di Francesco Greco
“La poltiglia bordolese? Una panacea, una suggestione, un modo di illudersi di contrastare la xylella fastidiosa e i suoi vettori…” (per il prof. Francesco Porcelli “pannaturismo cosmico”). E dunque, citando il Sommo Poeta: lasciate ogni speranza voi ch’entrate. La scienza gela il rimedio antico, naturale, proposto in un convegno ben riuscito ad agosto a Castiglione d’Otranto (ma non sottoposto a test), contro il micidiale batterio sconosciuto in Europa (in Brasile attacca agrumi e caffè) che occlude i vasi xilematici provocando (in 4-5 anni) la morte della pianta, che da un anno (15 ottobre 2013, ma l’incubazione, asintomatica, data almeno a 5-6 anni prima) sta devastando migliaia di ulivi sparsi su oltre 25mila ha del Leccese, concentrati nella zona di Gallipoli, Alezio, Taviano, Alliste, Parabita, Nardò e che avanza: è allarme pure nel Capo di Leuca.
Pare però che la qualità “leccino” sia più resistente di “cellina” e “ogliarola” (gli impianti giovani). A rischio anche mandorli, ciliegi, oleandri, acacie, ginestre, ecc. Incluse molte piante da giardino. Primo sintomo: foglie rosso mattone. Il virus avanza di 20 cm. al mese. Se si mette mano con la motosega, si consiglia di tagliare mezzo metro oltre il ramo malato.
D’altronde, non si possono fare le nozze coi fichi secchi: se gli Usa (il microclima della California e Gallipoli sono assimilabili), che da 130 anni sono alle prese con lo stesso virus che attacca la vite, per contrastarlo finanzia la ricerca con 4-5 milioni di $ annui (e ci sono voluti 6 anni per testare la malattia di Pierce), qui siamo nell’ordine di 8mila €: la spending review che tollera l’evasione fiscale e i fatturati dei poteri criminale poi lesina i denari per le emergenze ambientali. Bella Italia, amate sponde…
Sott’accusa anche l’Europa: non controlla efficacemente le frontiere. Così forse è penetrata da piante sospette e ci si espone alle epidemie. Per la xylella, indice puntato sulle piante ornamentali (42 milioni, giunte pare nel 2012, via Rotterdam) dal Costarica (lì attacca mango e noce, ulivi non ce ne sono), entrate clandestinamente.
Sullo sfondo è appena nato il Comitato Scientifico allargato a una componente internazionale, mentre a Gallipoli è previsto un convegno di esperti. Lo si è appreso a un convegno sul “complesso disseccamento rapido dell’ulivo” a Morciano di Leuca, indetto dalla Pro-Loco, moderato dall’avv. Antonio Coppola, con una folla di coltivatori preoccupati, che hanno incalzato gli studiosi con domande pertinenti. Dopo i saluti del presidente Antonio Cacciatore, del presidente dell’Unione delle Pro Loco del Capo di Leuca Antonio Renzo e l’assessore Maria Rosaria Ottobre, le relazioni di Antonio Pizzileo, agronomo e i ricercatori Donato Boscia (Istituto Virologia Vegetale Cnr di Bari: “E’ una malattia nuova, non c’è memoria…”) e Porcelli. Amaro un vecchio contadino: “Dopo secoli siamo riusciti a uccidere pure gli ulivi…”. E un altro: “Abbiamo dimostrato quello di cui siamo capaci e adesso la natura impazzisce e si vendica…”. Un terzo: “Provo a pensare come sarà la nostra terra senza ulivi e mi vien da piangere…”.
La bontà della poltiglia bordolese, rimedio antichissimo (rame e calce viva) a Castiglione era stata però dimostrata, slide alla mano, da Ivano Gioffreda, portavoce dell’Associazione “Spazi Popolari Agricoltura Organica Rigenerativa” (sue le foto), a cui rivolgiamo alcune domande.
Domanda: Poltiglia bordolese, suggestione o via percorribile?
Risposta. Noi non interveniamo sul batterio, rafforziamo le autodifese della pianta con rimedi naturali.Non è affatto una suggestione, io curo ancora molte patologie dell’apparato respiratorio con i rimedi della nonna a base di erbe. Abbiamo solo utilizzato vecchie pratiche agronomiche, il solfato di rame è un antibatterico e un antifungino, l’idrossido di calcio (calce) è un disinfettante naturale usato da secoli. La vecchia poltiglia bordolese autoprodotta non porta ricchezza alle casse delle multinazionali dell’agrochimica. Successivamente siamo intervenuti alla radice, con un prodotto naturale a base di aglio, che alcuni ricercatori spagnoli venuti fin qui ci hanno gratuitamente consegnato per la nostra sperimentazione empirica. Ci siamo accertati che fosse un prodotto naturale e registrato e lo abbiamo usato alla base della pianta, intervenendo sulle radici.
D. Quali i sintomi della malattia?
La sintomatologia si nota dall’alto della chioma per poi diffondersi su tutta la branca, sino al basso della pianta. Proprio come una verticillosi.
D. Che fare appena si sospetta che l’uliveto potrebbe essere stato contaminato?
R. Noi non ci sostituiamo agli organi preposti, di certo non ci atterremo a quelle norme scellerate previste dalla quarantena che prevedono l’uso massiccio di diserbanti e insetticidi per uccidere i fantomatici insetti “vettori”.
D. E in termini di prevenzione?
Curare la terra e gli olivi. Una buona potatura aiuta la pianta a rivegetare, ossigenare il terreno con un leggero coltivo, ritornare alle buone pratiche dell’innerbimento e del “sovescio”: così facendo si restituisce alla pianta sostanza organica a costo zero. Disinfettare la pianta con la solita poltiglia bordolese autoprodotta (grassello di calce e solfato di rame). All’occorrenza, disinfettare e nutrire i tronchi con solfato di ferro e calce alle dosi consigliate.
D. Come si trasmette il batterio?
R. Non capisco il perché alcuni soggetti si accaniscono sul batterio e non sulla moltitudine di funghi tracheomicosi presenti sulla pianta e sulla radice. Credo che si stia facendo cattiva informazione: abbiamo perso il contatto con la realtà, e quindi dobbiamo tornare a essere più umili, prima con noi stessi e poi con madre Terra. Con la rivoluzione “verde” dettata dall’agrochimica sponsorizzata da alcune Università, abbiamo contribuito a distruggere la biodiversità e rotto quell’equilibrio biologico perfetto, frutto del creato. Io non uccido nessun essere vivente!
D. La falda inquinata, magari da rifiuti tossici, da percolato, può essere una spiegazione alla xylella?
R. Una cosa è certa: la nostra Terra è martoriata.
D. L’uso scriteriato della chimica e la smania di far produrre ogni anno le piante può aver influito sulla diffusione del batterio?
R. L’altro giorno leggevo la retro etichetta di una nota multinazionale dei diserbanti, recita così: “Buona Pratica Agricola nel controllo delle malerbe, l’applicazione degli agrofarmaci non è corretta se viene realizzata con attrezzature inadeguate”. Come possiamo ben notare, le stesse multinazionali dell’agrochimica, che prima ci avvelenano e poi ci “curano”, stravolgono il senso delle parole.
Domenica 5 Ottobre a Trani abbiamo concluso la 3 giorni del 2°meeting “Terra e Salute”, tra i relatori spiccavano alcuni nomi noti del mondo accademico, il prof. Cristos Xiloyannis e il prof. Pietro Perrino, ed erano entrambi a conoscenza della drammatica situazione in cui versano i nostri olivi, ne abbiamo parlato a lungo, sono concordi con le nostre analisi e con i nostri metodi naturali di intervento. La flora batterica è completamente assente, le sostanze nutritive di origine organica sono granelli di sabbia, la chimica non aiuta certo la pianta, anzi, contribuisce ad abbassare le autodifese.
D. L’eradicazione di cui si parla può fermare il batterio?
R. Che facciamo, applichiamo l’eutanasia agli olivi viventi ? Di olivi completamente morti non ce ne sono e l’eradicazione non è una via percorribile e non risolve il problema batterio. Con i batteri e altri patogeni dobbiamo convivere, Dio non ha creato animali per essere uccisi, dobbiamo cercare il giusto equilibrio. Gli olivi sono la bellezza del nostro paesaggio agro-culturale. I nostri olivi non si toccano!
D. Posto che si eradichi, il pollione che nascerà crescerà sano?
R. Nelle zone più interessate all’essiccamento, Li Sauli, Castellana, ecc., possiamo notare che l’arbusto olivo reagisce, ma non ha la forza per mantenere tutto il peso della chioma, perché mancano le sostanze nutrienti naturali. Quindi, è la pianta che lascia morire parte di se stessa. Quando viene potata e quindi alleggerita dal suo carico, l’olivo reagisce, perché concentra le proprie energie nutritive sui pochi rami rimasti.
D. Cosa pensa dell’ipotesi che la xylella sia stata portata per boicottare l’olio di Terra d’Otranto?
R. Se sia stata importata o no, non sta a noi verificarlo, avevamo dei dubbi e per questo presentammo un esposto in Procura. Una cosa è certa: questa nostra martoriata Terra è sotto attacco, e gli avvoltoi sono troppi, la nostra Terra fa gola a molti speculatori, fa gola pure alle mafie del cemento.
D. Che interessi si giocano sul nostro olio?
La nostra Regione era la terra più vitata d’Italia, poi ci convinsero a estirpare circa il 30-40% dei nostri vitigni, con punte del 50% nel Salento in cambio di 10-12 milioni delle vecchie lire per ha, quote cedute alle Regioni del Nord. Non vorrei che si praticasse lo stesso parassitismo per i nostri olivi: il Sud ha già dato troppo al Nord.
D. La raccolta 2014 è iniziata, la produzione calerà. Dall’estero arrivano disdette di ordini: può rassicurare il consumatore che nonostante il batterio l’olio prodotto è di ottima qualità?
R. L’attuale annata è scarsa in tutto il Bacino del Mediterraneo, e non a causa del batterio. La nostra preoccupazione è per le prossime annate, fin quando i nostri olivi non si riprenderanno. Quest’anno la produzione non sarà sufficiente a soddisfare tutte le richieste, e l’essiccamento non incide minimamente sulla qualità del prodotto. Siamo preoccupati dell’invasione di olio proveniente dagli impianti ultra-intensivi dell’Australia.