di Gianni Ferraris
C’era una volta il telefono cellulare, assunse poi nel lessico comune il terrificante nomignolo di “telefonino”, quasi si potesse contrapporre non già al telefono, ma al telefonone.
Cellulare deriva da cellula, lo impariamo dai telegiornali, ogni volta che c’è un criminale in giro la polizia “verifica quali cellule ha agganciato”. Le cellule sono in pratica delimitate da quelle simpatiche antenne che troviamo ovunque, sui palazzi, camuffate da abeti in un oliveto, su tralicci che guardano il mare ecc.
Il principe di tutti i problemi del cellulare è da sempre la batteria. Un tempo c’erano banali batterie al nichelmetalidrato (non mi si chieda cos’è, non so e non mi interessa) che avevano l’effetto memoria. In pratica succedeva che, caricando la batteria quando era a metà, lei memorizzava quel tempo di ricarica ed avrebbe sempre caricato per quello stesso periodo indipendentemente dalla capacità della batteria stessa. Questo procurò enormi vendite di carica/scarica batterie. Si inseriva la batteria dentro il marchingegno, si faceva scaricare e poi si caricava completamente. I più risparmiatori si ingegnavano con un cavetto elettrico ed una lampadinetta per scaricare il tutto. Poi arrivarono le batterie al litio ioni e la storia cambiò.
Le prime batterie, studiate non già per essere miniaturizzate, ma per durare a lungo, avevano dimensioni importanti, i primi cellulari, venduti a prezzi stratosferici e con abbonamenti per i quali occorreva un consistente conto in banca, erano muniti di pacco batterie a parte, in apposita valigetta a tracolla con telefono appeso. In pratica erano telefoni come quelli di casa, solo che pesavano il triplo ed erano di dimensioni doppie. I più estroversi (e ricchi) camminavano per la città con questo pacco di almeno 5 Kg. appeso al collo, a volte telefonavano urlando perché la copertura era limitata e pensavano (cosa che ancora succede) che la distanza si potesse coprire parlando a voce altissima. Passato questo periodo di immenso piacere nel prendere per i fondelli i telefonatori stradali che nel mese di luglio, a 40° si portavano appresso quel pacco, l’evoluzione fu rapida, i costi diminuirono e le batterie presero sembianze umanamente comprensibili ed accettabili. Al TACS (Access comunication system) che consentiva solo chiamate nazionali, si sovrappose presto il GSM (global system mobile telecomunication) che rendeva universale l’utilizzo. Il cellulare iniziò a diffondersi rapidamente, in Italia, nonostante tariffe care, più che in altri paesi, ed iniziarono a miniaturizzarsi, si assistette a cambiamenti semestrali, dal cellulare che occupava una tasca della giacca al rivoluzionario star tak della Motorola che stava nel palmo di una mano e potevi perderlo nelle tasche dei giacconi. Io amai molto il Philips Genie, 99 grammi, batteria della durata di almeno 6 giorni, piccolo, maneggevole e intuitivo. Per stupire i giovanissimi dirò che addirittura questi telefoni avevano i tasti. Oggi sono spariti per lasciare il posto allo schermo dove digiti almeno 3 cifre per volta. Il tutto con nomi rigorosamente in inglese, lo schermo si chiama touch screen (schermo tattile) e via dicendo.
Eh si, non ci sono più i telefoni cellulari di una volta, quelli che servivano per telefonare. Il telefono oggi deve avere quanto meno una fotocamera che riduce cittadini di ogni fascia d’età a sedicenti fotografi, si fanno almeno 100 scatti per volta (tanto non costano una mazza) e lunghissime riprese che nessuno guarderà mai. In qualunque momento pubblico, dai concerti alla presentazione delle pentole laminate oro, vedi giovani e anziani che, anziché seguire quel che si dice, hanno le braccia levate al cielo a riprendere tutto. Se qualcuno telefona in quel momento viene stramaledetto.
Poi devono essere in grado di fare il selfie, non contenti di fotografare quello che si ha di fronte, e presi da una smania di egocentrismo incontrollabile, tutti a farsi fotografie da soli. La cosa mette molta tristezza a ben pensare, un “fai da te” molto vicino alla masturbazione.
Non solo, il telefono cellulare deve poter essere un computer, si possono inviare e mail scrivendole con quella cosa che tastiera non è, soprattutto si deve sempre essere rintracciabile perché lui, il perfido, trasmette anche la tua posizione geografica. Per le coppie di amanti sono tempi duri. Pare sia allo studio anche una mappatura dei luoghi chiusi, se si è in bagno a espletare bisogni elementari non si potrà più dire al rompipalle di turno che chiamano: “stavo lavorando per lei”.
Con il telefono si possono acquistare azioni e fare buone azioni, donare quattrini o fare shopping compulsivo on line, e mille altre funzioni. Tutto ha tuttavia un prezzo da pagare. Eravamo rimasti ai telefoni miniaturizzati, per fare tutte le cose che offe un “normale” cellulare attualmente in commercio lo schermo deve essere più grande (altrimenti come conti i peli della barba quando fai selfie?), la tastiera deve consentirti di premere due pulsanti alla volta invece dei tre o quattro di prassi ecc. Ecco quindi che le dimensioni cambiano, diventano più grandi, ingombranti e delicati. Non è raro vedere qualcuno che telefona tenendo mezzo metro quadro di i pad (i pod?) attaccato all’orecchio, con un effetto ridicolo al punto di suscitare compassione: “poveretto, guarda cosa è costretto a fare”.
E non si preoccupino i bagnanti, oggi esiste la custodia da mare per iphone (quello che una volta, quando eravamo trogloditi, chiamavamo telefono cellulare), lo metti dentro e ci puoi fare il bagno. In effetti è pensabile, nel 2014, tuffarsi in mare senza cellulare? Metti che il tuo amico da Boston metta una foto osè su facebook e tu non lo sai in tempo reale, che figuraccia ci fai? Metti di incontrare uno scorfano, lo fotografi e poi dici a tutti che hai fatto selfie.