di Nicola Morrone
FELLONE
La struttura delle proprietà fondiaria nell’Italia romana era piuttosto diversificata, ma la terra era sostanzialmente concentrata nelle mani di pochi individui. A parte l’imperatore, che ne possedeva una quota cospicua, il resto era diviso tra i singoli membri delle famiglie aristocratiche, molti dei quali originari di Roma, che entrarono in possesso dei rispettivi “latifundia” dopo la sottomissione dei popoli italici. Alla fine delle campagne belliche, i Romani sostituirono alle più importanti città italiche i loro “municipia”; ad ogni “municipium” corrispose un “ager”, cioè un contado di pertinenza. L’”ager” era a sua volta costituito di vari “latifundia”, cioè vaste estensioni di terra di proprietà di un signore. All’interno di ogni “latifundium” si inserivano i villaggi rurali, i “pagi”. Come sottolineano gli studiosi, ”nel centro agricolo si creava automaticamente una società a piramide, in quanto tutti dipendevano , in diversa misura, dal padrone della masseria: per ogni divergenza occorreva rivolgersi a lui, che decideva secondo i propri interessi e la propria umanità”[1]. Il padrone di Felline era, secondo la leggenda, Fellone. Il personaggio, che può essere storicamente esistito, è forse da identificarsi con un membro della gens dei “Philonii”,attestata a Brindisi fin dall’età repubblicana , ed emergente a livello di governo locale.Le fonti epigrafiche documentano l’esistenza di un Q. Philonius Rufus, decurione a Brindisi[2], e di un C.Philonius , anch’egli decurione della stessa città[3]. I loro nomi compaiono su una lapide calcarea di età tardorepubblicana scoperta nel 1955 nei pressi di Latiano. Inoltre , alcuni bolli anforari documentano l’esistenza di un altro personaggio, tal Philonicus Appullei, che in età tardorepubblicana risulta essere proprietario di fornaci per la produzione di anfore nelle località di Apani e Giancola (BR).Tutti e tre gli individui menzionati erano persone importanti, potenti e facoltose. I primi due, consiglieri del “municipium” di Brindisi, erano certamente proprietari terrieri ed avevano forse parte non piccola nei commerci. Il terzo era un affermato imprenditore. Non è improbabile che il Fellone manduriano convertito e guarito da San Pietro fosse strettamente legato a questi personaggi , o fosse un loro discendente. Si attende, in questo senso, che emerga qualche elemento storico in più per definire meglio la sua figura, ma una cosa è indiscutibile: il “pagus” di Felline , storicamente esistito, ha di certo avuto un proprietario , di cui ci è stato tramandato il nome ,e che, oltre che della terra , aveva naturalmente anche il possesso dell’impianto anforario, e non è da escludere che gestisse anche l’attività commerciale vera e propria. In attesa di ulteriori elementi che ci permettano di far luce sul personaggio, affidiamo ai linguisti la verifica delle nostre congetture su Fellone.
[1] Cfr.V.A. Sirago, Puglia Antica, cit., p.242.
[2] Cfr. ILLRP II, 558.
[3] Cfr. ILLRP II, 558.