Cutrofiano e un suo conte del XIX secolo

di Armando Polito

L’argomento di oggi mi consente di esordire nel modo a me più congeniale spendendo qualche parola sull’origine del toponimo. In ricerche di questo tipo la corretta metodologia impone anzitutto di passare al vaglio le ipotesi altrui che abbiano un minimo di fondatezza scientifica, senza, tuttavia, trascurare anche le più fantasiose ed improbabili, dovessero essere anche le proprie, perché sarà poi il confronto scevro da pregiudizi di ogni sorta ad emettere il verdetto ultimo ma, il più delle volte, non definitivo.

Viviamo nell’era di internet e, perciò, fedele alle vesti del comune utente della rete, parto da quella che, come ho più volte affermato e provato, è considerata avventatamente una sorta di vangelo.

In wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Cutrofiano) leggo: L’origine etimologica risale al nome di persona greco-latino: Oecotrophius; o osco: Octufrius. La toponomastica riporta anche una derivazione collegata all’antica attività di produrre oggetti di terracotta, i cutrubbi, tipici recipienti di argilla (dal greco kutra, che vuol dire vaso), da cui Cutrubbiano, e poi Cutrofiano. Gli abitanti si chiamano cutrofianesi.

Sorvolo sul contorsionismo verbale che, almeno io, ravviso in l’origine etimologica risale e la toponomastica riporta anche una derivazione per stigmatizzare, ancora una volta, l’assenza totale della citazione di uno straccio di fonte; il risale, poi, fa credere al lettore che la relativa ipotesi sia quanto meno quella più accreditata.

Per sintetizzare dico che le ipotesi proposte, almeno quelle da me conosciute, sono tre:

1) Il cutrofianese Vincenzo Maria Maselli, sacerdote e cantore della locale parrocchia, nel suo Menologium storiographicum synopticum Parochiarum Hydruntinae Archidiocesis, s. n., Lecce,1858 afferma, in assenza di qualsivoglia prova documentale, che Cutrofiano deriverebbe dalla locuzione latina cultus Jani (culto di Giano) perché in prossimità dell’abitato sarebbe esistita una selva in cui si praticava tale culto.

2) Gerard Rohlfs in Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo, Galatina, 1976 (ma la prima edizione uscì a Monaco nel 1956-57) lo collega dubitativamente a cutrufu=vaso e rinvia a cutrubbu, senza fornire per l’uno e per l’altro etimo di sorta. Successivamente ritornerà sulla questione e più avanti ne esporrò gli esiti.

3) Il glottologo Giovanni Alessio in Problemi di toponomastica pugliese, Cressati, Taranto, 1955 respinge l’ipotesi, sia pure dubbia e parziale del Rohlfs e, sulla scorta di un Uttrofianum che compare in un documento del 1269 (in Testi e documenti di storia napoletana, I registri  della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri, I, 296, Accademia Pontiana, Napoli, 1950), peraltro citato dallo studioso tedesco nel terzo volume della sua opera1, ipotizza che Cutrofiano sia derivato da un personale latino-greco *Oecotrophius/*Οἰκοτρόφιος (leggi Oicotròfios)=(schiavo) nato in casa, come sarebbe successo per Vernole dal latino vèrnula, diminutivo di verna con lo stesso significato. Se fosse attestato, aggiungo per ora io, Οἰκοτρόφιος sarebbe derivato da οἰκότροφος (leggi oicòtrofos), composto da οἶκος (leggi òicos)=casa+τρέφω (leggi trefo)=; tuttavia va detto che lo stesso οἰκότροφος registra una sola attestazione, peraltro dubbia, in Dione Crisostomo, VI, 11.

Esprimo nell’ordine le mie osservazioni:

1) Il passaggio da cultus Jani a Cutrofiani dovrebbe comportare la seguente trafila fonetica: cultus Jani>curtus Jani>cutrus Jani>Cutrofiano. Se i primi due passaggi sono plausibili, non si comprende in base a quale principio fonetico (o a quale caso simile  attestato) sia avvenuto il passaggio -j->-f-. E poi, anche se fosse stato Cutrogiano, resterebbe da attendere il fortunato ritrovamento di qualche reperto archeologico che attesti il fantomatico culto.

2) Per quanto riguarda cutrùfu/cutrùbbu mi meraviglio che al Rohlfs sia sfuggito il latino tardo chytròpus/chytròpodos, trascrizione del greco χυτρόπους/χυτρόποδος (leggi chiutròpus/chiutròpodos)=pentola con i piedi, composto da χύτρα (leggi chiutra)=pentola+πούς/ποδός (leggi pus/podòs)=piede (vedi a tal proposito https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/03/07/il-furone-ovvero-quando-un-deposito-di-risparmio-non-costava-nulla/?preview=true&preview_id=21639&preview_nonce=66affce056). Cutrufu/Cutrubbu potrebbe essere deformazione del nominativo chýtropus inteso come appartenente alla seconda declinazione e non alla terza. Per lo spostamento dell’accento vedi il link segnalato. Lo stesso Uttrofianum (se la lettura è corretta, ammesso che lo sia anche la scrittura),per il quale il Rohlfs in Toponomastica greca nel Salento, Schena, Fasano, 1970, nota 33, p. 18 propone, sia pure dubitativamente l’origine da un *Octufrius gentilizio greco o indigeno o messapico, potrebbe essere, così, un ulteriore suo adattamento con lenizione fino alla scomparsa del ch– latino corrispondente all’aspirata greca χ– e con raddoppiamento, per compensazione, di –t-.

3) L’Alessio sostanzialmente ritiene che Cutrofiano sia un prediale, in linea con la regola in base alla quale i toponimi terminanti in –anus sono legati al nome di colui al quale in epoca romana con la centuriazione venne assegnato il territorio. Nulla impedisce che questo possa essere successo al discendente di uno schiavo nato in casa, ma l’onomastico ricostruito Oecotrophius non risulta attestato da nessuna iscrizione e neppure per Vernole è certo l’etimo proposto. Inoltre, considerando la questione sul piano strettamente fonetico, si dovrebbe ipotizzare la seguente trafila: Οἰκοτρόφιος>*Oecotrophius>*Oectrophianum (sincope di –o– e assunzione di suffisso aggettivale)>Uttrofiano (esito Oe->U- e assimilazione -ct->-tt-). Andrebbe tutto bene se si potesse in qualche modo giustificare l’esito Oe->U-, operazione che a me sembra disperata poiché il greco οι in latino è [per brevità due soli esempi: οἶνος (leggi òinos)=vino>vinum e, per restare in casa …, οἶκος=casa>vicus=gruppo di case, quartiere. Insomma, l’etimo proposto da Alessio sarebbe andato bene, al più, se avessimo incontrato Ittrofiano e non Uttrofiano. Per quanto riguarda il suffisso –anus, infine, va aggiunto che esso non riguarda solo il possesso ma anche altre caratteristiche, geografiche, economiche o di altra natura, legate al nome primitivo; il che significa che Uttrofianum, tenendo conto di quanto ho detto alla fine del precedente n. 2, potrebbe alludere alla produzione fittile ancora fiorente e per l’epoca antica attestata dai numerosi banchi di argilla ancora affioranti dal terreno e ancor più dalla fornace di epoca imperiale venuta alla luce in località Scacciato nel 2005, nonché da analoghi ritrovamenti in siti limitrofi.

Credo che da quanto fin qui detto il lettore si sia fatto un’idea sufficiente dell’ipotesi per me più attendibile.

Qualcosa di più concreto, invece, posso fornire sul duca, del quale riporto di seguito l’immagine reperita in http://bvpb.mcu.es/es/consulta/registro.cmd?control=UNAV20090006218

con la relativa scheda

La data (1860-1880) si riferisce al range temporale supposto in cui il ritratto fu eseguito. Il personaggio rappresentato è il generale Raffaele Fitou (non Fiton, come si legge nella scheda) d’Aragon (1802-1868), figlio di Pietro e di Maria Anna Filomarino duchessa di Cutrofiano suo iure2. Raffaele fu maresciallo di campo e aiutante generale del re di Napoli. Quanto al titolo, acquisito per parte di madre, a parte il fatto che il nostro è più comunemente noto come generale Cutrofiano, non so dire quali vantaggi concreti esso comportasse, se non diritti trasmessi per via ereditaria, nonostante, teoricamente, un duca di Cutrofiano non possa certamente competere con un duca di Lecce o di Otranto …

Noblesse oblige … ad accontentarsi, a volte, anche di poco (anche se molto probabilmente il nostro generale non vide mai Cutrofiano, nemmeno col binocolo …) e d’altra parte, per guardare in casa, il letterato neretino Antonio Caraccio (1630-1702) potè esibire il titolo di barone di Corano, un territorio di Nardò all’epoca presumibilmente pressoché deserto e in cui oggi dell’antico sopravvive solo una masseria in abbandono. Si sa, sic transit gloria mundi

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1 Per Uttrofianum il Rohlfs in Toponomastica greca nel Salento, Schena, Fasano, 1970, nota 33, p. 18 propone, sia pure dubitativamente l’origine da un *Octufrius gentilizio greco o indigeno o messapico; successivamente in Nuovi scavi linguistici nell’antica Magna Grecia, s. n., Palermo, 1972, p. 39 sembra aggiustare il tiro affermando: *OCTUFRIUS (dall’osco *OCTUFRI ‘ottobre’, che sopravvive nel campano ottrùfe ‘ottobre’.

2 A beneficio di chi voglia approfondire riporto in formato immagine tratta da https://archive.org/stream/alessandropoeri00poergoog#page/n399/mode/2up le notizie biografiche contenute in Alessandro Poerio a Venezia. Lettere e documenti del 1848 illustrati da Vittorio Imbriani, Morano, Napoli, 1884, nota 96, pp. 384-386:

 

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