di Wilma Vedruccio
La si può trovare a Est, lasciando la litoranea che da S. Cataldo va verso Otranto, annidata su un costone di calcare. Non una torre ma un faro-torre, il faro di Missipezza che ammicca nella notte sul Canale d’Otranto per segnalare ai naviganti alcune secche antistanti su cui cresce, rigogliosa, la posidonia.
E’ la posidonia ad approdare per prima, ad ogni autunno che ritorna, portata dalle correnti del mare ad ammucchiarsi lì, sulla spiaggetta-porticciolo, ai piedi del faro. Le foglie brune, sminuzzate dal mare, riposano lì, poi non le vedi più, se le riprende il mare.
In direzione Nord si seguono sentieri a strapiombo sul mare, su “scenari mozzafiato” come si usa dire. Bisogna fare attenzione a non lasciarsi distrarre dalla bellezza della costa perché il sentiero può rivelarsi interrotto all’improvviso, inghiottito da una frana provocata dalle piogge o dalle mareggiate.
Ripreso il cammino, un cammino in punta di piedi per non disturbare, si può godere degli odori di stagione: una fioritura di tamerice o di mirto, un mentastro o una santoreggia sollecitati dal proprio calpestio.
E intorno voli, evoluzioni in volo di piccioni di mare, da un nido all’altro, nelle pareti dei faraglioni, cesellate.
Se poi c’è mareggiata, provocata dalla tramontana o dal grecale, il cammino si fa più coinvolgente. Da scalette che fendono la tenera roccia, si può scendere giù al livello del mare e camminare sugli scogli dove approdano le onde.. Estremo e fantastico il percorso, tra un mare mutevole a seconda del vento del giorno, e una roccia color oro che si fa modellare.
C’è il Bastimento, poi il Castello delle Microfate e l’ampia spianata di Acquaduce: qui le acque dolci sotterranee approdano al mare, formando vasche, gallerie, anfratti, dove si può avvertire il gocciolare del tempo e il respiro del mare. Il luogo ideale per la pesca con la canna, per nuotare, per prendere il sole, per meditare.
Se si vuol proseguire si arriva alla punta del Matarico e al costone a sud della baia di Torre dell’Orso con le Due Sorelle.
In direzione Sud da Torre Sant’Andrea, il cammino si fa più intimo, lungo sentieri polverosi d’estate, fangosi poi, dove si possono notare le ossa della terra che affiorano quali carrarecce spontanee e remote.
A lato, cespugli di macchia odorosi in ogni stagione, fioriti all’improvviso anche fuori stagione.
A Est l’orizzonte è solcato da vele e pescherecci, da vecchie petroliere, carghi che rimandano a Conrad e ad avventure letterarie.
Seguono approdi improvvisi, solitari, per varia umanità, e piccole oasi di sabbia sottile. Aldilà del Canale d’Otranto, a volte, capita di vedere il profilo dei monti d’Albania, che sposta più in là l’orizzonte.
Passo dopo passo si arriva a San Giorgio dove ha inizio una catena di dune che porta a Frassanito e poi oltre, verso Alimini. Radici antiche di ginepro trattengono la sabbia di queste dune maestose sopravvissute al logorio ed alla smania dei nostri tempi e alla furia delle mareggiate.
Una vegetazione spontanea, mediterranea, le ricopre e le infiora e il mare si fa mansueto per non spaventare.
Non ho mai sentito parlare del Castello delle microfate. Di cosa si tratta?
Una licenza narrativa, se così posso dire.
Quel tratto di costa, con fenditure da falda da cui gocciola acqua dolce, crea scenari fantastici che si prova a spiegare ad occhi di bimba con interpretazione da fiaba.
Cammino appassionante!