di Lucio Saya
* Il titolo è stato dato dalla redazione al testo fatto pervenire da Armando Polito che dell’argomento aveva avuto occasione di trattare in
https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/08/19/la-pittura-subacquea-e-stata-inventata-da-un-leccese/. Questa preziosa memoria è il risultato finale di un provvidenziale contatto telefonico avvenuto tra Lucio ed Armando, che non poteva certo lasciarsi sfuggire simile occasione. Le immagini, aggiunte dalla redazione, sono fotogrammi tratti dal filmato dell’Istituto Luce, della cui immissione in rete il lettore saprà solo alla fine a chi è dovuta ulteriore gratitudine …
Mario Palumbo è stato un pittore leccese, figlio del più noto Michele Palumbo.
Nella primavera del 1953 a Mario venne un’idea piuttosto originale. Ci riflettè su, rimuginò sulla cosa, poi si mise all’opera cominciando a fare alcuni esperimenti. Lo strano entusiasmo contagiò anche i suoi fratelli Lucio e Franco, che lo incoraggiarono e cominciarono ad aiutarlo nell’impresa. Come prima cosa Mario provò ad usare dentro l’acqua i vari colori ad olio, in una vasca per l’irrigazione nella sua villa. I primi tentativi furono fatti su supporti trattati per un normale quadro “en plain air”. I colori si stendevano senza alcun problema, salvo alcune bollicine che si formavano tra le setole dei pennelli. Furono esclusi, naturalmente, supporti come tela e cartone. Io non so dire se, in seguito, fu deciso di impiegare qualche prodotto impermeabilizzante, ma lo escluderei.
I tre fratelli passarono poi alla progettazione e quindi alla realizzazione dell’attrezzatura per il “palombaro”. Come si può facilmente immaginare, si trattava di soluzioni empiriche e casarecce.
Nessuna particolare difficoltà per un seggiolino metallico che restasse sul fondo. E neanche per zavorrare il cavalletto.
Lo scafandro fu progettato seguendo questa idea: se viene immessa aria nella parte superiore, l’acqua verrà respinta verso il basso (dove lo scafandro è aperto) permettendo al sub di respirare tranquillamente. L’aria sarebbe arrivata attraverso un tubo, azionando una di quelle grosse pompe per bicicletta che venivano tenute ferme con i piedi.
Al termine della “costruzione”, lo scafandro riportava un po’ alla mente l’Armata Brancaleone. Bisogna però ricordare che in quegli anni facevano la loro comparsa le prime, semplici maschere da sub.
Si passò allora alle prove in mare. E ci fu subito un incidente di percorso! Non avendo valutato correttamente l’afflusso dell’aria, questa risultò insufficiente e il livello dell’acqua superò la bocca di Mario. Dato il notevole peso dello scafandro (che avrebbe dovuto esser tirato su dalla barca) il pittore dovette lottare per liberarsene e alla fine raggiunse la superficie “a palla” e con gli occhi fuori dalle orbite.
Si accelerò allora il pompaggio per un maggiore afflusso d’aria. Ad un primo tentativo l’aria era però in eccesso e lo scafandro tendeva a risalire in superficie sfilandosi dalla testa di Mario, che doveva quindi tirarlo giù e trattenerlo.
Apportate le necessarie correzioni e migliorati coordinamento e comunicazione fra l’imbarcazione e il fondo, si raggiunsero le condizioni per poter operare. Sulla barca Franco alla pompa e Lucio ad uno scandaglio visivo per controllare. Sul fondo Mario che, indossato un buon maglione di lana, si mise all’opera.
Ancora un piccolo contrattempo fu causato dai pennelli che ogni tanto, data la particolare situazione, sfuggivano dalle mani del pittore e tornavano a galla. Mario allora cominciò ad applicare in coda ai pennelli un po’ di piombo e, nella vasca di cui si è già parlato, vennero fatte le prove per calibrare i pesi. Con pazienza le prove furono ripetute in mare per correggere le calibrature data la differente densità dell’acqua.
Alla fine tutto fu pronto e Mario Palumbo lavorò sui fondali di Otranto e dintorni, seduto davanti al cavalletto, contornato dai pennelli (ormai idrostatici) che gli fluttuavano accanto e a lui bastava allungare una mano per prenderli.
A parte l’originalità delle opere, i risultati furono eccellenti. Fu allestita una mostra a Bari e le opere esposte furono tutte vendute.
Nell’agosto di quel 1953 lo Stabilimento della Incom inviò una troupe a Otranto a realizzare un servizio per il proprio cinegiornale “La Settimana Incom” e fu così documentato il lavoro di quel “primo” pittore subacqueo. Quel servizio è stato rintracciato da mia figlia e da me nell’archivio dell’Istituto Luce e messo in rete qualche anno fa.
Quel giorno a Otranto c’ero anch’io, ma siccome il regista non voleva ragazzi fra i piedi, dovetti acquattarmi sotto la barca e sbirciare senza farmi vedere. Ma, con mia grande delusione, gli operatori non scesero in acqua e le riprese vennero effettuate dalla superficie attraverso uno scandaglio.
Il “set” era stato organizzato su di un fondale a pochi metri da una specie di piccolo faraglione che tutti chiamavano ” il Fascio”, una gioia per i tuffi di noi ragazzi.
Il “Fascio” (di cui credo affiori ancora una parte) era poco distante dalla scogliera che si prolunga verso il faro e vicino a quella che veniva chiamata “la grotta dei Marati” (che praticamente non esiste più) perché sopra si trovava la villa della famiglia Marati che in quella grotta poco profonda vi ormeggiava le barche.
Quanto all’osservazione fatta da qualcuno a proposito del quadro tenuto fermo dall’ancora, fu una (geniale!) trovata del regista per chiudere il servizio. Sott’acqua Mario aveva dato solo poche pennellate a beneficio delle riprese. Quindi nessuna opera veniva rovinata dall’ancora.
Infine, a distanza di tanti anni trovo ancora il testo di quel servizio semplicemente terrificante!
Non so se i “quadri dei gorghi” di Mario Palumbo siano stati i primi. Io non ho notizie che qualcuno abbia dipinto sott’acqua prima di lui. Ma di certo DOPO il 1953 ho letto e sentito di tanti PRIMI pittori subacquei!
Dedico queste semplici (ma autentiche) notizie a chi può essere interessato a leggerle e, magari, a ricordarle. E per dirla con Armando Polito: Si, è molto probabile che la pittura subacquea sia stata inventata proprio da un leccese. Da zio Mario!
bellissimo e affascinante documento storico che ha fatto parte dei racconti nella mia infanzia. complimenti lucio,veramente incantevole