di Mimmo Ciccarese
I tanti dibattiti previsti sulla tutela degli ulivi e dell’olio d’oliva sono davvero così utili? Quale sarà la prossima questione? Si parlerà ancora del rinnovo del settore, dell’atteso arrivo della nuova politica agricola comunitaria (Pac), del miglioramento della qualità o degli aiuti previsti per le organizzazioni professionali? Sempre la stessa tiritera, dirà qualcuno, ma questi dibattiti, servono proprio a mantener vive le relazioni tra i produttori, i trasformatori, le associazioni agricole, i consorzi.
Quando ci si vuol barcamenare tra questi quesiti e quando i simposi non sono per pochi eletti, probabilmente conviene partecipare, ascoltare con passione per poi trarne delle dovute e adeguate valutazioni.
I dibattiti non sono solo passeggiate mediatiche, si comprende da subito cosa essi ti serbano, ti fanno comprendere e giustificare gli eventi e le persone con un minimo di riflessione o puoi addirittura capire se un dibattito è sincero o maschera ad esempio possibili atti speculativi. Con essi associ e intendi il motivo che ci spinge all’unione all’espressione e al commento libero.
Nel frattempo abbiamo facoltà di arguirci un po’ sopra e chiederci magari se i suggerimenti proposti per la difesa degli ulivi e del Made in Italy non siano poi così efficaci come ci si dovrebbe aspettare. Dopo un lungo dibattito ci si può tornare appagati, delusi o del tutto indifferenti; si può carpire facilmente lo stato del pubblico dalla sua manifestazione.
Qualche solito ignoto partirà in quarta magari con la sua impostata polemica o critica banale da luogo comune e qualcun altro, invece, con la sua valida proposta con la speranza che questa volta sia meglio ascoltata.
I relatori tornerebbero più paghi dopo il loro “quarto d’ora di popolarità”, sguainando le loro tesi, criticabili o meno, non importa; sono sempre lesti ad abbozzarne di nuove specialmente se sono sostenute dai loro tutor preferiti.
Ormai si sa, in questo settore, non sempre otteniamo certezze e verità, lo dice anche un proverbio salentino: “l’ulia è niura e te face niuru” (l’oliva è nera e ti fa nero) così come per dire che di certo possiamo confidare nella percezione e nell’intuito ma con le dovute cautele perché i cambiamenti possono sempre essere repentini.
Con la nostra fatale intuizione potremmo perfino supporre che fra la civiltà rurale Salentina si avranno dei mutamenti. Quali fossero, come avvenissero e se fossero buoni o negativi non è dato saperlo. Di certo non saremo degli indovini ma neanche cattivi osservatori.
Chissà, forse un giorno, ci accorgeremmo che molti impegni per la salvaguardia di un comparto così importante sia stato tempo, lavoro e denaro sprecato. Gli eventi e i dibattiti pubblici servono a questo, a generare movimenti, formare gruppi e condividere le idee, cambiare eventualmente rotta se sbagliata.
Ben vengano gli eventi quindi per valorizzare il settore agricolo e le misure da adottare per difenderlo e che giungano con serenità senza creare tante esitazioni sul suo futuro.
Se i risultati per l’olio d’oliva non soddisfano, se ci sono state o ci saranno decisioni, irrazionali, affrettate o sofferte per qualcuno, avremo tutto il tempo necessario e la possibilità di riparare, recuperare e ripartire.
Continuiamo pure ad aver fiducia nel buon operato degli addetti ai lavori. Valutiamo il grado della loro esperienza, valutiamo i termini con cui essi si proferiscono senza però trascurare la voce dei produttori che sono i primi a incassare i colpi.
Se in questi dibattiti registrate troppi dubbi, allora si può chiedere e proporre in modo costruttivo. E anche se vi guarderanno con altri occhi, continuate ad approfondire l’argomento senza tante preoccupazioni con il coraggio e l’umiltà che avete ereditato.
I produttori avranno pure la facoltà e il diritto di ascoltare altre voci. La ricerca scientifica ed economica è davvero disciplina quando diventa certezza. Di certo quello che gli ulivi e i produttori ci dicono e ci insegnano vale molto di più.
Nell’olivicoltura il ritornello si ripete metodicamente sempre prima dell’arrivo di contributi comunitari che giustamente supportano i produttori. Senza quegli aiuti come si farebbe a sostenere i costi di produzione?
Tra una Pac e l’altra si parlerà d’olio d’oliva, quasi una sequenza di eventi. Uno dei più interessanti è l’Expo 2015, senza dubbio una bella vetrina per le eccellenze italiane. Si tratta di grandi spazi per ogni prodotto, ma per il nostro olio d’oliva? È possibile che sia finito tra i padiglioni dei condimenti come l’aceto? Il grande e piccolo Salento con i suoi milioni di ulivi monumentali terra produttrice d’intingoli, quindi?
Gli eventi sono dibattiti ma anche spazi di slogan da acquistare. Gli ulivi secolari sono il nostro biglietto da visita. C’è un mondo che ci guarda e ci compra attraverso il social network, c’è un mondo preoccupato per le sorti di un patrimonio arboreo e si chiede come mai i salentini non si siano ancora accorti di navigare su un fiume dorato.
Il Salento potrebbe cambiare davvero direzione se solo fosse interessato. I suoi residenti potrebbero rivendicare saperi e sapori con la dovuta energia sull’intero territorio nazionale, non vogliono svendere la loro produzione a marchi esteri e ne passare in secondo piano.
Le istituzioni e le associazioni di copertina devono capire che la griffe Salento con i suoi olivi non può passare inosservata perché rappresenta un lato importante di quella dieta mediterranea che lo Stato volle indicare nel 2010 come patrimonio dell’Unesco.
Chi avrebbe quella grande forza di render voce e certezze alla nostra olivicoltura? Si propongano pure gli eventi e i dibattiti all’uopo ma per cortesia che non siano sempre gli stessi barbosi modi di argomentare.