Se il segno tenta di convincere, le pieghe confermano

SE IL SEGNO TENTA DI CONVINCERE, LE PIEGHE CONFERMANO

Ipotesi sull’individuazione dell’ambito di appartenenza della tela dell’Incoronata di Nardò

 

di Paolo Marzano

Si tratta di un confronto e, della riflessione a margine, dei tratti del dipinto della Madonna del Carmine, nella chiesa conventuale si San Francesco d’ Assisi, a Manduria, attribuita a fra’ Francesco da Martina e la tela dell’ Incoronata, della quale è ancora ignoto l’autore (XVI – XVII sec.), nella sala Consiliare del Comune di Nardò. Ma osserviamo con attenzione.

confronto (2)

Tela dell'Incoronata di Nardò
Tela dell’Incoronata di Nardò

L’impianto generale, nelle due opere, evidenzia il riconoscibile schema che la tradizione pittorica dell’epoca, prevedeva. Si divide, dunque, l’episodio del tema compositivo principale, dall’ imago urbis, sulla quale ‘governa’ l’ellisse di nubi, contenente l’azione, utile ad alimentare lo spirito devozionale.

Tra le caratteristiche noto la particolare e folta capigliatura con i boccoli, comune ai due dipinti, che incornicia il viso di tutti gli angeli. Anche se probabilmente ripreso (quello di Manduria) in epoche più tarde, i caratteri principali, non si allontano, dalla forma originale di una scena popolata da coppie di putti in conversazione.

visi madonna

Il viso della Madonna, nelle due tele, mostra un accentuato (stessa mano!?) modo di tracciare i caratteri dei lineamenti del volto. Infatti, osservando meglio quei particolari, ritengo interessante, l’elemento comune del deciso profilo del naso (tra setto e narice) ‘segnato’ dallo stesso bagliore luminoso, che si legge anche sul labbro superiore e sul mento.

Il putto con spada, in primo piano, nella tela neritina, ripropone, un giovanissimo, scomposto e “antigrazioso” S. Michele Arcangelo, fittamente riccioluto, nella sua disarticolata anatomia, riportato secondo la diffusa iconografia, mentre obbliga, l’immancabile Lucifero, sotto i suoi piedi, a rientrare nelle fiamme da dove è uscito. La figura sottolinea, ancora una volta, l’approssimato studio della postura e degli arti, ‘elementarmente’ giustapposti.

pieghe

Nelle pieghe dei panneggi, invece, esiste qualche conferma in più. Lo sviluppo dei tessuti o mantelli, infatti nel loro svolazzare distribuiscono dei zig – zag di certo improbabili e innaturali, ma per questo ritengo, riconoscibili e attribuibili a qualche frate francescano allievo (come tanti) di Francesco da Martina. Tale singolare panneggio potrebbe ritengo indicare e definire altre tracce da evidenziare nello studio di un gruppo di pittori, che in effetti, conosciamo già attivi in questa zona.

visi angeli2

Ulteriori ricerche e studi più accurati, potrebbero ampliare, eventuali contatti tra gli autori o l’autore delle due tele.

 

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Un commento a Se il segno tenta di convincere, le pieghe confermano

  1. Aggiungo altri elementi che arricchiscono la mia ipotesi facendo ulteriormente ‘avvicinare’ le due opere, coinvolgendo nell’osservazione, altri ‘attributi’. Le particolari cuspidi, quasi tardogotiche, della corona (la stessa !?) sostenuta dagli angeli a Manduria, e quella solennemente appoggiata dal Cristo sul capo della Madre, a Nardò. Di certo molto contenuta nei dettagli e semplicemente disegnata, rispetto alla corona più complessa, nella Sacra Conversazione tra i Santi Antonio, Leonardo e Vito a Castellaneta nella chiesa Conventuale dei francescani, da dove sembra essere stata ripreso, l’intero il busto della Vergine di Manduria.
    E ritengo oltremodo, non secondario, un elemento interessante che lega i due dipinti, quello di Manduria a quello di Nardò; la scelta dell’atmosfera ‘incantata’ dell’espressione dei gruppi di immagini. Gli sguardi della maggior parte delle figure, nelle due opere, sono assorti, rapiti, beati, trasognati quasi imbambolati. Gli occhi ‘disegnati’ con le palpebre che ne invadono metà della superficie dipinta, fanno diventare l’intera composizione immobile, statica, forse inebriata dal tempo della preghiera e della meditazione (!?), ma tanto povera di ‘patetica’. Mentre, proprio per questo fatto, ne osservo che, chi ha dipinto queste due opere, ha esperienza visiva, di molte immagini del XIII secolo. Di quelle, è evidente, ha chiara memoria e l’ha riportata, sommando però forzosamente, quelle figure a quel movimento che stenta e mal si adatta a presentarsi tale.

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