di Paolo Vincenti
Più che una raccolta di poesie, un racconto in versi. Il racconto di una storia d’amore difficile e tormentata, fatta di alti e bassi, andate e ritorni, armonie e disarmonie. Una storia d’amore fra due donne, scritta in versi liberi, è alla base di questa silloge partorita dalla composita e raffinata creatività di Alessandra Nicita, scrittrice, musicista e psicoterapeuta originaria di Nardò ma trapiantata da anni in quel di Bologna.
Dopo “Sono stata molto delusa dai mirtilli” (Besa Editore 2006), pubblica “Arrivò l’amore e non fu colpa mia” (Besa 2014), a cui è allegato il cd musicale “Spegni la luna” con canzoni scritte dalla stessa Alessandra. Il libro presenta una Prefazione di Edoardo Winspeare e una Postfazione di Maksim Cristian.
Un lungo viaggio interiore, dell’innamoramento o delle perdute illusioni, dell’inizio e della fine, della benedizione di un amore ovvero della dannazione che questo porta con sé. Un percorso al contrario, in cui ci si trova e poi ci si perde, e dopo i fantastici giorni del sentimento, lo sprofondo della disgregazione, il baratro dell’abbandono, della dissoluzione. E dopo l’incanto del farsi di una passione, dell’essere insieme, il disincanto del tornare soli, degli occhi disseccati, della voce rotta, lo strappo del disinganno, e amara la consapevolezza delle fragili fondamenta di quella costruzione creduta indistruttibile.
L’autrice utilizza un linguaggio diretto, quasi scarno, il lirismo non è nelle parole ma nella storia raccontata, nelle atmosfere del libro. Questo linguaggio, dalla forte concentrazione, quasi fotografico, è più vicino a quello delle canzoni ai cui stilemi l’autrice è avvezza per via della sua seconda ( o prima) attività artistica, cioè quella di cantautrice. Sono canti dell’inquietudine, e la protagonista della raccolta, proprio come Saffo, ritrova così “l’immortale Afrodite tessitrice d’inganni” . Una sintassi concentrata ma come sospesa, dove i legami logici fra le proposizioni sono lasciati all’intuizione del lettore e che attinge alla lingua parlata. Sono versi intensi, ricchi di immagini nitide che si dispiegano fra le brevi pagine del libro. Il dialogismo delle liriche si poggia sul confronto io-tu, dualità paradigmatica, trattandosi di tematica amorosa.
Versi quasi scolpiti, epigrammatici, fra il bianco e nero delle pagine. il percorso interiore di Alessandra si intreccia inevitabilmente con la sua esperienza artistica e diventa viluppo, inestricabile groviglio, ché non sai dove finisca la sua vita vera e cominci la finzione letteraria, dove l’una approdi e dove salpi l’altra, e dei risultati estetici di questa raccolta raccoglie il testimone la sua arte sfaccettata, polimorfa, come sfaccettata, poliedrica, deve essere la personalità dell’autrice. E un percorso di vita dunque viene scandagliato e segnato dalle poesie di questa raccolta, tappe fondamentali di una crescita che non porta altresì ad un punto d’arrivo, ad una ancoraggio stabile. Ché la vita è nomade, come Alessandra Nicita, che percorre avanti e indietro la nostra penisola nel lungo tour di presentazioni del suo lavoro. L’arte è nomade e così pure il pensiero è sempre in movimento, dinamico, in progresso. E l’amore poi ritorna, senza nessun rimorso perché senza nessuna colpa.