di Rocco Boccadamo
Rivangando le ormai antiche mie consuetudini con i fumetti, rammento che non ho mai avuto in simpatia il personaggio di Paperon dei Paperoni, l’arci ricco ed avaro per eccellenza, senza peraltro che, nei suoi confronti, nutrissi sentimenti di particolare repulsione o disistima: in sostanza, mi pareva che il miliardario ignorasse completamente la generosità, e però che non danneggiasse il prossimo.
Inoltre, ai miei occhi di ragazzino e adolescente, il fatto che egli si trovasse continuamente costretto a contare e misurare i propri tesori valeva alla stregua d’una sorta d’espiazione morale per l’assoluta mancanza in lui, giustappunto, di generosità e altruismo.
Oggi, non esistono più figure di autentici Paperon dei Paperoni. Volgendo lo sguardo intorno, ci si rende conto che è, soprattutto, tempo di cicale, anzi di un universo di cicale, oltre che di manipoli d’approfittatori arraffa soldi senza ritegno. Infatti, su un fronte, è diffusa la tendenza a non dare più valore, neppure minimamente, al denaro, mentre, su quello opposto, nugoli di avvoltoi si muovono a man bassa: effetto di ciò, il veloce e rapido svuotamento delle tasche e del portafogli della gente comune (cicale per niente avvedute) e l’ingiusto, indebito e truffaldino accumulo di guadagni a dismisura da parte degli altri (ossia i manovratori, i venditori di certi beni e servizi).
Qualche esempio concreto.
Chi scrive, prova rabbia per quanti, fra gli immigrati clandestini, esercitano il ruolo di negrieri e sfruttatori, imponendo ai ragazzini e alle donne, distribuiti ai semafori, di incassare un minimo giornaliero, pena pesanti punizioni o soverchierie. Trova maggiormente odiosi tali loschi individui al pensiero che, nel chiuso dei tuguri o tende o roulotte, esercitano a tutto spiano, a suggello della loro malsana concezione di possesso, il rito quotidiano della “monta”, il che è testimoniato dalla circostanza che almeno tre donne su quattro, a cominciare dalle appena adolescenti, si presentano permanentemente incinte.
Come pure, è pervaso da disappunto e rabbia per i quattro minuti e mezzo di dondolio dei bimbi su cavallucci o altri animali elettrici o per i due minuti di giro in trenino al prezzo di un euro; e ancora, all’atto dell’acquisto di pesce azzurro a cinque o sei euro al chilogrammo, quando tale prodotto è pagato ai pescatori da uno a due euro, per non parlare, infine, della frutta che, sui banchi del supermercato, quota sovente cinque o sei volte la cifra corrisposta ai produttori.
In fondo, dietro al comportamento del vecchio, a miei occhi antipatico, Paperon dei Paperoni, non allignava la disonestà; essa, al contrario, sembra costituire, oggi, una vera e propria costante.
TUTTO VERO, PURTROPPO! SOPPORTABILE IL VECCHIO PAPERONE, MA DA METTERE SU UN LETTO DI CHIODI LO SFRUTTATORE DI OGGI, SIA BIANCO, SIA DI ALTRI COLORI.