di Rocco Boccadamo
Ha avuto luogo, nella serata di domenica 3 agosto, la cerimonia di consegna dei riconoscimenti inseriti nell’ambito del Premio Castrum Minervae, giunto alla nona edizione.
Splendida l’ambientazione voluta dagli organizzatori, ossia a dire la magica Piazza della Vittoria del borgo di Castro, delimitata da un lato, come è noto, dalla ex cattedrale; originale anche il palcoscenico richiamante un tempio pagano, del genere di quello, dedicato alla dea Minerva, accennato nei versi dell’Eneide all’atto della rievocazione del primo sbarco dell’eroe troiano in Italia e i cui resti sono venuti alla luce, qualche anno addietro, in occasione di scavi archeologici lungo le mura della Perla del Salento.
L’evento, portante, in questa tornata, il titolo “In viaggio con Enea, tra cultura e creatività, nuovi immaginari contemporanei”, è stato inframmezzato dall’esibizione di una serie di artisti della danza, del canto, della musica e della recitazione, con numeri di buona qualità che hanno tenuto fissa l’attenzione del numeroso pubblico che gremiva Piazza della Vittoria.
Contesto, scenario e corollario a parte, purtroppo, a mio parere, è affiorato qualche limite, ossia a dire non è sembrato pienamente all’altezza il “cuore” del premio per quanto riguarda la specifica destinazione delle artistiche statuine simbolizzanti i riconoscimenti.
I vincitori designati dall’amministrazione comunale di Castro col conforto di un Comitato scientifico costituito ad hoc sono stati i seguenti:
– LUA Laboratorio Urbano Aperto di S. Cassiano (Le), aggiudicatario del “Premio innovazione culturale di Puglia” con il progetto “Lampa” riecheggiante, nel titolo, l’olio lampante di una volta;
– Cantina due Palme di Cellino S.Marco (BR), assegnataria del “Premio migliore comunicazione e promozione di Puglia”;
– Saietta Film, che si è aggiudicato il “Premio migliore impresa culturale di Puglia”, grazie al film “In grazia di Dio” diretto dal regista salentino Edoardo Winspeare.
In aggiunta, in apertura della serata, c’è stata la consegna di un premio speciale, voluta direttamente dall’amministrazione civica di Castro, a favore del Sindaco pro tempore all’epoca dell’ideazione e dell’inaugurazione del “Castrum Minervae”.
In realtà, pur dovendosi oggettivamente riconoscere l’utilità e l’indubbio prestigio insiti nella manifestazione in discorso, a latere dell’edizione appena svoltasi è affiorata l’impressione di un eccesso di presenze istituzionali, reso ancora più evidente dalla carenza, se non assenza, di autentiche collaborazioni, consulenze e voci culturali di qualità. Ovvero, di reali esperienze professionali idonee a garantire la piena aderenza delle scelte di volta in volta operate agli obiettivi istituzionali del premio: individuazione di realtà distintesi nei vari campi, comprese, ad esempio, eccellenze emerse sul piano della cultura, scrittura e poesia.
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Fin qui, i cenni di cronaca e le opinioni soggettive intorno all’evento.
Dopo di che, è desiderio dell’autore aggiungere le seguenti note d’insieme dedicate a Castro e alla sua gente.
Castro, la purissima perla del Salento incastonata fra illuminanti fuochi di storia e sfavillii di modernità, è un mio grande amore e luogo dell’anima.
Si tratta di un crogiolo d’autentiche meraviglie, come se, forse a causa di una cocente delusione, la divina Pallade Atena per i greci o dea Minerva per i romani – il cui nome costituisce parte integrante dell’appellativo originale del piccolo borgo di cui si scrive, appunto Castrum Minervae – avesse lasciato stillare ai suoi piedi una piccola pioggia di lacrime. Dette ultime, penetrando poi nel terreno e irrorandolo, avrebbero dato vita a un humus del tutto speciale, a sua volta fonte e origine di una vasta gamma, meglio un concentrato, di bellezze naturali straordinarie e mirabili che si riscontrano diffuse in questa ridente e amena plaga del Basso Salento.
Un puntino quasi invisibile sulle carte geografiche, che però reca, di per sé, il pregio di ergersi pressappoco a una sorta di ombelico del connubio fra gli ultimi strati del verde Adriatico e le più vivaci distese, dalle sfumature color blu intenso, del mare Ionio.
Quasi per effetto di un miracolo strano, ma di miracolo non si tratta, Castro è compostamente “vecchia” sulle orme della sua antica e gloriosa storia, intessuta anche da vicende di saccheggi e distruzioni per opera di orde piratesche e di bramosi eserciti conquistatori che salpavano le ancore dalle opposte sponde, vicinissime, del Canale d’Otranto. Si presenta, nello stesso tempo, gioiosamente giovane, giacché è riuscita a conservare, anche il giorno d’oggi, una compatta voglia di vita e di crescita: qui, si deve sottolineare, non esiste, se non in termini modesti, il problema del calo delle nascite, i giovani, i ragazzi e i bimbi appaiono numerosi, almeno quanto (se non addirittura di più) viene dato di constatare con riferimento alle persone anziane.
L’antica Castrum Minervae richiamata all’inizio, si identifica oggi con Castro Città o Castro Alta, adagiata su un costone /promontorio discretamente rialzato sul mare e cinta in parte, almeno intorno all’estensione del borgo, da un’infilata di mura e una catena di castelli con torri cilindriche o a sagoma di parallelepipedo.
La torre più grande, per la verità, da oltre un trentennio è stata “sdemanializzata”, passando così in proprietà a un facoltoso medico, il quale l’ha trasformata in lussuosa residenza privata che vanta, specialmente, un panorama a dir poco mozzafiato: vi si spazia verso nord, quasi a voler rivolgere un rispettoso saluto ideale alla Serenissima, regina di sempre dell’Adriatico, verso est, dove, a portata di mano, si trovano, e sovente si scorgono, le coste e i rilievi dell’Albania e della Grecia, verso sud, nella quale direzione lo sguardo, doppiato il capo di Santa Maria di Leuca, sembra invece rivolgersi all’universo delle civiltà musulmane, importanti e contrapposte. Sostando presso questa torre, si ha veramente la sensazione di “sollevarsi” dall’esistenza quotidiana con i suoi intoppi e le sue brutture e, per un arcano artificio, di salire, salire in alto.
In aggiunta, qui, una serie di pietre, spuntoni e vicoli secolari si fanno «sentire», esercitando la loro presenza silenziosa, ma, a parte ciò, nella gente (schietta e semplice) appaiono vive e palpitanti le impronte, appunto, di vecchie e sagge consuetudini
A pochi passi, ecco il piccolo, ma molto armonioso, edificio dell’ex cattedrale, con annesso un raccolto e ben restaurato palazzo vescovile.
Da due lati, l’ex cattedrale si affaccia su uno slargo molto accogliente e tranquillo, riparato dai venti, dove, anche in pieno inverno, è concesso di sostare beatamente sotto il sole che non brucia ma riscalda.
A breve distanza, si apre il piccolo e infiorato Vico S. Dorotea, terminante in un belvedere che si affaccia, a fianco di un altro torrione dei castelli, verso il porticciolo della marina, le incombenti serre salentine e il capo di Santa Maria di Leuca.
A ridosso del primo castello, cilindrico, si stende un’altra piazzetta costituente il classico punto di ritrovo dei castrioti in ogni stagione, largo impreziosito da un‘ampia terrazza quasi protesa verso il mare sottostante sul fronte nord est e nord, con veduta delle scogliere della Grotta Zinzulusa, di Porto Miggiano e di Santa Cesarea Terme.
È questo il sito da cui, più frequentemente e maggiormente, si ha modo di impattare visivamente con la costa greco/albanese, che in certe occasioni, d’inverno in particolare, grazie a uno speciale fenomeno di rifrazione della luce volgarmente denominato “Fata Morgana”, sembra trovarsi a pochissimi chilometri di distanza, potendo distinguerne finanche determinati particolari, ad esempio strade, edifici e altri punti cospicui.
Davvero mitiche, sono le sere, a Castro. A traverso della prima oscurità, sulla destra del prolungamento di Via S. Antonio, quasi a strapiombo, uno splendido scorcio del Canale d’Otranto, punteggiato da insenature e, come già ricordato, da grotte marine, alcune delle quali famose e rinomate per gli studi e le ricerche di carattere scientifico-paleontologico, nonché per i numerosi visitatori che, specie durante la bella stagione, vi accedono. Appena lontane, le luci di Porto Miggiano e di Santa Cesarea Terme. Nell’insieme, un’atmosfera intensa e magica, tanto che, pur nel buio, bastano i nitidi e scintillanti luccichii delle stelle per viverla e gustarla intensamente. A un certo momento, in siffatto magico contesto, ecco levarsi la luna: emerge dalle onde alla stregua di una gigantesca e succosa anguria, ma con un colore più vivo e intenso che, sembra incredibile, ti prende l’anima. Le tonalità del colore, man mano che il disco si alza, vanno attenuandosi ed addolcendosi, ma restano comunque stupende, riflesse, con una lunga scia, luminosa e misteriosa nello stesso tempo, sulla distesa delle acque del Canale. Che bellezza! Di tale livello, e così assoluta ed esclusiva, che, allo spettatore, nel profondo, viene di pensare (o di sognare, non se ne rende conto) alla possibilità di chiudere gli occhi per l’ultima volta avendo davanti, magari, uno spettacolo del genere.
Fare il bagno a Castro Marina ingenera un sublime piacere, senza prezzo e senza paragone.
Potrebbe, qualcuno, osservare, con semplicismo ed approssimazione, che si è di fronte a immagini e sensazioni d’altri tempi, anacronistiche, ma, per fortuna, la verità è di diverso segno: la gente di Castro dimostra di vivere, con ammirevole equilibrio, le scansioni dei giorni nostri, mantenendo, contemporaneamente, talune antiche e belle tradizioni ereditate dai secoli passati, che avverte ancora pregnanti e in cui si riconosce. L’augurio oggettivo e obiettivo è che le presenti note suscitino, in chi avrà modo di scorgerle e scorrerle, un soffio di interesse e/o di curiosità per visionare o riscoprire, alla prima favorevole occasione, le meraviglie di Castro e siffatto speciale spessore dei suoi abitanti.