Due stelle musicali salentine a cavallo di due secoli: Benedetto Serafico di Nardò e Antonio De Metrio di Manduria

di Armando Polito

Se tre anni fa mi sono occupato (https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/09/20/quando-provare-ad-eliminare-significa-recuperare-ovvero-il-capitone-e-il-compositore/) di Benedetto Serafico di Nardò, città nella quale vivo da quando avevo pochi mesi, per la par condicio mi è parso opportuno non lasciarmi sfuggire l’occasione di parlare di Antonio De Metrio di Manduria, città nella quale sono nato. Al di là della faccenda personale, che da sola non avrebbe avuto nessuna importanza, altri particolari ben più sostanziali uniscono i due personaggi temporalmente separati da una generazione di differenza. Entrambi furono musici famosi del loro tempo e composero madrigali a cinque voci. E, come per il neretino è disponibile nel locale Centro di servizi culturali e bibliotecari la copia fotostatica della pubblicazione originale (custodita nella biblioteca estense di Modena; la versione digitale è reperibile all’indirizzo http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/mus/i-mo-beu-mus.g.147.html) uscita a Venezia nel 1575 per i tipi di Gugliemo, così per il compositore di Manduria presso la locale biblioteca è disponibile il microfilm dell’originale, che si conserva nella Biblioteca Nazionale di Francia, uscito in ristampa a Napoli per i tipi di Vitale nel 1618. Ecco il frontespizio tratto dal sito della citata biblioteca (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84260096/f6.image).

Ignoro la data in cui l’opera uscì la prima volta ma dovrebbe essere, comunque, anteriore al 1612, anno di morte di un personaggio, Davide Imperiali, ricordato nel testo come vivente e del quale avrò occasione di parlare più avanti.

Il madrigale come genere musicale ebbe notevolissima diffusione tra il XIV ed il XVII secolo e non ripeto qui quanto ebbi a suo tempo a dire parlando del musico di Nardò.

Sono passati tre anni e le mie conoscenze musicale oggi come allora si limitano al numero delle note ed al loro nome, ragion per cui rimane attuale e rinnovato l’invito rivolto a qualche competente che mi faccia capire se, ascoltando la loro esecuzione,  tali composizioni sono più vicine a quella cantilene soporifere che negli anni della mia infanzia dovetti sorbirmi trasmesse da Radio Tirana e tollerate solo per gli effetti luminosi (!) che l’occhio magico offriva nel processo (manuale, naturalmente) di sintonizzazione, oppure al ritmo ossessivamente monotono (artisticamente non mi pare che ci siano grosse differenze rispetto alle ricordate nenie albanesi …) di un rap dei nostri giorni. Spero che questa volta qualcuno dia soddisfazione alla mia curiosità. Nel frattempo faccio, nei limiti della mia competenza specifica, qualche osservazione di natura testuale.

Le pagine 3-4 contengono alcuni elogi di illustri contemporanei (nativi tutti di Manduria eccetto il primo che era di Melfi e con qualche dubbio per il secondo) espressi in versi nei riguardi dell’autore. Li riproduco integralmente con in calce le mie note. A chi dovessero sembrare troppo altisonanti faccio presente che, per quanto riguarda la sostanza, a quei tempi era una moda irrinunciabile e che, per quanto riguarda la forma, non sono questi gli esempi più ampollosi, nonostante anche questo fenomeno fosse, sempre all’epoca, normalissimo.  E poi, pensando a tante recensioni, prefazioni e postfazioni recenti, sarà coerente infierire su certe abitudini del passato? Almeno nel XVII secolo si tentava di stupire con giochi di parole (non sempre riusciti, come vedremo …) ed ardite metafore; oggi lo si fa con parole roboanti, citazioni più o meno oscure e termini tanto ambigui che possono contemporaneamente significare un concetto e il suo esatto contrario, tutto e niente.

Del musicista di Manduria riproduco di seguito, a mo’ di assaggio, due testi, uno più convenzionale, l’altro un po’ più spinto (?).

Il lettore avrà notato i nomi di donna evocanti la mitologia e le ripetizioni quasi ossessive nella miscela di endecasillabi e settenari; sono dettagli che oggi assicurerebbero l’insuccesso a chi volesse conquistare una donna, fosse anche la più romantica del pianeta …

Probabilmente avrà pure pensato che componimenti simili sarebbe in grado di comporne mille in una sola ora. Anche io sarei capace, ma solo per la parte testuale che nel Serafico, fra l’altro, era costituita da versi di Petrarca, Sannazzaro ed altri (non per questo l’originalità del De Metrio rappresenta una nota di merito …).  Per quella musicale, che, dunque, in questo genere riveste un ruolo dominante rispetto alla testuale, rinvio il mio giudizio (beninteso, da uomo del mio tempo) a quando la mia trepida attesa di lumi sarà stata soddisfatta …

Per ora dico solo che un ipotetico festival del madrigale a cinque voci con la partecipazione allargata anche ad altri concorrenti non avrebbe previsto, come avviene (non sempre opportunamente …) oggi, l’attribuzione del premio per il miglior testo e che l’eventuale vittoria del De Metrio, anche se motivata con i versi in latino (quattro distici elegiaci, oggi cinque parole su quattro sarebbero inglesi …) del primo elogio, sarebbe stata accolta con una bordata di fischi. E non lo dico per campanilismo: lo stesso sarebbe successo se avesse vinto Benedetto Serafico, ma almeno gli spettatori si sarebbero risparmiato la motivazione, visto che la pubblicazione del neretino non contiene elogi di sorta ma solo un’umile e dimessa autopresentazione.

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2 Commenti a Due stelle musicali salentine a cavallo di due secoli: Benedetto Serafico di Nardò e Antonio De Metrio di Manduria

  1. Per eventuale rilettura, trascrizione in notazione moderna e possibile pubblicazione, rivolgersi alla prof. Luisa Cosi, presso il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce.

  2. Quando si compie, soprattutto, come nel mio caso, per motivi sentimentali un’escursione in un campo che non rientra nelle proprie specifiche competenze, è fatale e nello stesso tempo bellissimo che nascano delle curiosità che solo altri sono in grado di soddisfare. Le sono, perciò, profondamente grato per la cortese segnalazione, ma, data la mia impossibilità di mettermi in contatto di persona con la professoressa Luisa Cosi, le sarei ancora più grato se volesse autorizzare la redazione a comunicarmi il suo indirizzo di posta elettronica, in modo che io possa inviare a lei, professor Emilio, un messaggio privato più dettagliato. Anche nel caso in cui ciò non fosse possibile, mi basterebbe, comunque, l’interesse che il post ha suscitato in lei, tanto da ritenerlo degno del suo commento. Armando Polito.

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