Non è pizzica né taranta. Era jazz a Sogliano Cavour

jazz

di Gianni Ferraris

Non è pizzica né taranta. Finalmente le note volano in altra direzione.

Era jazz a Sogliano Cavour il 29 luglio, serata di dolce estate, strana  in realtà, caldo scirocco che appiccica, però non caldo estivo che debilita. Ah le stagioni che non sono più quelle di una volta, dice chi sa.

Le note vanno, la piazza ascolta (colta?), ottimo jazz, è quasi deserta. Spiace per i musicisti (i maestri) confesso però che a me è piaciuto molto. Poca gente, pubblico attento e rilassato, riuscivo ad ascoltare anche ad occhi chiusi e a volare via con i pensieri mentre le note avvolgevano lo scirocco,  le teste e i corpi delle persone. Diventavano emozioni che si sperdevano nell’aria appiccicosa. QUando capita di tenere il ritmo e non perderlo neppure per un attimo con i pensieri che vanno e l’aria che prova a rinfrescarti per brevi attimi.

Loro sono là dietro, nelle loro nicchie. Hanno perso la testa, chissà, forse per amore, o forse solo per l’ingiuria del tempo, ma è poi così ingiurioso il tempo? Certo che no, è solo un percorso, anche la pietra leccese si riempie di rughe che la divorano poco a poco. Loro sono San’Agostino e San Nicola da Tolentino (leggo da qualche parte), stanno a fare la guardia al portale della Chiesa di Maria Annunciata, annessa all’ex convento degli Agostiniani, ora municipio. Quanti conventi sparsi per il Salento che poi sono diventati luoghi altri, di buona o pessima amministrazione. Grazie ai santi, spesso alla faccia loro.

La musica, lo scirocco, i santi, la chiesa e una giovane coppia che non perde una nota. E cinquanta (forse) persone sedute attente, applaudono quando conviene farlo. Mi svegliano dai miei sogni, applaudo.

Freedom jazz festival si chiama la manifestazione. A volte divento autarchico, perché non chiamarla Libertà invece di Freedom? E’ una parola dolcissima, bella, importante, da scrivere con la maiuscola in questi tempi cupi per l’umanità, venti di guerra ovunque, caparbiamente si combatte sempre e comunque il buon senso e l’intelligenza.

Ricordano Gaslini dal palco. Acquistai un suo album (LP si chiamavano allora) che si intitolava “Colloquio con Malcolm x”, erano gli anni ’70, i musicisti sul palco neppure erano nati e io sono già vecchio. Giorgio Gaslini è morto in questi giorni, aveva 84 anni.

Sul palco si alternano

 

 

GLAD TO BE UNHAPPY:

– Stefano Mangia: voce e melodica;

– Giorgio Distante: tromba;

– Adolfo Volpe: chitarra ed elettronica.

 

GIANNI LENOCI HOCUS POCUS 5:

 

– Gianni Lenoci, pianoforte, composizione e direzione;

– Vittorio Gallo, sax soprano e sopranino;

– Pietro Rosato, sax tenore e clarinetto;

– Pasquale Gadaleta, contrabbasso;

– Giacomo Mongelli, batteria e percussioni.

 

Confesso, come succede spesso ultimamente sono arrivato in ritardo, forse mi sto crogiolando nelle abitudini salentine. Del primo concerto ho sentito solo due brani. Il secondo l’ho ascoltato tutto. Era jazz vero, suonatori eccellenti, serata stupenda.

A Sogliano che si chiama anche Cavour non perché, ho scoperto, il Camillo Benso c’entrasse qualcosa, solo che dopo l’unità d’Italia i comuni omonimi dovevano differenziarsi, come volle Vittorio Emanuele II°,  e di Sogliano ce n’era uno vicino a Forlì. Il Salento  volle fare un omaggio allo scomparso Camillo. E si che con i piemontesi qualcuno ha ancora il dente avvelenato adesso, dopo tutti questi anni.

Sogliano dal nobile passato, qualcuno dice che qui si adorava Giano (il bifronte) e il sole. Qualcuno lo inserisce fra i decatria coria (τα Δεκατρία Χωρία) i tredici paesi della Grecìa salentina.

Verso mezzanotte poi il ritorno a Lecce, su strade quasi deserte, scivolando dolcemente con la musica nella testa, i santi senza testa lasciati là.  Le luminarie spente di Sogliano, il bar e la birra. Tutto assieme e dentro la testa. Musica, birra, jazz, silenzi, poca gente, la coppia silenziosa e attenta. Una serata senza pizzica e  taranta.

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Un commento a Non è pizzica né taranta. Era jazz a Sogliano Cavour

  1. Leggo sempre con molto piacere i suoi scritti che hanno comunque sempre una intrinseca dolcezza. Questo poi in particolare mescola alla dolcezza una vena di tristezza e di malinconia che mi richiama quella che emana solitamente dalla musica jazz.
    Con Armando Polito siete i due personaggi che seguo con molta attenzione e piacere. Armando ha una capacità e una preparazione linguistica che ho trovato raramente e mi diverte seguire le sue elucubrazioni molto precise e sempre anche molto divertenti. Poi siamo quasi parenti e anche questo conta. Mi legano a lui anche gli interessi culturali perchè essendo io un cultore della lingua piemontese, che insegno nei corsi Unitre di Torino, lingua che in buona parte deriva dalla lingua latina, le sue ricerche linguistiche diventano per me di primaria importanza.
    Con lei, oltre la piacevolezza della sua scrittura e gli argomenti sempre molto particolari ed interessanti, mi lega la sua provenienza; anche se ormai salentino, è pur sempre “un piemontèis, gnente fàuss, ma tant cortèis”.
    “E adess i lo saluto con un bel:Cerea e ch’a staga bin e ch’a passa na bon-a istà.”

    Sergio Notario

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