di Giuseppe Cesari
Nella gran parte del Sud Italia il sistema economico e sociale fino a pochi decenni fa era quello tipico di una civiltà contadina.
Tutta l’economia ruotava intorno alle produzioni agricole e il lavoro in campagna coinvolgeva interi nuclei familiari, dal più anziano al più piccolo, ognuno con compiti ben precisi in base alle proprie capacità.
Era così anche a Cutrofiano, dove quel mondo trovava la sua sintesi di rabbia e d’amore, di disperazione e di fede, di lotta e di speranza nelle canzoni che erano il commento sonoro, a volte anche gioioso ed ironico, di quel lavoro duro e di quella vita scandita dal ritorno ciclico delle stagioni.
Spesso a Cutrofiano ai passanti capitava di sentire provenire dai campi, oltre ai suggestivi suoni naturali, delle voci umane cantare; si sentivano cori, canti e controcanti, che intonavano melodie che come un’eco andavano e tornavano da vari punti della campagna…
È nella nostra campagna, è esattamente lì che è nata l’ispirazione al canto di tanti Cutrofianesi.
In quelle campagne, tra le rughe dei nostri ulivi secolari, nei profumi di rugiada mattutina, nella dolcezza del primo acino d’uva maturo, tra muretti a secco e furneddhri, nella freschezza dell’acqua dei pozzi superficiali che a Cutrofiano offrivano generosamente acqua in quantità per la coltivazione dei campi e per la sete di piante e uomini, i lavoratori stagionali venuti dai paesi limitrofi ascoltavano le voci dei nostri cantori e ne davano testimonianza con i loro racconti.
Già da bambini Uccio Aloisi, Uccio Bandello, Narduccio Vergaro e tanti altri cantavano, cantavano sempre, cantavano per passione, per gioia, per amore, cantavano…
Per i nostri contadini cantori la campagna e il paese rimasero la dimensione del loro canto fino alla fine degli anni 60. Solo la collaborazione con il coro parrocchiale per cantare la domenica alla Santa Messa offriva ulteriori palcoscenici, soprattutto a Uccio Bandello, per soddisfare la sua insaziabile fame di canto; anche Narduccio Vergaro era vicino al coro parrocchiale, del quale faceva parte suo fratello Carminuccio, appassionato di musiche sacre.
La loro passione per il canto era tanto forte che quando si incontravano in piazza o in qualsiasi altro posto c’era qualcuno, Uccio Aloisi in particolare, che intonava qualcosa che diventava irresistibile per gli altri due al punto da trasformare l’incontro, più o meno casuale, in una occasione per un improvvisato concerto spontaneo, che richiamava l’attenzione di tanta gente.
Ormai erano maturi i tempi per salire sul palco. Cominciarono a farsi notare nelle manifestazioni organizzate a Cutrofiano, poi a suonare alle feste dell’Unità che all’inizio degli anni 70 si organizzavano in vari paesi ed erano molto partecipate.
Le loro voci, i suoni, l’insieme dello spettacolo con il vasto repertorio che spaziava dai canti napoletani ai canti nazionalpopolari, dai canti in dialetto salentino alla pizzica tamburo e voce lasciavano al pubblico un retrogusto gradevole, particolare, e la consapevolezza d’aver assistito a qualcosa di unico, di importante, di autentico.
Agli inizi degli anni 70 su di loro cominciò a concentrarsi l’interesse del mondo accademico e di ricercatori, studiosi, etnomusicologi che venivano a Cutrofiano per incontrarli, conoscerli, parlare con loro e poi registrare le loro canzoni. Proprio nel 1972 Giorgio di Lecce incontrò Uccio Bandello e Uccio Aloisi.
Questo incontro segnò una svolta importante per i cantori di Cutrofiano che, suggellando la collaborazione con Giorgio di Lecce, cominciarono ad andare dapprima in giro per la Puglia fino a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, con uno spettacolo di musica e danza popolare e l’anno successivo in tournee per l’Italia con memorabili concerti a Faenza, Ravenna, Napoli.
Grazie a Giorgio di Lecce i cantori di Cutrofiano ebbero l’opportunità di conoscere e di collaborare con Uccio Casarano, organettista di Sogliano, con Luigi Stifani, il barbiere violinista di Nardò e con la famiglia Zimba di Aradeo con un giovanissimo Pino diventato poi il grande personaggio della musica popolare salentina.
Dopo la metà degli anni Settanta, quando ci fu il grande boom delle radio e tv libere, il gruppo dei cantori di Cutrofiano, ormai conosciuto molto bene in provincia e non solo, partecipò ad una serie di fortunatissime trasmissioni televisive sulla musica popolare del Salento mandate in onda da “Telelecce Barbano”, emittente all’epoca seguitissima in tutta la provincia.
Ormai era nato un vero gruppo, che aveva spontaneamente preso il nome “li Ucci”, il cui nucleo storico era costituito da Uccio Vergaro, Uccio Bandello e Uccio Aloisi con tanti artisti che ruotavano intorno a loro.
Essi erano un punto di riferimento per tutti coloro che amavano la musica tradizionale salentina autentica. Nonostante il successo, che li aveva loro malgrado investiti, il loro carattere, la loro semplicità, la loro spontaneità, la loro ispirazione era rimasta intatta. La vita di tutti i giorni era sempre la stessa, non assumevano atteggiamenti da star, anzi portavano sul palco la loro spontaneità tanto da non rispettare il galateo del palco e suonavano come se stessero nei campi. Alcuni pensavano fosse trasgressione, invece era semplicemente il loro modo di essere e di suonare, era amore puro per la musica che per loro aveva solo un senso: dare voce e canto alla nostra terra.
Il gruppo crebbe notevolmente in notorietà e ormai si muoveva in maniera autonoma; gli organizzatori delle feste contattavano loro direttamente e quindi ci fu l’esigenza di trovare musicisti che li supportassero nelle loro innumerevoli serate. Lo stile era sempre lo stesso. Le prove si facevano d’estate nella campagna di Narduccio Vergaro; si trattava di raduni che attiravano folle di contadini da tutta la “cavallerizza” , mentre la moglie di Narduccio cuoceva pentoloni di pitteddhre alla pizzaiola già dal pomeriggio per sfamare tutti i presenti. D’inverno, invece, quando a causa della pioggia e del freddo il lavoro nei campi era meno intenso, il raduno quotidiano era dal barbiere, in Via Don Giuseppe Villani, nel centro storico del paese.
Lì si radunavano; chitarra, mandolino e tamburello stavano sempre nel salone, mentre ognuno dei tanti musicisti che accorreva portava il proprio strumento e a quel punto cominciava la festa. Ognuno aveva un approccio personale e dava il proprio contributo per rendere sempre originale e unico il suono.
I musicisti che ruotando suonavano con “li Ucci” erano, oltre a Uccio Casarano, Pino Zimba e Luigi Stifani, i Cutrofianesi Antonio Melissano – mandolino, Giuseppe Luceri – chitarra, Ugo Gorgoni – mandolinista chitarrista e forse l’unico che leggeva il pentagramma, Luigi Gemma – Fisarmonica, Giovanni Vantaggiato di Corigliano, Uccio Malerba; c’erano poi alcuni musicisti che non andavano a suonare sul palco, ma che erano sempre presenti nei loro raduni spontanei, lu Ninu e lu Pippi Perrone.
All’inizio degli anni Ottanta Leonardo Vergaro rinunciò a partecipare a molte serate estive per non lasciare la famiglia, moglie e tre figlie in campagna sole di notte, però era sempre presente ai raduni spontanei e la sua casa rimase il posto preferito per le prove. Da giovane Narduccio aveva anche tentato di frequentare una scuola di musica, spinto dal fratello Donato che era un bravo sassofonista e clarinettista, ma a causa del carattere irrequieto aveva rinunciato a studiare.
Gli anni Ottanta furono anni di intensa attività e furono anche gli anni in cui cominciarono ad arrivare da più parti importanti riconoscimenti. Nel 1986 Uccio Aloisi, Uccio Casarano e Luigi Stifani parteciparono a “Domenica in”, invitati da Pippo Baudo per cantare e far ascoltare la musica del Salento. Questo significava che la loro popolarità era ad altissimi livelli, di cui “li Ucci” non ebbero mai piena consapevolezza e soprattutto rimasero sempre inconsapevoli dei meccanismi e delle opportunità che il loro successo offriva. Con la semplicità che li rendeva unici ed inimitabili negli anni Novanta suonavano in giro per l’Italia, con formazioni diverse a seconda della situazione.
Con la morte nel 1998 di Uccio Bandello e con l’età che inesorabilmente lasciava il segno su tutti gli altri il gruppo pian piano si sciolse.
Il 1998 fu l’anno della prima edizione della Notte della Taranta che fu dedicata a Uccio Bandello. La voce di Uccio Aloisi che intonava “Quandu te lavi la facce la matina” fece venire la pelle d’oca a mezza Italia, rese tutti noi giovani consapevoli che da quel momento cominciava un’altra storia, una storia innestata su un ceppo forte dalle radici indissolubilmente piantate nella nostra terra, storia in cui si raccoglievano i frutti di quelle piante fatte crescere da chi c’era prima di noi.
“Li Ucci” hanno scritto pagine inedite nel mondo della musica popolare, hanno creato uno stile originale, unico, hanno inventato un inedito approccio col pubblico e non hanno temuto di confrontarsi e dialogare musicalmente con star internazionali della musica, come ha fatto Uccio Aloisi con Stewart Copeland dei Police o con l’italiana Gianna Nannini.
Divertendosi e divertendo hanno esportato fuori dal Salento e dall’Italia la musica e la cultura ad essa sottesa, contribuendo a farla conoscere ed apprezzare e rendendola nello stesso tempo indimenticabile.
In questo modo i contadini cantori di Cutrofiano si sono resi essi stessi protagonisti inconsapevoli di una grande operazione culturale se è vero che, come diceva un anonimo,:“Cultura è ciò che resta quando tutto il resto è dimenticato”
Da quattro anni a Cutrofiano l’associazione sud etnic organizza “li ucci festival” una manifestazione in onore di Uccio Aloisi, Uccio Bandello, Narduccio Vergaro e di tutti i musicisti che ruotavano intorno a questo trio (li ucci). la manifestazione ha l’obiettivo di far conoscere e valorizzare il loro stile unico, di autentici cantori, che hanno fatto dell’amore per il canto e per la musica una ragione di vita facendo giungere fino alla nostra generazione melodie nate chissà in quale campagna e che se non fossero stato per loro oggi sarebbero scomparse. Quest’anno la manifestazione dal 15 al 20 settembre ha coinvolto oltre cento artisti che si sono esibiti ricordando i cantori cutrofianesi… inoltre ogni giorno a Cutrofiano ci sono state mostre, incontri, dibattiti. Al concertone finale di sabato 20 settembre c’è stata la partecipazione di oltre 10.000 persone che hanno cantato e ballato per tutta la notte insieme all’orchestra “ucci festival” composta tutta da musicisti salentini provenienti da vari gruppi e generi musicali. Oltre a far rivivere le nostre tradizioni musicali, “ucci festival” ha centrato l’obiettivo di destagionalizzare il turismo considerando che per la settimana del festival nei B&B della zone c’è stato il tutto esaurito.
Complimenti all’autore per la ricostruzione meticolosa e documentata di un pezzo della nostra storia (quando “business” era solo una sconosciuta parola inglese di cui si ignoravano anche i sinonimi italiani “profitto” e “affare” e salentino “li sordi”) senza cedimenti a nostalgici sentimentalismi e a facili tentazioni retoriche.
ogni mattina, prima di andare ad assolvere i miei doveri professionali, apro la pag. facebook con la speranza di trovare qualcosa scritta dal Prof. Armando Polito, e quando ciò accade mi predispongo, al ritorno a casa e a pancia piena, a leggere, a volte (lo ammetto!) ad ascoltare e a gustare i contenuti dei lavori pubblicati… ebbene… ricevere i complimenti dall’autore da me più letto nel sito è la più grande soddisfazione che mi potessi mai aspettare da questo (per me molto impegnativo) lavoro di ricerca… grazie Armando…
Ciao!! Sono la figlia di Gorgoni Ugo! È vero mio padre era l’unico a leggere il pentagramma. Purtroppo molti di loro sono morti! Ma io li sento suonare ancora………..
Li Ucci Salentini passando lasciano il segno. Papà proveniente da Lecce accasatosi a Novoli lo chiamavano l’Ucciu Leccese assiduo cantastorie portatore di serenate.
Nel mese di luglio 2006 presso il Borgo Medievale di Torino abbiamo incontrato Uccio Aloisi “di giorno contadino stornellatore di notte ” partecipò al Festival dell’oralità musica nella
cultura popolare, suonarono per 1 ora sul palco al ritmo di: Quannu te llai la facce la matina”.
Per noi Salentini è stato un Amico il depositario delle nostre tradizioni lo invitammo a trascorre con noi qualche ora facendoli visitare l’Abbazia Precettoria di Sant’Antonio Abate di Ranverso nei pressi di (To) il gruppo accettò l’invito, quel pomeriggio seduti sulle panchine all’ombra dei platani abbiamo raccolto preziosi contributi al nostro quotidiano lavoro condividendo insieme la sua semplicità E i suoi racconti.
E necessario concentrare le nostre energie affinchè tutto ciò che le persone come gli Ucci
hanno conservato e fatto vivere con tanta forza, siano trasmesse alle nuove generazioni.
Ersilio Teifreto http://www.torinovoli.it