sanguis subit, recte imponitur quod adversus phymata quoque potest. Constat ex his: bdelli, styracis, Hammoniaci, galbani, resinae aridae et liquidae pineae, item ex lentisco, turis, iridis, singulorum P. II.
29 De medicina, V, 18, 24: Quod si facie contusa livor subcruentus est, haec compositio nocte et die imposita tollit: aristolochiae, Hammoniaci thymiamatis, galbani, resinae aridae et ex lentisco liquidae, turis masculi, iridis Illuricae, cerae, singulorum P. IV.
30 De medicina, V, 18, 27-28: Ad spissa autem Aristogenis fit ex his: … iridis Macedonicae P. VI …. Igitur Euthyclei est ad articulos, et ad omnem dolorem et ad vesicae, et ad recenti cicactrice contractos articulos, quas ancylas Graeci nominant, quod habet: … Ad eosdem digitos iridis, Hammoniaci, galbani …
31 De medicina,V, 19, 14-15: Praeter has est Philocratis, quod habet: salis Hammoniaci P. VII … quibus, ut pus quoque moveant, iridis P. IV …. Optimum tamen ad extrahendum est id, quod a similitudine sordium rhypodes Graeci appellant. Habet murrae, croci, iridis, propolis …
32 De medicina, V, 23, 1: Unum est, quod habet iridis Illyricae, cummi, singulorum P. II …
33 De medicina, V, 23, 3: Nobilissimum autem est Mithridatis, quod cottidie sumendo rex ille dicitur adversus venenorum pericula tutum corpus suum reddidisse. In quo haec sunt: … hyperici, cummi, sagapeni, acaciae suci, iridis Illyricae, cardamomi, singulorum P. II … Haec contrita melle excipiuntur, et adversus venenum, quod magnitudinem nucis Graecae impleat, ex vino datur. In ceteris autem adfectibus corporis pro modo eorum vel quod Aegyptiae fabae vel quod ervi magnitudinem impleat, satis est.
34 De medicina, V, 24, 1: Acopa quoque utilia nervis sunt. Quale est, quod habet floris iunci rotundi P. II … iridis Illyricae, cerae, singulorum P. XIV … unguenti irini cyathum.
35 De medicina, V, 25, 17: Arteriace vero hoc modo fit: casiae, iridis, cinnamomi, nardi, murrae, turis, singulorum P. 1, croci P. 1, piperis grana XXX ex passi tribus sextariis decocuntur, donec mellis crassitudo his fiat.
36 De medicina, VI, 6, 8: Sed ante tonderi ad cutem convenit, deinde in balineo aqua calida quam plurima caput atque oculos fovere, tum utrumque penicillo detergere, et ungere caput irino unguento; continereque in lectulo se, donec omnis calor, qui conceptus est, finiatur desinatque sudor, qui in capite collectus est.
37 De medicina, VI, 6, 34: Cuicumque vero oculi caligabunt, huic opus erit multa ambulatione atque exercitatione, frequenti balneo, ubi totum quidem corpus perfricandum est, praecipue tamen caput, et quidem irino, donec insudet velandumque postea nec detegendum antequam sudor et calor domi conquierint. Tum cibis utendum acribus et extenuantibus, interpositique aliquibus diebus ex sinapi gargarizandum.
38 De medicina, VI, 6, 37: In utraque parte vero id est et paralysi et mydriasi pugnandum est per eadem omnia, quae in caligine oculorum praecepta sunt, paucis tantum mutatis, siquidem ad caput irino interdum acetum, interdum nitrum adiciendum est, melle inungui satis est.
39 De medicina, VI, 7, a: Ergo ubi primum dolorem aliquis sensit, abstinere et continere se debet; postero die, si vehementius malum est, caput tondere, idque irino unguento calido perunguere et operire. At magnus cum febre vigiliaque dolor exigit, ut sanguis quoque mittatur; si id aliquae causae prohibent, alvus solvenda est. Cataplasmata quoque calida subinde mutata proficiunt, sive feni Graeci sive lini sive alia farina ex mulso decocta et recte etiam subinde admoventur spongiae ex aqua calida expressae.Tum levato dolore ceratum circumdari debet ex irino aut cyprino factum: in quibusdam tamen melius quod ex rosa est proficit.
40 De medicina, VI, V7, 2: Sin foramen auris compressum est, et intus crassa sanies subest, mel quam optimum addendum est. Si id parum proficit, mellis cyatho et dimidio aeruginis rasae P. II adiciendum est incoquendumque, et eo utendum. Iris quoque cum melle idem proficit.
41 De medicina, VI, 7, 7, 8c: Si sordes haeque molles sunt, eodem specillo eximendae sunt: at si durae sunt, acetum et cum eo nitri paulum coiciendum est; cumque emollitae sunt, eodem modo elui aurem purgarique oportet. Quod si capitis gravitas manet, attondendum; idem leniter sed diu perfricandum est, adiecto vel irino vel laureo oleo, sic ut utrilibet paulum aceti misceatu.
42 De medicina, VI, 11, 2 Si iam crustas habent, quales in adustis esse consuerunt, adhibendae sunt hae conpositiones, quas Graeci antheras nominant: iunci quadrati, murae, sandaracae, aluminis pares potiones. Aut croci, murrae, singulorum P. I, iridis, aluminis scissilis, sandaracae, singulorum P. IV.
43 De medicina, VI, 15, 1: Si quando autem ulcera oris cancer invasit, primum considerandum est, num malus corporis habitus sit, eique occurrendum; deinde ipsa ulcera curanda. Quod si in summa parte id vitium est, satis proficit anthera umido ulceri arida inspersa; sicciori cum exigua parte mellis inlita: si paulo altius, chartae combustae partes duae, auripigmenti pars una: si penitus malum descendit, chartae conbustae partes tres, auripigmenti pars quarta, aut pares potiones salis fricti et iridis frictae, aut item pares potiones chalcitidis, calcis, auripigmenti.
44 De medicina, VIII, 4, 19: Quod si membrana per inflammationem intumuerit, infundenda erit rosa tepida; si usque eo tumebit, ut super ossa quoque emineat, coercebit eam bene trita lenticula vel folia vitis contrita, et cum recenti vel buturo vel adipe anserina mixta; cervixque molliri debebit liquido cerato ex irino facto.
45 Naturalis historia, XI, 21: Illa quoque non omittenda differentia est, et odoratorum multa nihil adtinere ad coronamenta, ut irim atque saliuncam, quamquam nobilissimi odoris utramque. Sed iris radice tantum commendatur, unguentis nascens et medicinae. Laudatissima in Illyrico, et ibi quoque non in maritimis, sed in silvestribus Drinonis et Naronae, proxima in Macedonia, longissima haec et candicans et exilis. Tertium locum habet africana, amplissima inter omnes gustuque amarissima. Illyrica quoque duorum generum est: raphanitis a similitudine, quae et melior, rhizotomos. Subrufa optima, quae sternumenta tractatu movet. Caulem habet cubitalem, erectum; floret versicolori specie, sicut arcus caelestis, unde et nomen. Non improbatur et pisidica. Effossuri tribus ante mensibus mulsa aqua circumfusa hoc veluti placamento terrae blandiuntur, circumscriptam mucrone gladii orbe triplici cum legerunt, protinus in caelum adtollunt. Natura est fervens, tractataque pusulas ambusti modo facit. Praecipitur ante omnia, ut casti legant. Teredines non sicca modo, verum et in terra celerrime sentit. Optimum antea irinum Leucade et Elide ferebatur – iam pridem enim et seritur – , nunc e Pamphylia, sed Cilicium maxime laudatur atque e septentrionalibus.
46 Naturalis historia, XXI, 81: Iris rufa melior quam candida. Infantibus eam circumligari salutare est, dentientibus praecipue et tussientibus taeniarumve vitio laborantibus instillari. Ceteri effectus eius non multum a melle differunt. Ulcera purgat capitis, praecipue suppurationes veteres. Alvum solvit duabus drachmis cum melle, tussim, tormina, inflationes pota, lienes ex aceto. Contra serpentium et araneorum morsus ex posca valet; contra scorpiones duarum drachmarum pondere in pane vel aqua sumitur; contra canum morsus ex oleo inponitur et contra perfrictiones. Sic et nervorum doloribus, lumbis vero et coxendicibus cum resina inlinitur. Vis ei concalfactoria. Naribus subducta sternumenta movet caputque purgat. Dolori capitis cum cotoneis malis aut strutheis inlinitur. Crapulas quoque et orthopnoeas discutit. Vomitiones ciet duobus obolis sumpta. Ossa fracta extrahit inposita cum melle. Ad paronychia farina eius utuntur, in vino ad clavos et verrucas, triduoque non solvitur. Halitus oris commanducata abolet alarumque vitia. Suco duritias omnes emollit, somnum conciliat, sed genituram consumit. Sedis rimas et condylomata omniaque in corpore excrescentia sanat. Sunt qui silvestrem xyrim vocent. Strumas haec vel panos vel inguina discutit. Praecipitur ut sinistra manu ad hos usus eruatur colligentesque dicant cuius hominis vitiique causa eximant. Scelus herbariorum aperietur et in hac mentione: partem eius servant et quarundam aliarum herbarum, sicuti plantaginis, et si parum mercedis tulisse se arbitrantur rursusque opus quaerunt, partem eam, quam servavere, eodem loco infodiunt, credo, ut vitia, quae sanaverint, faciant rebellare.
Uno sguardo, quello del prof. Armando Polito, che meticolosamente indaga oltre la mera, seppur meravigliosa, essenza estetica del fiore per scoprirne quella più vera, intima e nascosta. Non avrei mai pensato che a così pochi centimetri di profondità, potesse trovarsi l’essenza più preziosa di questa pianta racchiusa nel rizoma.
Una “sorta di integrazione divulgativa” più che gradita, frutto dell’integrazione tra due diverse culture generazionali, possibile, anche se insperata!
Lusingata di aver provocato tale indagine.